Shakespeare è notoriamente tra i più prolifici sceneggiatori della storia del cinema: più di trenta film al suo attivo, tra adattamenti e classici, da Zeffirelli a Baz Luhrmann.
Adesso Michael Radford, l’autore dell’ultimo film di Massimo Troisi Il Postino, si è aggiunto alla lista con Il Mercante di Venezia, una coproduzione internazionale che coinvolge l’Istituto Luce, Edwige Fenech e Luciano Martino. Molto applaudito all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, arriverà l’11 febbraio nelle sale italiane.
Il cast il punto di forza di questa versione del dramma che non cerca la contemporaneità a tutti i costi: Jeremy Irons e Joseph Fiennes, ma soprattutto Al Pacino, che si cala nel ruolo di Skylock, che fu di Orson Welles e Laurence Olivier, con l’esperienza di un grande divo americano e una sensibilità quasi europea, aggiungendo disperazione alla sua sete di vendetta. “Sarebbe impossibile recitare un personaggio che non ti piace o che detesti. Ho cercato di immaginare la vita dell’usuraio, cosa l’abbia portato a diventare così spietato. È un uomo solo, sua moglie è morta, vive una vita di privazioni, viene insultato da tutti e per finire è provato dalla fuga della figlia. Tutto questo spiega il suo comportamento e la sua determinazione nell’esigere la libbra di carne di Antonio e rispettare il contratto”.
All’inizio il ruolo doveva essere di Marlon Brando. Ma fu proprio il divo di Ultimo tango a Parigi a suggerire il collega, declinando l’invito. “Nessuno meglio di Al, che si è già misurato con Riccardo III“. Pacino ha accettato addirittura di ridimensionare il suo compenso, ma solo dopo aver letto la sceneggiatura. “Ho trovato immediatezza e realismo, ma soprattutto un gruppo di attori con cui lavorare come a teatro, in totale collaborazione”. Clima congeniale, mentre non sono mancate le accuse da parte della comunità ebraica americana. Ma Radford controbatte: “Il Mercante è calato nella sua epoca, la Venezia del Cinquecento, con le dispute tra cristiani ed ebrei. Ma quella situazione è molto moderna, si tratta di due culture che non si capiscono, che hanno costumi e modi di vivere diversi e che arrivano al conflitto anche drammatico. Magari gli ebrei di oggi sono gli islamici”. Nessun antisemitismo, dunque. Del resto come dimenticare la perorazione di Shylock: “Un ebreo non ha occhi? Non ha mani, un ebreo? Membra, corpo, sensi, sentimenti, passioni? Non si nutre dello stesso cibo? Non è ferito dalle stesse armi, soggetto alle stesse malattie?”.
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