“Olmi-Moretti. Viva l’Italia”, “Il ciclone dei film italiani ha investito la Croisette”, “Cannes riscopre l’Italia”, “La riscossa dopo l’esclusione 2000”. I titoli dei quotidiani salutano con ottimismo la partecipazione sostanziosa, sei film, del nostro cinema al festival francese.
La notizia viene collocata in prima pagina da alcuni giornali come la Repubblica e il Messaggero, mentre altre testate come Il Corriere della Sera e l’Unità la relegano nelle pagine interne, in sintonia con l’invito si Michele Anselmi sull’Unità, appunto, a usare toni sommessi, a fare “in modo che le trombe della retorica nazionale, già squillate alla recente premiazione dei David, non si trasformino in fanfare”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Lietta Tornabuoni (la Stampa) che si rallegra, ma ricorda anche “che un festival non serve a misurare lo stato d’animo d’una cinematografia”.
Chissà perché questa prudenza, questo timore di apparire provinciali nel momento in cui ci si complimenta per l’attenzione oltreconfine?
Non è forse importante sottolineare che, dopo l’assenza dell’anno scorso, i nostri registi tornano di prepotenza sulla Croisette? Quale miglior segno di vitalità?
In fondo il riconoscimento del felice momento creativo dei nostri autori viene dallo stesso selezionatore della competizione francese, Thierry Fremaux: “Il cinema italiano ritorna in forza perché è di nuovo in ascesa”.
Bene fa Gloria Satta (il Messaggero) a ricordare che la riscossa viene dopo un lungo periodo di emarginazione internazionale e di depressione quasi congenita. E i dati sono lì a testimoniarlo, rileva il quotidiano romano: la crescita, pari al 97%, del pubblico dei film nazionali, insieme all’aumento della quota di mercato tricolore passata nel trimestre gennaio, febbraio, marzo dal 14 al 25%.
Tutti segnalano l’esclusione un po’ a sorpresa di Concorrenza sleale di Ettore Scola, ma ci s’accontenta delle motivazioni dei selezionatori: difficile scegliere tra oltre duemila film visti. Per il resto non si parla di grandi esclusi o torti subiti. Pronostici naturalmente è presto farli, tuttavia c’è chi ricorda che Ermanno Olmi, in concorso con Il mestiere delle armi, vinse nel ’78 la Palma d’oro con L’albero degli zoccoli quando in giuria c’era Liv Ullmann, quest’anno chiamata a presiederla.
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