“L’ispirazione di questo film nasce da un paesaggio umano e fisico che conosco bene, il nordest, che pur avendo una sua identità precisa credo possa raccontare bene anche il resto dell’Italia”. Così Carlo Mazzacurati nelle note di regia de La sedia della felicità ultimo suo film, girato prima della prematura scomparsa a 57 anni, e ora distribuito in 150 copie dal 24 aprile con 01.
Mazzacurati aveva presentato in anteprima il suo film al Torino Film Festival dove aveva ricevuto a fine novembre il Premio Gran Torino dalle mani del direttore artistico Paolo Virzì che lo aveva salutato come “il Kaurismäki di Padova, il poeta dei balordi, dei disgraziati e dei matti, che sempre è stato dalla parte dei perdenti, che ha saputo coniugare malinconia e comicità”.
Una carriera artistica intensa, nel corso della quale Mazzacurati ha diretto 12 film di finzione, tra cui Il toro che gli procurò il Leone d’Argento nel 1994, e 5 documentari. Tuttavia un autore forse non abbastanza apprezzato e riconosciuto dalla critica come ha ricordato l’amico Angelo Barbagallo, suo primo produttore nel 1987 di Notte italiana e ora de la sedia della felicità: “Carlo è stato sempre attratto da storie marginali e dai suoi adorati eroi un po’ scalcagnati. Il suo cinema avrebbe meritato di più, senz’altro poteva aspirare a riconoscimenti più importanti. Quelli che altrove vengono celebrati come gioielli, da noi restano destinati a un angolo”.
La sedia della felicità, interpretato da Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese e Giuseppe Battiston, narra di un tesoro nascosto in una sedia, di un’estetista e un tatuatore che, dandogli la caccia, s’innamorano, di un misterioso prete che incombe su di loro come una minaccia. Dapprima rivali, poi alleati, i tre diventano protagonisti di una rocambolesca avventura.
“Quando gli chiedevo come mai tanta ricchezza di cast per questo film – dice Giuseppe Battiston – Carlo replicava: chi vuoi che dica no a un regista malato? Questo era il suo spirito, il suo modo di affrontare il mestiere ma anche la vita. Mi mancherà tantissimo”.
Da Valerio Mastandrea, protagonista del film, un ricordo affettuoso: “Volevo lavorare con Carlo prima che lui mi chiamasse finalmente per questo film. Mi mancherà come essere umano e come regista. Era uno che amava il cinema più di quanto lo amassi io stesso”.
Isabella Ragonese precisa di avere conosciuto Mazzacurati per poco tempo e di avare comunque ricordi molto belli, tra cui il fatto di fare un mestiere che permette di rivedere Carlo ogni volta che si rivede il film: ”L’ironia erano i suoi occhiali per vedere il mondo”.
Su leggerezza e ironia concordano i due cosceneggiatori, e Marco Pettenello precisa: “Anche in una realtà dissestata come quella del Veneto attuale, ci sono comunque esseri umani, sensibilità da raccontare, storie fatte di speranze, sogni, divertimento, felicità da raggiungere. I film che preferiva da ultimo erano quelli per bambini, quel tono favolistico che si ritrova in certo surrealismo alla Zavattini/De Sica”. All’origine del copione c’è un romanzo russo, ‘Il mistero delle 12 sedie’, “che ha dato vita già ad alcuni film e che è rimasto solo come spunto, e conferma come Mazzacurati fosse diventato un ammiratore dei Coen e di Wes Anderson, avendo meno paura di un cinema artefatto”, conclude Pettenello.
In occasione dell’uscita di questo film, Rai Movie, dal 10 al 26 aprile sta dedicando al regista un omaggio.
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