E’ stata sfortunata, la trentenne Isabella Ragonese, una delle nostre interpreti più versatili e intense, che nel giorno delle Shooting Star della Berlinale, lei che rappresenta l’Italia, si è ammalata. Ma il suo posto tra i 10 attori europei più promettenti, con all’attivo film importanti come l’esordio Tutta la vita davanti con Paolo Virzì, La nostra vita di Daniele Luchetti e l’opera prima Il primo incarico di Giorgia Cecere, con cui ha dimostrato un talento raro, non glielo toglie nessuno. A rappresentare il futuro della recitazione nella settima arte, ieri a Potsdamer Platz c’erano con lei interpreti come la francese Adèle Haenel, che ha recitato con Jasmine Trinca in House of Tolerance di Bertrand Bonello, passato a Cannes, o l’attore 27enne islandese Hilmar Gudjonsson, che ha avuto, tra l’altro, una piccola scena in Flags of Our Fathers di Clint Eastwood. L’attrice ha raccontato a Cinecittà News la sua esperienza in terra di Germania.
Che effetto le ha fatto essere tra 10 più promettenti attori europei scelti dalla Berlinale?
Ne sono stata molto felice, noi italiani ci buttiamo sempre giù ed essere ricercati all’estero vale tantissimo. Mi fa piacere che abbiano visto i miei film, tra l’altro si tratta di una giuria molto attenta che ha voluto segnalare anche Il primo incarico, un’opera prima di cui sono molto orgogliosa e che è stata anche al N.I.C.E. di San Francisco. Sono contenta che l’Italia sia conosciuta all’estero un pochino anche grazie a me, e non solo per fatti di cronaca poco qualificanti. Ed è stata molto emozionante la cerimonia, in cui io e gli altri ragazzi siamo stati premiati da John Hurt.
Questo potrebbe essere un buon trampolino di lancio per una carriera internazionale. Aveva già pensato di fare esperienze all’estero?
Ho iniziato solo tre o quattro anni fa e sono subita stata presa nel vortice dei film italiani; finora quindi non era tra i miei obiettivi, anche se ho avuto l’occasione di andare a Cannes con La nostra vita e a Berlino due anni fa con Due vite per caso. Mi ha fatto comunque piacere essere fermata per strada dalla gente, che qui in Germania ha visto il film di Virzì.
Si trova un po’ stretta con i ruoli femminili che vengono proposti nel cinema italiano?
No, anche perché le cose stanno cambiando, e io sono ottimista. E poi personalmente non posso lamentarmi, perché ho fatto sempre cose diverse: dai film in costume, alle commedie, ai film d’autore, con personaggi laureati o semplici, di periferia. Vorrei continuare su questa strada.
Come sceglie i ruoli?
Quello nel film di Virzì è capitato un po’ per caso, ma l’avrei fatto comunque. Ora che ho la possibilità di scegliere sto più attenta, non per motivi ideologici, ma vado dove mi diverto di più, dove posso mettermi alla prova e dove sono più stimolata. E non è una questione di numero di pose o importanza del ruolo.
Le è capitato di rifiutare una parte dopo un primo sguardo del copione?
Non sono una brava lettrice di copioni, ma sono attenta alla sfida. Ed è importante anche l’incontro con il regista, una persona con cui comunque devi convivere per qualche settimana, ed è necessario che ci sia un feeling. Se mi guardo indietro il mio percorso mi somiglia, anche se non è stato particolarmente studiato. Anche se ho un grande rispetto per il pubblico, mi sembra bello mettersi in gioco, quindi sto attenta a non ripetermi, ho rifiutato cose anche belle solo perché erano personaggi simili a quelli che avevo fatto subito prima e in quel ruolo pensavo che non avrei potuto dare di più.. Preferisco cambiare e rischiare di sbagliare.
Dove la vedremo prossimamente?
Sono in scena fino a maggio con lo spettacolo La commedia di Orlando, tratto da Virginia Wolf, dove interpreto un personaggio androgino. A maggio sarò a Roma, al teatro Argentina. Quindi per ora non ho progetti cinematografici in arrivo, ho dedicato l’ultimo anno al palcoscenico e ho un po’ perso di vista il grande schermo. Ma ho voglia di tornarci, e presto lo farò.
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