Il film sorpresa? Non sarà cinese


“C’è un 18° film in concorso che non possiamo ancora svelare, ma non sarà un film cinese”, scherza Alberto Barbera. E la garbata frecciata dimostra che non teme più di tanto il confronto con Marco Müller, ingombrante predecessore passato nettamente alla concorrenza. La 69° Mostra sembra già distinguersi, per sobrietà e snellezza, e non solo perché rinuncia alla classica creatura mulleriana, il Controcampo, definita da Barbera “la riserva indiana degli italiani”.

 

Pochi film ma non pochissimi. “18 in concorso, 18 in Orizzonti, che è l’altro concorso, a cui tengo tantissimo – dice Barbera – perché ho iniziato io nel 2000 con una seconda sezione competitiva e adesso tutti i festival del mondo ce l’hanno”. Poi 18 classici, un fiore all’occhiello che inaugura, come anticipato da CinecittàNews, la nuova linea di restauri e riscoperte fuori dalla logica consumata delle retrospettive. “Ci sono inoltre 15 film di fiction e 9 documentari fuori concorso, in tutto una sessantina di opere che riuscirete a vedere in gran parte. Certo, noi abbiamo dovuto scartare un sacco di film e l’ultima settimana è stata la più drammatica. Forse ho perso qualche amico e ho qualche nemico in più”. Saranno soprattutto italiani i nuovi nemici? Chissà. “I grandi autori si aspettano di essere invitati ai festival come se fosse un diritto acquisito e non è facile dire di no – spiega Barbera – un rifiuto nasce da criteri di qualità, ma anche dal rispetto della diversità e dalla necessità di rappresentare il cinema di tutto il mondo e le diverse aree culturali e geografiche”.

Di sicuro Sergio Castellitto col suo Venuto al mondo è volato verso Toronto. Ma Venezia 69 conta su un concorso che, almeno sulla carta, è difficile denigrare. Un concorso di conferme e scoperte. Ci sono autori come Assayas, Bellocchio, Brian De Palma, Takeshi Kitano, Terrence Malick, Kim Ki-duk, alcuni dei quali assidui frequentatori di Cannes come anche Brillante Mendoza, Ulrich Seidl, Xavier Giannoli. Sono tre gli italiani, come sapete, tra cui Daniele Ciprì considerato addirittura un esordiente nonostante la lunga e sperimentata carriera, fin qui condivisa con Franco Maresco. E poi Francesca Comencini e appunto il discusso prima ancora di esser visto Bella addormentata di Bellocchio. L’intervallo di Leonardo Di Costanzo è transitato su Orizzonti, ma fino all’ultimo se n’è discusso tra i selezionatori.

“È un programma che prende anche qualche rischio: ci sono nomi attesi, ma anche registi meno noti e molti nomi di giovani cineasti sconosciuti, cinematografie lontane, paesi privi di tradizione cinematografica. Addirittura il primo corto girato in Nepal, il primo lungometraggio realizzato in Arabia Saudita, per giunta da una donna. Si parla di crisi del modello di produzione e della sala, ma c’è anche un grande fermento produttivo in tutto il mondo. Arrivano film da Guatemala, Indonesia, Malesia… I festival devono recuperare il compito di ricerca di nuovi linguaggi e nuove estetiche. Il pubblico sta cambiando e non diminuisce il consumo di cinema”.

Una delle tendenze, appunto, è quella della creatività femminile, già segnalata da Settimana della Critica e Giornate degli Autori, sezioni che Barbera non vive come fastidiosi intrusi ma come sani complementi. “Ci sono venti donne registe su 60 film: è un segnale di cambiamento positivo”. Altra tendenza è quella del documentario, “uno dei generi in cui il cinema italiano si esprime al meglio e che ha purtroppo difficoltà a trovare un mercato. Proprio al documentario è risevata una cospicua zona del Fuori concorso con auori come Michael Mann, Amod Gitai, Liliana Cavani, Daniele Vicari e Carlo Mazzacurati.

Tema ricorrente: la crisi economica, che crea effetti devastanti sui rapporti sociali e umani, e genera crisi di valori, di comportamenti, di modelli, oltre che solitudine e spaesamento. Altro fil rouge i fondamentalismi, argomento affrontato fin dal titolo dal film d’apertura, il thriller politico di Mira Nair, The Reluctant Fundamentalist, forse il film migliore dell’autrice indiana, secondo il direttore. E Barbera cita alcune perle, scelte con i selezionatori: il film di Jonathan Demme su Enzo Avitabile, “musicista napoletano geniale, conosciuto in tutto il mondo” e il film di chiusura L’uomo che ride, dal romanzo di Victor Hugo, realizzato da Jean Pierre Ameris (quello di Emotivi anonimi) con Gérard Depardieu ed Emmanuelle Seigner, una chiusura in bellezza tutt’altro che spenta.

I 60 film sono tutte prime mondiali con una sola eccezione: Penance di Kurosawa Kiyoshi, cinque ore nate come serial televisivo dell’orrore. È passato in tv una sola volta in Giappone, ma Venezia non ha potuto rinunciare a sconvolgere i suoi palinsesti per proiettarlo.

Barbera è stato accusato di aver fatto scelte troppo serie, poco glamour. “Smentisco: ci sono un sacco di film americani, undici, con autori come Robert Redford, che purtroppo forse non ci sarà perché sta di nuovo girando nel Golfo del Messico. Ci sono tanti film francesi, tra cui molte coproduzioni. Avrete anche i divi: Ben Affleck, Javier Bardem, Pierce Brosnan, Shia Laboeuf, John Malkovich, Nick Nolte, Toni Servillo, Stanley Tucci, Isabelle Huppert, Jeanne Moreau, Marisa Paredes, Susan Sarandon, Kristin Scott Thomas, Winona Ryder…”. Ci sarà anche il più vecchio regista del mondo, Manoel de Oliveira, con i suoi 103 anni. Dopo il malore della scorsa settimana sta benissimo e verrà per un giorno a Venezia, poi partirà per Parigi, subito dopo sarà sul set del nuovo film. “Ha avuto il dono dell’immortalità”. E Gian Luigi Rondi, in prima fila, si alza per applaudire Barbera e il suo festival.

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26 Luglio 2012

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