Potrebbe diventare una pièce teatrale Mar nero, l’opera prima di Federico Bondi costruita come un passo a due sulle splendide interpreti, la romena Dorotheea Petre e Ilaria Occhini, signora delle scene italiane con Visconti, Patroni Griffi e Orazio Costa, tornata al cinema sette anni dopo Domani di Francesca Archibugi. Il film, interpretato anche da Corso Salani, sta per uscire nelle nostre sale (autodistribuito da Film Kairos in collaborazione con Bolero e con il sostegno di Rai Cinema) e il produttore, Francesco Pamphili, non si lascia sfuggire l’occasione per annunciare l’ipotesi di una riduzione per il palcoscenico, naturalmente diretta da Ugo Chiti, autore che si muove da sempre tra cinema e teatro. “In scena con Mar nero? Può darsi, ma ci devo pensare”, frena Ilaria. Che per il ruolo di Gemma ha vinto un Pardo a Locarno. “E’ una donna anziana, scostante e scorbutica, un carattere molto fiorentino”, dice l’attrice che ha la letteratura nel sangue (è figlia di Barna Occhini, nipote di Giovanni Papini e moglie di Raffaelle La Capria). Del copione, scritto da Chiti con il giovane Bondi, la brava interprete che non nasconde le rughe e i capelli grigi, ha apprezzato la semplicità, il mettere in scena la vita vera in modo quasi vernacolare. In effetti Mar nero rielabora l’esperienza del regista e di sua nonna, rinata attraverso l’amicizia e la complicità con una badante romena. “Quella ragazza, che non aveva mai accudito una persona anziana, si trovò a stare 24 ore su 24 a contatto con una signora non certo facile, e seppe trasformarla con la sua pazienza, la sua capacità di ascoltare. Mia nonna, improvvisamente, non aveva più bisogno di accendere il televisore, era resuscitata e aveva trovato un senso per i suoi ultimi anni”. Il film va oltre e immagina che l’anziana e indurita Gemma ritrovi con Angela, che a malapena parla l’italiano, non solo l’affetto ma la voglia di avventura e il piacere di rischiare. Tanto da decidere di accompagnarla in un viaggio in Romania, alle foci del Danubio, alla ricerca del marito della ragazza, improvvisamente sparito nel nulla a Capodanno. È la parte più affascinante del racconto, con quel paesaggio fluviale e l’umanità povera, ma non disperata che abita quelle zone. Mar nero è ambientato all’inizio del 2007, una data che fotografa l’ingresso della Romania in Europa. “La Romania rurale che ho visto – racconta il regista – è un paese pieno di contraddizioni, dove manca l’elettricità e l’acqua corrente e ci si muove con carretto, ma ci sono anche i Suv all’ultima moda”.
Signora Occhini, cosa la lega a questo personaggio, a parte il dato anagrafico?
Come Gemma sono una signora anziana e sono fiorentina, ma quello che mi ha soprattutto interessato è il carattere di questa creatura diffidente, che non ha più nessun legame reale e profondo dopo la morte di suo marito. Non vuole gente intorno, come tutti gli anziani, e dunque all’inizio rifiuta la badante. Ma Angela, con la sua semplicità, i suoi racconti e le sue gentilezze, fa rinascere in lei il sentimento materno.
Ha approfondito la sua conoscenza dei romeni, un popolo che spesso purtroppo viene collegato in modo un po’ spiccio a fatti di cronaca e brutalità?
Quando interpreti un personaggio vai sicuramente più a fondo nella comprensione delle cose e delle persone. In Romania ho incontrato tante persone commoventi. Il film è stato un regalo, alla fine della mia carriera. Andando lì si ha l’impressione di un popolo vivace, dolce, sicuramente umile ma con dignità. Così mi sono domandata: è possibile che da queste persone possano nascerne altre, così violente, come si legge sui giornali. Ma mi sono risposta che il male c’è dappertutto, anche noi abbiamo la mafia eppure non siamo un popolo di mafiosi. In più chi emigra ha spesso grandi frustrazioni.
Lei al cinema ha preferito sempre il teatro, a parte qualche incursione felice.
Non è stata una scelta, anzi, il cinema mi è mancato anche se ho fatto grande teatro. Tra i film che ricordo con piacere ci sono I complessi di Dino Risi e Un uomo a metà di Vittorio De Seta, che è stata una grandissima fatica perché De Seta ti dà solo il soggetto e poi devi fare da te. Oggi il teatro è in difficoltà, deve sempre ricorrere alla rilettura dei classici e ci sono pochi autori nuovi, a parte Ugo Chiti e pochi altri. Mentre gli attori, a forza di balbettare in tv, sono in difficoltà anche loro.
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