Esce il 27 giugno con Parthenos l’opera prima di Laura Chiossone Tra cinque minuti in scena, interessante esperimento tra documentario, cinema e teatro in cui si racconta l’autobiografica vicenda di un’attrice con una mamma malata e non più autosufficiente a carico. L’interprete, Gianna Coletti, ricopre sostanzialmente il ruolo di sé stessa, e anche l’anziana signora che compare nel film è veramente sua mamma. Anzi, il progetto nasce proprio da una sua idea: “Gianna mi ha raccontato del suo rapporto con la madre – racconta la regista – e le sue mail mi apparivano strane. Raccontavano di momenti di grande sofferenza e difficoltà, erano commoventi, eppure mi facevano anche tanto ridere. Ho voluto conoscere sua mamma e mi sono innamorata di questa donna, piena di energia vitale, sarcasmo, un dirompente senso del melodramma. Un’energia pazzesca in un corpo allo stremo e al confine tra vita e morte. Questa combinazione mi ha riempita di tenerezza. Ho realizzato delle immagini di madre e figlia insieme e le ho mostrate ai produttori, che hanno subito colto il legame d’amore tra le due donne, in quella fase della vita in cui la figlia diventa la mamma della propria mamma”. “Del resto – completa l’attrice – mia madre è rimasta subito entusiasta all’idea di fare un film. Come molte persone anziane è egocentrica e ama parlare di sé. Ma dopo due secondi si era dimenticata di quello che le avevo detto. Le riprese sono state facili. Lei non vede e dunque non aveva coscienza di quante persone ci fossero attorno a lei. Le telecamere erano piccole e molto silenziose. Io le racconto sempre un po’ di balle, per tirarle su il morale. Le dico che ora è diventata un’attrice famosissima. E lei: ‘che bello, quando facciamo un altro film?’
Nell’intensa Coletti molti hanno, non ha torto, riconosciuto echi del modo di parlare, recitare e muoversi di Mariangela Melato: “E’ un grande complimento – risponde l’attrice – e per tale lo prendo. Chiaro che io sono così e non vado per imitazione, ma se riesco anche minimamente a ricordare un’attrice immensa come lei, non posso che esserne felice”. “In effetti – ammette la regista – c’è stato un momento in cui pensavo di far leggere la sceneggiatura proprio a Mariangela, che purtroppo stava già molto male”. Il film, nell’affrontare il tabù cinematografico della malattia, ricorda un po’ il pluripremiato Amour di Haneke: “Lo amo – chiude Chiossone – e amo la sua crudeltà, ma il mio intento è un altro. In quel corpo allo stremo io cerco la bellezza e la faccio esplodere. Voglio mostrare la possibilità di speranza e di felicità anche nelle condizioni più estreme della vita”.
Prodotto da Rossofilm in associazione con Mare Mosso, Film Good e Albatros Film, Tra cinque minuti in scena uscirà in 15-20 copie nei maggiori capoluoghi italiani.
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