La camera ardente per salutare Bernardo Bertolucci si tiene oggi, martedì 27 novembre, dalle ore 10 alle 19, in Campidoglio, Sala della Protomoteca. “La famiglia – si legge in una nota – ringrazia il Comune di Roma per la disponibilità. In data da definire seguirà una cerimonia di commemorazione aperta al pubblico”.
“Sarà ricordato tra i più grandi del cinema italiano e mondiale”. E’ il commento del presidente Paolo Baratta e della Biennale di Venezia, che “piangono la scomparsa del regista presente in numerose occasioni alla Mostra del Cinema fin dal suo film d’esordio La commare secca (1962), poi Presidente di Giuria nel 1983 e nel 2013, e Leone d’oro alla carriera nel 2007″.
“Bernardo Bertolucci ha dimostrato una cosa: che si può essere grandi senza compromessi, senza svendersi”. Così dice Alberto Barbera raggiunto telefonicamente al Cairo dall’ANSA. Il critico e direttore artistico del Festival di Venezia dice poi come l’autore di Novecento e Ultimo tango a Parigi sia stato “Il maestro di una generazione e, soprattutto, un punto di riferimento non solo per gli Italiani. In futuro chi cercherà di capire cosa sia stata l’Italia nella seconda metà del Novecento dovrà guardare inevitabilmente a lui. E questo per la sua sensibilità di cogliere le più profonde dinamiche della realtà”. Chi era alla fine Bernardo Bertolucci? “Uno che ha fatto di tutto, dai piccoli film alla sperimentazione fino ai grandi lavori internazionali spettacolari senza però mai cedere a compromessi”.
“Un visionario, un intellettuale, soprattutto un sognatore. Bernardo Bertolucci, dopo la rivoluzione, ha fatto il cinema come non immaginavamo più di farlo: più grande della vita, e per questo capace di restituirci tutta la vita, e la Storia, e la memoria, e il futuro, nella loro profondità. Ha raccontato “tragedie di ideali che si frantumano, di uomini e donne che si perdono in rapporti impossibili, affreschi magnifici del nostro passato recente e bruciante, di imperatori e Buddha e ragazzi e ragazze in cerca di identità. Ragazzi e ragazze che sognano, a Parigi come altrove, la loro vita, un’altra vita, migliore. Meno di venti film in quasi cinquant’anni di carriera sono troppo pochi per uno dei più grandi registi del mondo”.
Sono le parole di Emanuela Martini, direttrice del Torino Film Festival, a cui sarà dedicata la giornata di domenica insieme a un breve montaggio che anticiperà le proiezioni dei film della kermesse in corso in questi giorni.
“Ci ha lasciati #BernardoBertolucci, uno dei registi italiani più amati e conosciuti, vincitore dell’Oscar per la regia de L’ultimo Imperatore. Con i suoi capolavori ha segnato la storia del cinema. Sono vicino alla famiglia in questo doloroso giorno per la #cultura italiana”, è il tweet del ministro della cultura Alberto Bonisoli.
“La morte di Bernardo Bertolucci mi arriva questa mattina presto da un sottopancia di un telegiornale. Normale. Sono all’estero per lavoro e mi dispiace non poter essere ai funerali, se ci saranno. Avevo incontrato Bernardo l’ultima volta a una cena dopo la proiezione di Novecento restaurato. Sofferente ma pieno di progetti, di soggetti così inizia la lettera che Marco Bellocchio dedica all’amico Bertolucci, morto stamattina a Roma – Che dire ora che è morto? – sottolinea – Rivolgermi a lui lo trovo falso perché non credo ci stia guardando dal cielo o da qualche luogo misterioso terrestre o extra terrestre. È questa solo una piccola riflessione con coloro che rimangono in vita che lo hanno conosciuto e ne sono sinceramente addolorati. Di una generazione che sta scomparendo, direi naturalmente, di cui i superstiti sono sempre meno. La sua morte è anche un po’ la nostra che ci avvicina al “finale di partita” di una vita che è stata, quasi per tutti, insieme commedia, dramma, tragedia e farsa. Eravamo molto diversi – aggiunge – e i nostri destini si sono incrociati molto lontano nel tempo (nel 1962 vide al Centro Sperimentale il mio saggio di diploma e si complimentò. Era vestito all’inglese e aveva una Triumph rossa decapottabile). Per alcuni anni poi da primo sono diventato secondo. Bernardo mi ha superato, prima mi ha appaiato (Strategia del ragno), poi con Il conformista e con L’ultimo tango è diventato irraggiungibile, nel mondo, l’America ecc…In quel sorpasso – continua il regista de I pugni in tasca – ho provato verso di lui una forte invidia che è negazione, ma anche riconoscimento del valore dell’altro, che in quel momento era andato molto più lontano… poi tutto si è come tranquillizzato. Strade diverse, obiettivi diversi, risultati diversi.Ci siamo rivisti tante volte pacificamente – conclude Bellocchio – Non che avessimo mai litigato ma chi è di Parma o di Piacenza può capirlo. L’ultimo ricordo è della sua tenacia nonostante la malattia, il lavoro e gli affetti naturalmente, Clare che lo ha incoraggiato fino all’ultimo a continuare. E anche per lui bisogna rimettersi al lavoro, che altro si può fare? Continuare a vivere con la vitalità che ci resta”.
