La crisi economica, che colpisce i lavoratori licenziati ma anche gli imprenditori falliti, e poi le crisi sentimentali, separazioni e divorzi: i più fragili non reggono lo stress e il dolore, e questo si traduce nel drammatico dato di 4.000 suicidi ogni anno in Italia dal 2007 a oggi, dato che si teme potrebbe anche crescere nei prossimi anni. Ha fatto particolarmente scalpore il caso di Giuseppe Campaniello, l’artigiano che si è dato fuoco lasciando vedova sua moglie Tiziana Marrone, che oggi compare nell’interessante docu-film Solving di Giovanni Mazzitelli, in uscita il 20 febbraio in quindici copie con SMC. Il film è prodotto e distribuito da Salvatore Mignano, lui stesso imprenditore prima nel campo delle batterie per automobili e poi in quello del cinema (ha prodotto il thriller Vitriol) che racconta sé stesso e il mondo degli imprenditori al tempo della crisi, con interventi della signora Marrone, del sociologo Francesco Alberoni e dei giornalisti Franco Di Mare e Sergio Luciano.
“E’ un progetto sperimentale – dice il giovanissimo regista – con una natura ‘d’essai’. Proveremo però a distribuirlo anche nei circuiti maggiori, in modo che anche la gente non particolarmente interessata alla tematica possa conoscerlo e capire di cosa si tratta. Per prepararlo ho frequentato imprenditori di ogni zona d’Italia e anche di altri paesi. Poi sono entrato in banca e mi sono reso conto di una cosa: aprono l’ombrello quando non piove. In sostanza, non aiutano l’imprenditore quando si trova in difficoltà. E’ un concetto abbastanza semplice: basti pensare a una carta di credito. Non è che un modo di creare credito indotto. Ogni piccolo investimento implica che tu paghi una piccola tassa, e che la tassa aumenti se tu non la paghi. In Italia ci siamo trovati a dover fronteggiare una crisi duplice: quella economica americana e una crisi bancaria a livello europeo, essendo entrati nell’euro in condizioni già meno forti rispetto alla Francia o alla Germania. In particolar modo al Sud le piccole impresi chiudono e presto rischiamo di diventare una nazione esclusivamente di servizi”.
“Nondimeno – spiega Mignano, produttore oltre che principale interprete – è un film che vuole dare speranza. Sentiamo ai telegiornali di queste grosse tragedie, gente che si uccide, ma raramente ascoltiamo delle possibili soluzioni. L’imprenditore oggi non può permettersi di stare con la testa sotto la sabbia e ignorare quello che gli avviene intorno. Specie noi piccoli, che non nasciamo imprenditori ma vogliamo esserlo comunque e raramente otteniamo ricavi pari ai nostri sacrifici. La morte non è la soluzione alla crisi. La base dell’imprenditoria è la speranza. La speranza che le cose domani migliorino, e che ci dà la forza di tirare avanti nelle difficoltà. Il lavoro noi dobbiamo crearlo, ce lo dobbiamo inventare”. “Questo è il concetto di base – continua il regista – che è corretto e che Alberoni e Di Mare radicalizzano ai massimi sistemi. Come in una partita di ping-pong, però, nel film rispondiamo alle loro teorie coi fatti. Fosse così facile, non ci sarebbero 4.000 morti. Nella realtà di tutti i giorni ogni persona è diversa. Un altro problema è che spesso gli imprenditori in difficoltà non comunicano per tempo le loro difficoltà alle famiglie o ai loro interlocutori, legali e commercialisti. Per questo esistono delle associazioni apposite che possano aiutarli anche psicologicamente, come il progetto Penelope, una ”rete di sicurezza” che finora ha aiutato più di 50 persone, e l’associazione Speranza al Lavoro, creata nel 2012. Io sono giovane, e proprio noi giovani abbiamo il compito di conoscere bene la crisi per sperare di poterla superare in futuro”.
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