Un vero peccato che la rinata Unità, nel suo primo giorno in edicola, non abbia dedicato un corsivo sferzante e pungente all’Oscar negato del compositore Ennio Morricone, alla sua quinta nomination, per la colonna sonora di Malena di Giuseppe Tornatore. Sarebbe stato un modo di distinguersi da gran parte della stampa che ha preferito ignorare o liquidare in poche battute polemiche il trattamento riservato a una delle intelligenze creative del nostro cinema.
Al silenzio/assenso rimedia il “guastafeste” Piero Chiambretti dalle pagine del Corriere della sera raccontando la sua trasferta americana: “Ennio Morricone – nominato, nella sua lunga carriera, più di Cristina del Grande Fratello – non vince e incassa l’ennesima ingiustizia”. E anche un’ironica Lietta Tornabuoni, sulla Stampa, rileva come tutto a Hollywood fosse deciso da mesi e come per l’Italia sia gloria al passato: il premio alla carriera per l’ultraottantenne Dino De Laurentiis e la bella faccia di Vittorio Gassman tra i morti dell’anno (per intanto consoliamoci con una nascente fondazione, tutta italiana, per tutelare il patrimonio artistico dell’attore). Insomma nessun riconoscimento ai nostri colori nonostante il neocosmopolitismo – ormai tendenza egemone nel cinema americano – del pluripremiato Il gladiatore di Ridley Scott.
Tornano allora utili i consigli del produttore Dino De Laurentiis, premio alla carriera “Irving G. Thalberg”, che suggerisce al nostro cinema (su la Repubblica e Il Giornale) come conquistare le simpatie americane: produzione di film d’autore come gli indimenticabili Le notti di Cabiria e Sciuscià, perché Hollywood è stata molto inflenzata dal neorealismo, povero di mezzi e ricco di idee. “La realtà ci offriva storie che avevano un riscontro in tutto il mondo. Oggi la realtà italiana che cosa ti offre? – si domanda il produttore napoletano – Molto poco secondo me. Appena esce fuori una piccola storia che riflette la società italiana come I cento passi e ne fanno un film, è quasi sempre un bel film. Di questo abbiamo bisogno”. E infine, con il realismo del manager ormai di casa a Los Angeles, De Laurentiis azzarda una seconda via da percorrere per un cinema “made in Italy” rivolto al mercato remunerativo televisivo e delle videocassette: “Con la possibilità di realizzare delle storie internazionali in lingua inglese e con attori internazionali, il cinema italiano può tornare in auge come una volta, perché talento, fantasia e genialità non mancano”.
E proprio alla scoperta di talenti emergenti va il settimanale l’Espresso con il ritratto del trentenne costumista Alessandro Lai, allievo dei grandi maestri Piero Tosi, Gabriella Pescucci e Maurizio Millenotti, nutrito con le immagini dei film di Visconti e di Pasolini, e ora al lavoro con Maria Callas di Franco Zeffirelli e con il remake di Senso di Tinto Brass.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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