“E’ un dolore immenso. Se ne è andato il più grande di tutti, l’ultimo imperatore del cinema italiano. Un pezzo della nostra famiglia, un amico fraterno, amoroso, intelligente, pieno di genio, imprevedibile, rigorosissimo ed implacabile nel dirci sempre la verità.Il suo cinema rimarrà tra le meraviglie del ventesimo secolo”, dicono Nicoletta Braschi e Roberto Benigni.
“E’ molto triste dire addio a un carissimo amico e a un regista di grande talento come Bernardo – sono le parole di Franco Zeffirelli – che con il suo lavoro è riuscito a trasportarci in dimensioni artistiche uniche”.
“E’ triste, come sempre, dire che i migliori se ne vanno – ha commentato Vittorio Cecchi Gori – Di lui ho un magnifico ricordo, abbiamo sempre avuto ottimi rapporti e soprattutto con lui per la prima volta partecipai alla cerimonia degli Oscar”, ha aggiunto il produttore, ricordando L’ultimo imperatore.”Quando lo chiamarono per la prima statuetta – aggiunge – quella per i migliori costumi, gli dissi ‘li vinci tutti’ e così andò. Fu lui che mi aprì la strada delle scenografie americane”.
“Un grandissimo regista, fondamentale per il cinema italiano che sognava in grande, e un ancora più grande amico – dice emozionata all’ANSA Liliana Cavani – Ci sentivamo spesso – aggiunge – ci vedevamo di frequente e mi colpiva sempre il suo coraggio anche nella malattia e il suo essere, nonostante età e condizioni, sempre nel mondo di oggi, sempre circondato da giovani, sempre disponibile. Mi voleva sui suoi set, diceva che gli portavo fortuna e ci siamo voluti tantissimo bene”.
“Il ricordo più bello e recente di Bernardo Bertolucci è stato in occasione del restauro di Ultimo tango a Parigi fatto dal Centro Sperimentale. Per la sua uscita in sala ci fu tutto un periodo di trattative con lui, ma poi quando si arrivò a distribuire il film in sala su ben 158 schermi era felice come un ragazzino”. Felice Laudadio, direttore del Bif&st e presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia, ricorda così il regista e rilancia: “E ora metteremo mano anche al restauro del La commare secca, un film, tra l’altro, molto amato dalla moglie Clare”. Il primo ricordo di Bartolucci fu a Venezia: “Quando assistemmo alle oltre cinque ore di proiezione di quel capolavoro che è Novecento e a tutte le polemiche che quel film suscitò. Che dire di questo artista se si pensa solo che Il conformista è un film di testo studiato nelle Università americane e che aveva ottenuto ben nove Oscar, nessun italiano prima di lui ci era riuscito”. Il suo carattere? “A volte faceva delle battute strane, apparentemente cattive, ma poi ci rideva su, un po’ nello stile di Monicelli”.
