“La scommessa di far correre all’Oscar un film come questo, per di più in lingua spagnola, da parte di un Paese che ha un così forte senso della nazione, ti dà la misura dell’apertura sociale della cinematografia in Francia”.
Così l’attrice transgender Karla Sofía Gascón commenta la scelta della Francia di far concorrere alla statuetta più ambita per il Miglior Film Internazionale 2025 Emilia Pérez, il film di Jacques Audiard che la vede protagonista accanto a star del calibro di Zoe Saldana, Selena Gomez e Adriana Pez.
Al cinema dal 9 gennaio 2025, il film ha già vinto a Cannes il Premio della giuria e quello per la miglior interpretazione femminile al suo intero cast, oltre ad essere stato nominato agli EFA per la Miglior Regia, Film, Sceneggiatura e Miglior interpretazione femminile. Gascón e Audiard incontrano la stampa in occasione della tappa romana del tour di presentazione per le anteprime del film in Italia (leggi qui il nostro articolo da Cannes).
“Da dopo Cannes mi sembra di essere in viaggio con Jacques (Audiard, ndr) come fossimo una compagnia circense”, continua l’attrice. “Parlando sul serio, quello che per me è più palpabile in generale, è questa divisione della società tra la gente cattiva che ci vorrebbe far tornare al mondo dele caverne e gli altri che ci vogliono portare in alto, alla luce. Sono più numerosi i secondi, ma gli altri, anche se pochi, fanno molto rumore. Questo film è un’onda travolgente ha unito tante persone, innanzitutto quelle che sono marginalizzate, e le porta via dall’oscurità, le illumina. La sua grande potenza sta nel fatto che tocca il cuore di tutti quelli che lo vedono. Lo spettatore si connette realmente con questi personaggi, con quel che succede, al punto da non rendersi conto che la persona per la quale ci si ritrova commossi, a piangere, è uno spietato narcotrafficante. È impressionante quello che il cinema è capace di fare con la mente di chi lo guarda”.
“L’idea del film? È stata quella di raccontare una tragedia cantandola”, racconta il regista. “Sono partito dalla lettura di un romanzo, Écoute, di Boris Razon, dove a metà del racconto appare un narcotrafficante che vuole fare una transizione, un cambiamento di sesso. La cosa mi aveva colpito moltissimo, ma ancor di più mi aveva colpito il fatto che l’autore non avesse sviluppato oltre quel personaggio, quindi io ho deciso di dargli un seguito. Perché per me era incredibile il paradosso tra l’iper machismo, l’ipervirilità di un narcotrafficante che poi invece, dentro di sé, desidera andaré verso la femminilità e la dolcezza, facendo un cambiamento di sesso. E sono convinto che se non avessi fatto questa scelta di fare un film musicale, così stilizzato, non avrebbe funzionato”.
Non solo transizione dei sessi, ma anche dei generi cinematografici. “L’idea di base di questo film è che tutti coloro che entrano in contatto con Manitas o con Emilia (i due nomi della protagonista prima e dopo il cambiamento) affrontino poi una trasformazione”, continua Audiard. Ho sempre avuto in mente il film Teorema di Pasolini in cui c’è l’arrivo di un personaggio in una familia che poi disintegra letteralmente la famiglia proprio a causa di questa sua libertà sessuale… La mia idea era che tutti i personaggi un po’ cambiassero, ma anche quella di far corrispondere a questi cambiamenti il parallelo cambiamento della forma del film, sempre riconoscibile, ma sempre in evoluzione”.
Un film che diventa un riferimento. “Prima di questo film, le attrici come me non trovavano un riferimento sullo schermo”, aggiunge Gascòn. “Come anche le persone di colore, come Zoe Saldaña, che mi raccontava come da piccola, al cinema o in tv, le persone come lei interpretavano solo il ruolo dei domestici dei bianchi ricchi. Credo che un riferimento cinematográfico possa aiutare tante persone ad uscire allo scoperto, anche per il fatto di non sentirsi relegate solo in ruoli che hanno a che fare con la prostituzione o ai margini della società, ma essere al centro di una storia. Se Emilia Peréz affrontando questi temi potrà aiutare anche una sola famiglia a non cacciare di casa il figlio che si dichiara gay o lgbt, ma a trattarlo con amore e affetto, già questo sarebbe un successo enorme per il film. L’altro lato bello per me personalmente, dal punto di vista pratico, è che non devo più promuovermi da sola per far parte di un cast, ma sono i registi che mi vengono a cercare: mi chiedono se voglio interpretare quel certo ruolo, e se non mi piace si offrono di inventarne e scriverne un altro su misura per me. In questo momento godo di questa soddisfazione e dei premi che mi sostengono, ma i premi possono essere anche un’arma a doppio taglio: per ogni attore e per ogni regista è come ricominciare sempre da capo, perché dopo un successo così grande ti aspettano tutti al varco per la tua seconda prova. Quindi ora devo dimostrare di saper fare veramente, che dietro al successo c’è anche una grande qualità e c’è un duro lavoro dietro, e per questo le persone credono in me… perciò devo continuare a fare, e fare sempre meglio”.
Il concetto di ‘confine’ nel cinema di Audiard, a partire da Regarde les hommes tomber, fino a Il Profeta e a Dheepan – Una nuova vita…
“Il confine è quella cosa che ci fa capire che c’è un conflitto, perché c’è un momento A e un momento B, un prima e un dopo”, continua Audiard. “La cosa interessante sarebbe proprio analizzare cosa accade quando si è proprio sul confine, né prima né dopo, quando si è proprio sulla linea. Si potrebbe scrivere una storia di quello che vuol dire il confine, la frontiera tra i sessi, ma anche geográfica, materiale, e sul come ci si muove all’interno e all’esterno di esse. In fondo si dice che la guerra è portare la propria frontiera al di là di quella del nemico. Il film effettivamente si sarebbe potuto chiamare anche così, ‘il confine’: si potrebbero scrivere storie appassionanti su questo concetto, che oggi ha un’importanza straordinaria: definisce anche chi sono i migranti, cos’è e dov’è una malattia, quanto mi costa passare dal lato A al lato B della frontera”.
Sui testi e le canzoni del musical. “Camille Dalmais, la compositrice dei brani del film, mi ha chiesto per alcuni in particolare di darle un íncipit, uno schema, giusto le prime righe. Ma solo questo, non sono così presuntoso da ritenermi un paroliere o un poeta per poter scrivere i testi delle canzoni. Quella di inserire il brano ispirato a Le passanti Brassens, invece, è stata un’idea mia e del mio amico e co-sceneggiatore Thomas Bidegain, che mi ha fatto ascoltare una versione suonata da una band cubana. Quindi abbiamo deciso di fare un adattamento messicano, nell’unica scena girata davvero in Messico”.
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