In copertina c’è una bella foto in bianco & nero che ritrae Sam Peckinpah e Steve McQueen sul set di Getaway (1972): i due sono accucciati e intenti in una conversazione all’apparenza importante per le sorti di un film leggendario.
Stiamo parlando della copertina di Cinema Speculation, il corposo volume (391 pp.) a cui Quentin Tarantino ha affidato, in dosi uguali e massicce, autobiografia, amori cinefili e brandelli di storia del cinema. Una raccolta di saggi critici – e non è il solo regista a dedicarvisi, basti pensare a Godard o Dario Argento – che è anche un’immersione nella sua infanzia e adolescenza. Quegli anni ’70 in cui il futuro autore di Knoxville, nato nel 1963, viveva le sue prime esperienze in sala e formava il suo gusto di spettatore prima e di cineasta poi.
Già autore del romanzo Once Upon a Time in Hollywood (da cui anche il film omonimo con Brad Pitt), Tarantino affida alla sua scrittura calda e sagace riflessioni, curiosità, aneddoti, sprazzi di poetica. La sua cinefilia è ben nota ma qui andiamo alle radici di questa eterna love story e il primo capitolo, infatti, intitolato Little Q Watching Big Movies, ci trasporta in una sala losangelina, il Tiffany Theater, dove avviene l’iniziazione del piccolo Q in compagnia di mamma e patrigno. Siamo nel 1970 e il doppio programma del Tiffany propone due titoli non esattamente adatti ai bambini come La guerra del cittadino Joe di John Avildsen e Senza un filo di classe di Carl Reiner, che pure rimangono incastonati nella memoria di Quentin.
Il volume prosegue come una scorribanda nel cinema degli anni ’70 senza distinzione tra alto e basso, come del resto nella visione dell’autore di Pulp Fiction e Django Unchained. Sicuramente, molti ricorderanno di quando, alla Mostra di Venezia del 2004, il cineasta americano fu in prima fila ad applaudire la retrospettiva sui B-movies italiani, una miniera da cui ha spesso attinto idee e suggestioni.
Sfogliare le pagine vuole dire imbattersi in titoli che fanno ancora battere il cuore agli appassionati della New Hollywood – e non manca un saggio dedicato proprio all’argomento – come Bullitt di Peter Yates (1968), Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo di Don Siegel (1971), Un tranquillo weekend di paura di John Boorman (1972, lo stesso anno del citato Getaway). Le scelte sono spesso curiose e sempre estremamente personali: per Brian De Palma – autore di cui si parla molto – il film analizzato è Le due sorelle (1973), in cui viene espressamente citato Dario Argento e L’uccello dalle piume di cristallo come fonte di ispirazione. Gli italiani che trovano spazio nelle pagine sono Antonioni, Bertolucci, Fellini e Sergio Leone, ma anche Sergio Martino, Franco Nero e l’attore naturalizzato americano Felice Orlandi. Proseguendo a scorrere i capitoli ecco Daisy Miller di Peter Bogdanovich da Henry James che diventa il capofila di tutta una serie di adattamenti più o meno audaci di opere letterarie come Via dalla pazza folla o Nemici: una storia d’amore.
Tutto da leggere il capitolo dedicato a Taxi Driver (1976) in cui Tarantino racconta come il copione di Paul Schrader finì nelle mani di Scorsese dopo che Brian De Palma l’aveva snobbato perché “poco commerciale”. Tarantino disseziona il cult movie e si pone tutta una serie di questioni teoriche rispetto al film e alla lettura del personaggio di Travis Bickle (com’è noto interpretato da Bob De Niro): Taxi Driver è un film su un razzista o è un film razzista? La risposta giusta è la prima, ma non così scontata. E soprattutto l’autore si diverte a “speculare” su un what if piuttosto succulento: e se Taxi Driver l’avesse diretto Brian De Palma invece di Martin Scorsese? Come sappiamo se c’è una cosa che lo intriga e lo appassiona è proprio riscrivere la Storia.
Cinema Speculation è uscito il 1° novembre da Harper Collins (il volume che abbiamo recensito è quello americano), mentre La Nave di Teseo sta per pubblicare l’edizione italiana.
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