Bernardo Bertolucci “stava ragionando su un nuovo progetto, ne avevamo parlato in maniera molto generale”. Lo dice all’ANSA Giampaolo Letta ad di Medusa Film, ricordando il cineasta, a margine della presentazione a Roma di Se son rose, la nuova commedia di Leonardo Pieraccioni. “Era un maestro assoluto e una persona straordinaria – aggiunge Letta – La grandezza e la varietà dei suoi film parlano per lui; era anche di un’umanità grandissima, molto colto e semplice allo stesso tempo, un amico e mi dispiace molto se ne sia andato così velocemente”.
“Se ne è andato il mio ultimo imperatore. Che si sentiva come un “topo nel formaggio”. Per lui significava stare come in un bozzolo, al caldo e al riparo. Me lo disse gioiosamente dopo una estate di sofferenza e di passione. Adesso sto bene, sai? Sto come un topo nel formaggio. Grazie per essere stato così speciale. Per il tuo cinema così speciale. Spero di incontrarti ancora e di fare un altro film insieme. Un lungo bacio”. Questo il ricordo commosso, in forma di lettera, di Stefania Sandrelli.
“Grazie per tanto talento!”, ha scritto invece Antonio Banderas su twitter, aggiungendo “un maestro per chi fa cinema”. “Che colpo! Solo un mese fa, io e lui stavamo discutendo del suo prossimo film, era pieno di vita ed entusiasmo. Per me – dice all’ANSA il regista Terry Gilliam – è stato un’ispirazione permanente. Un creatore di grande bellezza e idee audaci. Una grande perdita”.
“Ciao Bernardo, grazie di tutto. Continueremo a imparare il cinema costruendo sale dove goderlo, nelle nostre caverne di Platone ‘dove nascono idee’ ti proietteremo ancora e ancora. Una pellicola dopo l’altra”. E’ il saluto commosso dei ragazzi del cinema romano Piccolo America che Bertolucci aveva sostenuto nella loro battaglia.
“E’ con enorme dolore che apprendo della scomparsa di Bernardo Bertolucci, uno dei più grandi autori, forse l’ultimo, del cinema italiano”. Così, Carlo Fontana, presidente dell’AGIS – Associazione Generale Italiana dello Spettacolo – ricorda il grande regista, scomparso stamattina a Roma. “I suoi film – continua Fontana – hanno attraversato quasi mezzo secolo di storia del cinema. Capolavori come Prima della rivoluzione, Novecento, Ultimo tango a Parigi e L’ultimo Imperatore – solo per citarne alcuni – sono entrati a pieno diritto nell’immaginario collettivo, travalicando i confini nazionali per diventare pietre miliari del cinema mondiale. Ai familiari del regista – conclude – il mio più sincero cordoglio e quello dell’AGIS”.
Non manca naturalmente l’omaggio delle Associazioni dell’Esercizio cinematografico italiano ANEC (Associazione Nazionale Esercenti Cinema), ANEM (Associazione Nazionale Esercenti Multiplex), ACEC (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) e FICE (Federazione Italiana dei Cinema d’Essai) che, si legge in una nota, “si stringono alla famiglia e agli amici per la perdita di un Maestro come Bertolucci. Autore italiano tra i più apprezzati al mondo, ha portato avanti con opere di ogni budget e ambientazione una poetica coerente sviluppata in ogni latitudine, stile, collaborazioni, a favore dell’individuo alle prese con una realtà foriera di disagio e inadeguatezza, e con una capacità costante nello scoprire giovani talenti sia in Italia che all’estero”.
“La scomparsa di Bertolucci lascia un grande vuoto nel mondo del cinema italiano. I suoi film hanno reso grande la cinematografia del nostro Paese nel mondo intero – dice il direttore generale di SIAE Gaetano Blandini – La sua inesauribile creatività lo ha portato a realizzare capolavori ricchi di vera poesia, nati spesso da scelte coraggiose”.
