CANNES – Un donna va dal medico, ha un dolore al seno e ha bisogno di una visita. Ma non può comunicare, non conosce la lingua del paese in cui vive e il suo solo contatto con quel mondo è la figlia, una ragazzina di dieci o dodici anni che capisce l’inglese. E’ la storia di Fatma e di sua madre, Il silenzio, il corto di produzione italiana in corsa per la Palma del cortometraggio. Racconta, con uno stile asciutto e delicato, di due rifugiate curde in Italia che vanno in ospedale, la mamma sta molto male ma non lo sa e la figlia a cui la dottoressa (interpretata da Valentina Carnelutti) ha rivelato la verità rimane muta, per paura, per pudore, per l’angoscia di quello che le è stato appena detto: sua madre dovrà essere operata con urgenza, forse non ce la farà. In una manciata di minuti (15), il film suggerisce una possibile storia dietro la vicenda di queste due profughe che trovano comunque attorno a loro solidarietà e comprensione.
Primo corto italiano in concorso dal 1997 – ma in un passato “glorioso” ci sono stati lavori di Luigi Comencini, Vittorio De Seta e Luciano Emmer – il film è stato girato al San Giovanni di Roma ed è prodotto dalla Kino Produzioni di Giovanni Pompili, al cui attivo figurano anche un corto vincitore del Nastro d’argento come Quasi eroi di Giovanni Piperno e Giro di giostra di Massimiliano Davoli, con Michele Riondino, Tea Falco e Pippo Delbono, premiato a Cortinametraggio, mentre è in lavorazione il primo lungometraggio della giovane società, Il più grande sogno mai sognato di Michele Vannucci, con Alessandro Borghi e in sviluppo il debutto nel lungometraggio di Carlo Sironi, autore del corto Cargo presentato a Venezia, che ora dirigerà Sole in coproduzione con la Francia. Nel caso del film selezionato a Cannes gli autori sono entrambi stranieri, anche se legati all’Italia dove hanno studiato: Ali Asgari è nato a Teheran e, dopo il diploma in cinema conseguito in Italia, ha diretto i cortometraggi More than Two Hours (in concorso a Cannes nel 2013 e al Sundance nel 2014) e The Baby (in concorso a Venezia nel 2014), presentati in oltre 500 festival di tutto il mondo e vincitori di più di 100 premi. Farnoosh Samadi è nata in Iran e si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma: ha iniziato la sua carriera di filmmaker all’Iranian Youth Cinema Society e ha scritto i due cortometraggi diretti da Ali Asgari, mentre Il silenzio è la sua prima regia.
“Questo cortometraggio – dicono i due autori – ha una stretta relazione con le nostre vite. Ci siamo trasferiti in Italia per frequentare l’università e come migranti abbiamo fatto molte esperienze che ci hanno ispirato. Abbiamo scelto di raccontare una storia semplice sulla comunicazione perché questo aspetto ha un forte significato simbolico per noi. Crediamo che la padronanza della lingua giochi un ruolo importante nel rapporto tra esseri umani, ma in un contesto di migrazione essa è ancora più essenziale. In questo film volevamo rappresentare l’universo dei migranti e il loro confrontarsi con una nuova vita dopo esser giunti in un paese straniero. Ci siamo focalizzati sui bambini perché crediamo che siano silenziosi testimoni di ciò che sta accadendo intorno a loro”. Per Pompili “produrre Il silenzio è stato un atto politico e necessario. Attraverso lo sguardo delicato e poetico dei registi, la scelta del punto di vista e lo stile essenziale del racconto, questo corto permette una riflessione sul significato dell’accoglienza e della condivisione”. Perciò la produzione ha creato una rete con tutte quelle realtà che hanno svolto e svolgono ancora un ruolo di riferimento determinante per i rifugiati e per la comunicazione interculturale. “I temi della migrazione, delle frontiere e dell’inclusione sociale – prosegue il produttore – purtroppo non sono al centro di una riflessione politica globale ma sono di fatto relegati alla cronaca. Siamo di fronte ad un’emergenza umanitaria complessa che spesso viene del tutto rifiutata”.
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Il regista racconterà la storia d'amore tra l'attrice Anne Wiazemsky e Jean Luc Godard da lei conosciuto sul set de La cinese per poi diventare moglie e interprete dei suoi film
Alla fine Valeria Golino lo dice chiaramente. "C'è stata unanimità? Quasi". E aggiunge: "Ci sono state lunghe discussioni, ma nessuna decisione è stata presa coi musi", e definisce l'esperienza appena conclusa "faticosa e memorabile". A caldo è abbastanza evidente che la giuria di George Miller ha dovuto fare un bel po' di compromessi. Due particolari rivelatori. Il doppio premio a The Salesman, il bel film di Asghar Farhadi che forse avrebbe meritato la Palma d'oro, e il premio per la regia ex aequo. I premi
E’ Ken Loach con I, Daniel Blake il re del palmarès di Cannes 2016. Seconda Palma a dieci anni di distanza per il regista britannico, che aveva già conquistato il premio con Il vento che accarezza l'erba. “Cercate di restare forti, per favore. Ci sono persone che faticano a trovare il cibo nel quinto paese più ricco del mondo – ha detto il regista alla premiazione – il cinema serva anche a dare speranza. Un altro mondo è possibile e necessario”. Fanno colore le copiose lacrime di Xavier Dolan e l'esuberanza di Houda Benyamina, vincitrice della Camera d'or. I premi