Jean-Marie e Danièle Straub-Huillet


Nel riaperto Filmstudio, storico cineclub romano di cui Jean-Marie Straub e Danièle Huillet sono stati tra i primi frequentatori, il cinema dei registi della Nube e la resistenza e di Sicilia! torna in grande stile. Con una rassegna, 6 film di Straub-Huillet in lingua italiana, che prevede anche la prima nazionale, dopo la Quinzaine di Cannes, di Operai, contadini. La manifestazione (8-17 giugno) è organizzata dal Dipartimento dello Spettacolo e dell’Ambasciata di Francia. Due istituzioni a cui il sempre istrionico Straub, e la non meno vivace Huillet, non risparmiano critiche: al Paese di nascita rinfacciano un lungo ostracismo umano e cinematografico, a quello d’adozione l’abbandono del loro cinema, da anni ambientato e vissuto in Italia.

Straub-Huillet, di che cosa accusate il giornalismo e il cinema italiano?
Di sciovinismo e indifferenza. Il nostro film è girato in Italia con attori italiani, è tratto dalle Donne di Messina di Elio Vittorini, eppure i quotidiani nazionali, anche a Cannes, hanno fatto a gara nell’ignorarlo. Forse perché i registi non sono italiani. Oppure i giornalisti erano troppo impegnati con Coppola e l’amico Moretti, che poi non hanno tanto bisogno di loro.
Anche nella produzione e negli ambienti istituzionali il nostro lavoro non interessa: solo Raidue, anni fa, ci concesse 25 milioni per la Nube e la Resistenza, contro i 600 dati ai fratelli Taviani per Kaos. Segno che Pavese per la Rai vale meno di Pirandello. L’unica nostra coproduzione italiana è stata con Gian Vittorio Baldi: un’esperienza completamente negativa.

I sottotitoli di “Operai, contadini” citano Pasolini, Empedocle e il Kosovo. Che cosa significa?
Sono uno scherzo, un omaggio e una provocazione. Forse, se intitoliamo il film La ricotta, qualcuno andrà a vederlo. Il prezzo che paga oggi un autore per la sua libertà artistica è l’assenza di distribuzione. Si gira un film, ma è impossibile farlo circolare, come nell’Urss di Stalin.

Quali sono i vostri prossimi progetti?
Ormai siamo vecchi, più di Baudelaire quando dichiarava di avere mille anni. Manoel de Olivera continua fare film perché è un proprietario terriero. Noi non abbiamo più energia da dare al cinema. Ancora un paio di film, e poi basta.

autore
05 Giugno 2001

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