L’Italia si allontana dal cinema, riscoprendo teatro, musica classica e concerti anche se il prezzo dei biglietti è lievitato ben più dell’inflazione. Ma anche un paese spaccato a metà, sempre più diviso tra ricchi e poveri, da una parte il Nord esigente e disposto a spendere, dall’altra il Sud con le Isole, dove le sale rimangono vuote perché sempre più persone non possono permetterselo. Luci e ombre il 2018 dello spettacolo che racconta la Siae nel suo Annuario presentato a Roma dal presidente Mogol con il vicepresidente Salvo Nastasi e il dg Gaetano Blandini.
Ma soprattutto, è una grande crisi per il grande schermo, che in un anno perde 8 milioni di biglietti e 40 milioni di incassi, e i film italiani che per la prima volta non entrano neppure nella Top Ten. In compenso, ben tre spettacoli per bambini si affacciano nella blasonata e ricca classifica della lirica.
Al netto della debacle del cinema, fanno notare nell’introduzione Mogol e Blandini, i conti tornano un po’ per tutti, con la spesa al botteghino che sale del 5,90% rispetto al 2017 e la spesa del pubblico che sfoggia un +5,70%. Segno che l’investimento delle famiglie per intrattenimento e cultura, almeno globalmente, non è cambiato.Va bene al teatro, che vive una sorta di riscossa con tutti gli indicatori in su (+2,06% la spesa al botteghino, +2,84% la spesa del pubblico) e ottime performance della prosa, della lirica e del musical.
Va benissimo alla musica, soprattutto quella leggera, che traina un po’ tutto il settore e vive un momento di boom con i concerti live sfoggiando incrementi del 9% degli ingressi, del 16,25% della spesa al botteghino del 15,81% della spesa del pubblico. Non si può lamentare lo sport, dove il calcio la fa da padrone e dove a fronte di una contrazione dell’offerta (-4,21%) gli spettatori rimangono più o meno gli stessi adattandosi a spendere parecchio di più (+7,41% la spesa al botteghino, +15,45% la spesa del pubblico).
A fare paura è la distanza che sembra crescere tra due parti dello stesso Paese, tra nord e sud, ricchi e poveri. Tra chi può spendere per il tempo libero e chi non può. Nella top five delle città, tradizionalmente realizzata nel rapporto Siae, non compare nessun centro sotto Roma. Ci sono Milano, Roma, Torino, Firenze e Bologna. Non c’è Napoli, non ci sono Bari, Cagliari e Palermo. E il capoluogo lombardo straccia tutti, prima per il teatro, la musica, il cinema, lo sport. Se Roma continua a mantenere il primato dell’offerta, con 460 mila eventi (140 mila in più di Milano) la città della Madonnina fa sempre più la parte della capitale economica con 100 milioni di euro in più di spesa al botteghino e quasi 300 milioni in più di spesa del pubblico. E trascina il Nord con gli indicatori economici riccamente in crescita, a fronte di un centro in calo e di un meridione in crisi nera, almeno cinque regioni d’Italia dove in controtendenza rispetto ai dati nazionali aumenta l’offerta di spettacoli ma crollano gli ingressi (-6,65%), la spesa al botteghino (-5,06%), la spesa del pubblico (-2,68%).
Una fotografia che quantomeno dovrebbe far riflettere. Forte di una tradizione lunga ormai 85 anni l’Annuario dello Spettacolo Siae ambisce anche a questo.
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