“Sentimenti di dolore, rammarico, e profonda riconoscenza accompagnano la morte di Bernardo Bertolucci”, dice il presidente dell’Anica Francesco Rutelli. “Dolore per la sua scomparsa, e rammarico perché gli ultimi anni di malattia avevano impedito al cinema italiano e mondiale di godere della sua eccezionale, irripetibile maestria.Vorrei affidare a queste righe tre ricordi particolari”, aggiunge. “La proiezione, sul finire degli anni ’70, dell’Ultimo tango a Parigi nella sede del Partito Radicale in via di Torre Argentina a Roma. Ottenemmo da Bertolucci una copia del film, di cui era stata decretata la distruzione, come forma di disobbedienza civile a quell’ordine assurdo. Al termine della proiezione, un funzionario della questura pretese la “pizza” del film per consegnarla all’autorità giudiziaria, ma accettò tacitamente di ricevere da noi un’altra pizza, di un altro film. Così l’originale fu salvato e restituito a Bertolucci. Il mio secondo ricordo è la telefonata fatta lo scorso anno da Shanghai in compagnia del Presidente della China Film Co-production Corporation, Miao Xiaotian, che mi chiese di parlare con Bernardo per ricordargli come la sua vita fosse cambiata da quando lo aveva assistito giovanissimo, per realizzare in Cina le riprese de L’ultimo imperatore. Infine, quando ho chiesto a Bertolucci a nome dell’Anica se volesse accettare la presidenza dell’Accademia del David di Donatello. Pur pensando a un incarico non esecutivo ma di ispirazione e di idee (si stava lavorando alla nuova presidenza di Piera Detassis, dopo la scomparsa di Rondi) nelle parole con cui Bernardo declinava l’offerta c’era tutto il dispiacere di chi avverte che le forze fisiche si andavano esaurendo. A nome dei produttori, dei distributori, delle industrie tecniche, degli esercenti e dei creativi che aderiscono all’Anica – conclude in una nota – esprimo la vicinanza del cinema italiano a chi ha voluto e sempre vorrà bene a Bernardo Bertolucci”.
“Grande innovatore, con film come Prima della rivoluzione, Il conformista, Ultimo Tango a Parigi, Novecento, L’ultimo imperatore, Bernardo Bertolucci ha cambiato lo sguardo e le regole narrative di un’intera generazione, quella delle “nuove onde” e delle rivoluzioni giovanili”, dice Piera Detassis, Presidente e Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello. “Provocazione e dolcezza, nuovi comportamenti, capacità di affresco e storia popolare italiana: il David l’ha premiato per L’ultimo imperatore con tre statuette, mentre nel ’71 fu Il conformista a ricevere il premio al Miglior film. Per tutta la cultura italiana, per il mondo del cinema e per me personalmente, la sua scomparsa è un grande dolore e una ferita artistica difficile da rimarginare. Grazie davvero di tutto Bernardo!”, conclude.
“Ci lascia un regista, un autore e un maestro follemente innamorato del cinema, della sua storia, della sua capacità di incidere nel costume e nelle coscienze e, al tempo stesso, un autentico combattente per la libertà e il valore universale dell’arte. Pochi – dice Laura Delli Colli, Vice Presidente Fondazione Cinema per Roma – hanno saputo raccontare così intensamente le fragilità borghesi e la semplicità popolare dei contadini, i personaggi nati dalla letteratura e, contemporaneamente, l’irruenza e l’immaturità sfrontata dei giovani: fino all’ultimo dei suoi ciak, ha saputo mostrare quei Dreamers con lo sguardo affettuoso di un fratello maggiore più che giudicarli con la saggezza di un padre. Oltre il cinema, una splendida lezione di civiltà”. Antonio Monda, Direttore Artistico Festa del Cinema di Roma, commenta: “La scomparsa di Bertolucci rappresenta una perdita gravissima per chiunque, ma in particolare per tutti coloro che considerano il cinema una forma d’arte. Oltre a essere un grande maestro, era un uomo appassionato di cinema, come lo era della vita, che ha vissuto sino in fondo, riuscendo a trovare l’ironia anche nella malattia e nel dolore. C’è una struggente duplicità nella sua grande arte, imprescindibile per comprenderne l’anima: la dialettica tra la sublime raffinatezza dell’immagine e la sincerità dolente dei tormenti più intimi dei personaggi, nei quali spesso rispecchiava se stesso. Non ti dico addio, ma arrivederci Bernardo: i grandi artisti non muoiono mai”.
