BERLINO – Colin Firth e Jude Law sono le star della giornata, giunti alla Berlinale per presentare il film Genius, basato sul rapporto di amicizia e lavoro dello scrittore Thomas Wolfe (Law) e dell’editor Max Perkins (Firth), già scopritore del talento di Ernest Hemingway e F. Scott Fitzgerald. Wolfe emerge come un fiume in piena, capace di inviare manoscritti di oltre 1.000 pagine, ma con intuizioni talmente entusiasmanti che Perkins non può evitare di restarne affascinato, convincendosi – a ragione – di trovarsi di fronte a un genio della letteratura. Purtroppo, il carattere di Wolfe è difficile, scostante e tendente agli eccessi, e solo con la guida di un mentore razionale e concentrato come Perkins può sperare di rendere la sua arte fruibile e raggiungere il successo. Il cast, coadiuvato anche da una Nicole Kidman estremamente intensa nel ruolo della moglie di Wolfe, recita con potenza e ritmo, seguendo una sceneggiatura che riporta tutta la velocità, la precisione e la musicalità del lavoro di editing: “Per fortuna – racconta il regista Michael Grandage – avevamo accesso a molto materiale d’archivio, e questo ha permesso molto bene di rendere l’idea e la complessità di questo lavoro. Pochi sanno di cosa si occupano veramente gli editori, ed è invece una occupazione interessante e difficilissima. Alla base poi c’era una bellissima biografia, scritta da Scott Berg, ‘Max Perkins: Editor of Genius’, adattata da John Logan”.
“Grazie a questo film ho letto tutto quello che non avevo letto di Hamingway e ho riscoperto Scott Fitzgerald, che da ragazzo avevo trascurato. Perkins e Wolfe sono due punti di partenza ideali per riscoprire questa meravigliosa letteratura. Quello che mi ha interessato di Perkins come personaggio – approfondisce Firth – è la sua volontà di mantenersi assolutamente fedele allo stile e alla sintassi dell’autore. Non vuole riscrivere i romanzi, vuole solo accorciarli e renderli leggibili per il pubblico. E nessuno sapeva in realtà quale fosse il suo lavoro. Ha mantenuto la sua integrità di giudizio, ha lavorato con autori quali Hemingway e Fitzgerald, e non lo ha fatto per cercare la celebrità, anzi voleva rimanere invisibile, non cercava gli autografi dei suoi scrittori preferiti, ma basta confrontare le edizioni dei primi testi di Wolfe con quelli curati da lui per capire quanto la sua parte fosse importante. Non si tratta solo di correggere gli errori di ortografia e pulire i testi. Nell’editing c’è molta più creatività di quanto si possa pensare. A quell’epoca non c’erano certo gli strumenti che abbiamo oggi per metterci in mostra e condividere le nostre esperienze, facebook, instagram e via dicendo, anche con una certa dose di esibizionismo. L’ho interpretato con un personaggio in costume, con questo cappello calcato costantemente in testa, ed è incredibilmente stimolante recitare un personaggio così, perché devi fare un gran lavoro di sottrazione, e si può fare in un’infinità di varianti”.
“Il tratto distintivo di Wolfe – prosegue invece Law – è il suo tentativo costante di scuotere le cose, trovare una nuova voce, un nuovo punto di vista, e mettersi in una nuova direzione. Aveva capacità inredibili, lasciava fluire totalmente la creatività, tanto che ha prodotto una gran quantità di materiale nel corso di una vita molto breve. Ma se non fosse stato per Perkins nessuno avrebbe mai letto le sue opere. Ho dovuto chiaramente adattare il mio accento, lavorando sulla fonetica, ma questo aspetto non mi ha creato troppi problemi, ho fatto cose più difficili. Fin dal principio mi è stato subito chiaro, con Colin, che noi dovessimo sviluppare una specie di ‘staccato’. Abbiamo provato all’infinito”.
Nel cast anche Guy Pearce, nel ruolo di F. Scott Fitzgerald, in una scena particolarmente intensa “ispirata alla realtà dei fatti – dice l’attore – Wolfe andò veramente a visitarlo mentre lui stava scrivendo delle sceneggiature e si confrontarono su Perkins, come nel nostro film. Non ho preferenze tra una grande o una piccola produzione. Io scelgo solo in base al personaggio, se mi ci posso relazionare o meno. E anche a seconda dell’originalità della storia, e se considero il regista qualcuno con cui posso relazionarmi bene…insomma le mie decisioni toccano più un livello emozionale che altro”.
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