TAORMINA – Il re della commedia, Carlo Verdone, ieri sera al Teatro Antico di Taormina si faceva fotografare con una giovane ammiratrice più timida di lui, facendo lo sgambetto ai severissimi guardaspalle che qui circondano tutti i divi, come se fossero minacciati da chissà quali micidiali pericoli. All’autore di Posti in piedi in paradiso, Nastro d’argento per la commedia dell’anno, i giovani stanno particolarmente a cuore e lo dice chiaro e tondo durante la trionfale conferenza stampa di chiusura, dove è seduto accanto a una Sofia Loren tutta vestita di bianco, eterno modello di stile italiano esportabile ovunque. Carlo la definisce “una donna che ha rappresentato a 360° questo paese”, ma anche lui si prende la sua dose di applausi e di tifo – stasera poi farà il telecronista per Italia-Germania – e non si tira indietro neanche di fronte a una domanda un po’ goffa sulla sua depressione, raccontando di essere sempre stato malinconico, da quando morì una sua amatissima zia quando era piccolo. Poi invoca il ricambio generazionale e il passaggio dall’indignazione all’azione. “Oggi i ragazzi che studiano e si specializzano sono costretti ad andarsene all’estero per trovare lavoro, la crisi è gravissima, siamo arrivati al punto più basso. Come ha detto il presidente di Confindustria, siamo all’abisso. Occorre una rinascita economica ma anche culturale ed etica, perché l’etica è andata allo sprofondo”.
Poco dopo, in una saletta di Casa Tao, mentre fuori si scatena l’ira di Dio per la Sofia nazionale, un piccolo pezzo di industria si riunisce a convegno per parlare di sistema Italia e made in Italy, in una tavola rotonda coordinata da Mario Sesti. La cosa riguarda tutti, ma più di tutti gli autori nuovi, che faticano sempre di più a trovare un loro spazio in Italia e soprattutto all’estero. Rodrigo Cipriani, presidente di Istituto Luce Cinecittà , racconta il progetto di Italia in Luce, l’iniziativa lanciata al Festival di Cannes che riunisce il Luce, l’Anica, l’ICE e vari ministeri per canalizzare le risorse pubbliche e fare qualcosa di continuativo per la diffusione del nostro cinema all’estero. E non solo in termini di comunicazione, perché si offriranno incentivi ai distributori internazionali che comprano film italiani. Riccardo Monti, presidente dell’ICE, conferma l’importanza dell’industria dell’audiovisivo, con i suoi circa 250mila addetti, e annuncia che è stata finalmente creata la figura dell’attaché audiovisuel presso le ambasciate. “Abbiamo programmato iniziative per il prossimo biennio prendendo risorse da Regioni e altre istituzioni per iniziative sempre più trasversali, ad esempio il 2013 sarà l’anno della cultura italiana negli Usa e ci aspettiamo che il cinema abbia un ruolo importante”.
Ma l’impressione è che i pezzi del puzzle siano ancora da ricomporre: le molte attività non riescono per ora a fare sistema, troppo frequenti anche i cambiamenti di rotta politica. È scettico il produttore Amedeo Pagani, che invoca una legge francese per il cinema in Italia, con la famosa tassa di scopo. E ancor più lo è Michele Lo Foco che accusa tout court la politica di aver provocato il declino culturale e cinematografico in Italia con anni di disattenzione totale. “Quando un film costa 500mila euro e una puntata televisiva costa 2 milioni vuol dire che si è creata una lobby televisiva e che il produttore è dovuto andare a mendicare per mettere insieme i capitali”. Lo Foco ricorda anche le molte esperienze positive disperse nel decennio scorso, da Italia Cinema al Mifed.
Paolo Del Brocco, AD di Rai Cinema, punta l’indice su un’altra lobby paralizzante, quella dei provider. “La tassa di scopo è fondamentale, la lotta alla pirateria lo è altrettanto, ma non c’è volontà di portarla avanti fino in fondo”. Tutti d’accordo almeno su una cosa: il punto di forza dell’industria italiana sta nella definizione e diffusione del made in Italy di cui il cinema è un tassello fondamentale.
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