“Non avendo fatto una scuola di cinema ogni inquadratura dei suoi film è stata e resterà per me una lezione”, dice all’ANSA Paolo Sorrentino.“Per me c’è una linea diretta Fellini-Bertolucci e nient’altro. Bernardo, per me giovane autore, ha rappresentato qualcosa di mitico. Mi ricordo quando a 25 anni e senza aver fatto neanche un film fui invitato per un dopo cena a casa sua, fu un evento che mi ha segnato per sempre”, racconta il regista. Secondo Sorrentino, “Bertolucci è stato un regista di una modernità assoluta, anche i suoi film più vecchi, penso ad esempio al Conformista, sono di una totale modernità, non c’è alcuna distanza tra ieri e oggi. Per me il suo modo di girare è stato qualcosa di immenso, lui la regia l’ha fatta meglio di tutti noi messi insieme, una maestria incomparabile. E poi penso ad un’altra sua qualità eccezionale: la curiosità, inesauribile. Mi ricordo quando qualche anno fa ci intratteneva sulla potenza, l’importanza e il futuro delle serie tv, adorava True Detective. E ne parlava quando nessuno di noi pensava di girarle”. Ad unirli, prosegue nel racconto il regista premio Oscar, una passione di chiacchierate leggere “all’insegna del pettegolezzo. Lo facevo divertire e ho scoperto un lato che non conoscevo, oltre all’intelligenza c’era anche tanto umorismo”. Sorrentino rivela anche di un progetto insieme al regista scomparso oggi a 77 anni: “Poi non se ne fece più niente, ma in verità non mi sono mai sentito all’altezza di quel progetto”. Infine, aggiunge di amare l’intera filmografia di Bertolucci, di essere legato ai film degli anni ’70, ma anche al periodo kolossal del regista, “amo Il tè nel deserto e L’ultimo imperatore“, ma anche i suoi ultimi, The Dreamers e Io e te.
“Quando oggi l’ho saputo mi sono messa a piangere. Non sapevo che fosse malato, era un regista straordinario, lo adoravo”, ha detto all’ANSA Claudia Cardinale, protagonista di C’era una volta il west di Sergio Leone da un soggetto di Bertolucci e Dario Argento – “mi è successo ultimamente con attori che conoscevo bene. E quando succedono queste cose non ho più voglia di uscire. A Parigi – ha detto l’attrice – ci siamo incontrati tante volte, lui è stato un grande protagonista di una stagione fantastica del cinema italiano”.
La prima volta di Vittorio Cecchi Gori alla cerimonia degli Oscar fu accanto a Bernardo Bertolucci nell’anno del trionfo del L’Ultimo imperatore. Anche per questo il regista è una delle figure del cinema a cui Cecchi Gori era più legato: “quando lo chiamarono per consegnargli la prima statuetta, quella per i costumi”, delle nove nomination con cui si presentava quella sera, “gli dissi ‘Bernardo li vinci tutti’, e così andò”.
Dalla sua casa di Roma il produttore ricorda la figura di uno dei grandi del cinema italiano, “è triste, come sempre, dire che i migliori se ne vanno. Ma davvero lui era uno tra i migliori. Di lui ho un magnifico ricordo”, aggiunge. Per quel film Mario e Vittorio Cecchi Gori avevano una parte nella produzione: “fu lui che mi propose di andare a Los Angeles e soprattutto fu Bertolucci che mi aprì le porte alla scenografia americana”, ricorda ancora il produttore che sta riprendendosi dopo la recente malattia. “Con Bertolucci abbiamo girato in Toscana anche Io ballo da sola e lui era davvero innamorato della Toscana”, aggiunge lasciando trapelare anche il suo amore per Firenze e la Toscana tutta. Da tempo non si vedevano e non avevano contatti diretti, “ma i miei rapporti con lui sono sempre stati ottimi – prosegue Cecchi Gori – Purtroppo succede che per i mille impegni magari non si riesce a vedersi, ma resta un grande del cinema italiano che, dopo Olmi, ha perso anche lui”. Un cinema, quello italiano, che “annaspa” ma “per tante ragioni diverse. Speriamo che presto uno, o anche più di uno, tra i giovani autori validi che comunque ci sono in Italia – conclude Cecchi Gori dimostrando sempre di essere ‘innamorato’ del cinema -, possa prendere il posto di Bertolucci, di Olmi, o di uno degli altri registi e autori che hanno reso famoso il nostro cinema in tutto il mondo”.
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