Sarà presentato in Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema dedicata ai giovani, il restauro in 4K realizzato da Cinecittà di Vito e gli altri, l’opera prima del 1991 di Antonio Capuano, che inaugurava insieme alla carriera di un autore raro per sensibilità e sguardo, una nuova onda del cinema partenopeo, che negli anni successivi si sarebbe imposta al centro della scena non solo nazionale.
Presentato e premiato nel 1991 all’ottava Settimana Internazionale della Critica di Venezia, il film portava a Capuano anche il Nastro d’argento per il miglior regista esordiente. Un racconto – che nasceva da un vero assurdo fatto di cronaca, la carcerazione di un ragazzo di appena 12 anni – che contrapponeva la retorica della televisione alla verità di corpi giovani che si danno alla criminalità e al linguaggio delle armi. Con un cast di attori non professionisti, un gruppo di giovanissimi di stupefacente naturalezza, Vito e gli altri si guarda oggi come allora per una messa in scena di crudo splendore.
Il restauro 4K è stato eseguito nel 2021 nei laboratori di Cinecittà dal negativo scena 35mm e da un positivo colonne ottiche 35mm mono. Sul negativo scena sono stati eseguiti interventi per la rimozione di macchie, righe, spuntinature, problemi di flicker. In particolare, sono state ripristinate tutte le scene da negativo originale che erano state sostituite con inserti di Internegativi sottotitolati in italiano su dialetto napoletano stretto.
La notte dell’ultimo dell’anno. La città è in festa, saluta l’anno nuovo appena iniziato. Rosario ha ucciso sua moglie e uno dei figli. Punta la pistola sull’altro figlio, Vito, quasi dodici anni. Sta per sparare. Ma Vito riesce a dire qualcosa, solo poche parole. L’uomo abbassa l’arma. Dopo l’arresto del padre, Vito rimane solo. Va a vivere dalla zia, in una famiglia di persone ugualmente sole, prive di rapporti di solidarietà. Vito si adegua a questa solitudine. Combatte, certo, con le armi che conosce. Impara presto ad usarle, perché è necessario, per legittima difesa. Così si inserisce, inconsapevolmente vittima, nella spirale senza fine della violenza. Percorre velocemente tutti gli stadi della parabola delinquenziale. Furti, scippi, spaccio di droga, rapine, prostituzione. Passa attraverso aridi istituti di rieducazione. Ormai non ama più niente. Per un “errore” delle istituzioni conosce anche il carcere. E poi giù a precipizio fino ad arrivare all’assassinio su commissione. Killer a dodici anni.
Fra le voci più originali in Italia, Antonio Capuano è autore privo di ipocrisie, sin dal suo esordio alla regia con Vito e gli altri, vincitore della Settimana Internazionale della Critica alla Mostra di Venezia nel 1992. Con Pianese Nunzio 14 anni a maggio (1996), La guerra di Mario (2005) e L’amore buio (2010), il regista partenopeo continua a raccontare l’infanzia e l’adolescenza ma anche la violenza, la bellezza e l’unicità delle storie che animano la città di Napoli e i suoi personaggi. Con Polvere di Napoli (1998), film a episodi scritto assieme al futuro Premio Oscar® Paolo Sorrentino, Capuano omaggia un capolavoro come L’oro di Napoli di Vittorio De Sica ma allo stesso tempo mostra la deriva della sua città. Con Luna rossa (2001) denuncia con forza il mondo della criminalità mostrando gerarchie e riti di una famiglia di camorristi, mentre in Bagnoli Jungle descrive il degrado sociale e ambientale attorno alle rovine del noto complesso siderurgico. Nel 2020, con Il buco in testa, il regista rilegge gli anni di piombo attraverso gli occhi di una quarantenne, figlia di un vice brigadiere ucciso dagli autonomi nel 1977. Nel 2022 gli è stato conferito il David Speciale dall’Accademia del Cinema italiano.
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