Non c’è pace per il 47enne regista Mohammad Rasoulof, vincitore della sezione Un certain regard a Cannes 2017 con Un homme intègre, sorta di thriller kafkiano che denuncia la corruzione burocratica in Iran. “Sono boicottato, voglio una risoluzione a questa mia odissea giudiziaria ” dichiara Rasoulof, attualmente agli arresti domiciliari a Teheran, in attesa di processo. Tuttavia non perde mai il suo senso dell’umorismo, e come scrive ‘Le Monde’ fa appello contro la condanna a un anno di carcere per “propaganda contro la Repubblica islamica dell’Iran”. E quando gli viene chiesto se non ha paura di aggravare il suo caso parlando con un giornale straniero, risponde che “qui in Iran, nessuno vuole parlarmi. Nessuno osa pubblicare le mie parole. E hanno ragione, perché conoscono il potere dei media ed io sono uno che parla francamente”.
Figura di spicco nel cinema indipendente iraniano, a Rasoulof è stato anche vietato di lasciare il Paese per due anni e impegnarsi in qualsiasi attività politica o sociale. Tutto ha avuto inizio a settembre 2017 quando gli sono stati sequestrati i documenti all’aeroporto di Teheran, dopo essere rientrato da un tour internazionale per la promozione di Un homme intègre. L’accusa era quella di aver realizzato un film di propaganda contro il regime del suo Paese e all’epoca vi fu una petizione online per difendere il regista e la libertà d’espressione.
Il regista, era incappato nel cappio della censura anche con i film Manuscript don’t burn (2010) e Iron Island (2005), che erano stati banditi in Iran. Nel 2010 era stato imprigionato per non avere “richiesto l’autorizzazione” per le riprese del suo film, che venne poi presentato a Cannes nel 2013 senza titoli, per tutelare coloro che ne avevano preso parte. Era finito nella stessa prigione del suo amico e collega Jafar Panahi e furono condannati entrambi a sei anni di carcere, poi ridotti a dodici mesi e infine assolti.
Il regista australiano, è noto per il suo debutto nel lungometraggio con il musical 'The Greatest Showman'
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