Ambientazione: una città costiera della Spagna. Una cena tra uomini (e una sola signora) vestiti elegantemente, tra vassoi di gamberoni, vino doc, spacconate varie e le pagine di un quaderno dove figurano le “attività quotidiane” di un partito politico: riciclaggio di denaro, ridefinizione della funzione dei territori, brevi viaggi a Madrid e scambi di favori con uomini d’affari della zona. Uno è Manuel López Vidal (un Antonio de la Torre lodato e premiato per la sua interpretazione “viscerale”), influente vicesegretario regionale che ha tutte le carte in regola per diventare il nuovo presidente della Regione e di conseguenza fare il gran salto e arrivare a Madrid, alla politica nazionale.
La prima scena de Il Regno del regista spagnolo Rodrigo Sorogoyen – in sala dal 5 settembre distribuito da Movies Inspired – è un buon esempio di quella che sembra essere stata la norma nell’alta politica spagnola, almeno fino a quando casi molto gravi di corruzione non hanno cominciato ad emergere. In questa storia, viene il giorno in cui le vicende del protagonista, sia del suo passato (e presente) che di quello dei suoi colleghi di partito, raggiungono i media. In mezzo a un vortice di documenti distrutti e giustificazioni dinanzi alla presidente del partito (Ana Wagener) al fine di seguire le linee guida impostate dal nuovo membro in cerca di totale trasparenza (Francisco Reyes), Manuel va realizzando una cosa: è l’unico che pagherà per tutti, perché i suoi compagni di squadra decidono di scaricargli tutta la colpa per uscirne incolumi.
“Fai attenzione ai tuoi nemici ma soprattutto ai tuoi compagni di partito”, sentiamo dire. Forse è per questo che il protagonista sceglie di sostenere un faccia a faccia televisivo (con le domande incalzanti della giornalista interpretata da Bárbara Lennie) per fare le sue ”rivelazioni choc”: è probabile che lo spettatore veda persone reali riflesse nei personaggi sullo schermo, ma potrebbe anche darsi che riconosca se stesso. Il regista Rodrigo Sorogoyen (Che Dio ci perdoni, 2016) e la sua fidata co-sceneggiatrice Isabel Peña hanno “fotografato” il momento in cui i politici in Spagna sono passati dal sedersi ai banchi delle Istituzioni al banco degli imputati nei tribunali.
E’ il racconto della caduta di un “Regno” che sembrava destinato a durare per sempre, e al cinema queste vertiginose cadute verso gli abissi si adattano perfettamente al genere del thriller politico, sottolineato dalla musica elettronica di Olivier Arson e da un montaggio “chirurgico” ad opera di Alberto del Campo. Il Regno è stato presentato al Festival di San Sebastián e al Toronto international film festival e nell’edizione del 2019 ha vinto 7 statuette al premio Goya (il più importante riconoscimento cinematografico spagnolo), tra cui: miglior regista, migliore attore protagonista, migliore sceneggiatura originale, miglior montaggio, miglior colonna sonora.
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