Quattro italiani e quattro americani, un concorso di opere inattese, sorprendenti e disturbanti, con molti “debuttanti”, ovvero autori mai transitati alla Mostra e molte star da tappeto rosso. Alberto Barbera, all’ultimo anno come direttore, sembra aver messo a punto la formula del suo festival ideale. “Ci vuole tempo per fare un progetto, noi al quarto anno abbiamo le idee chiare, una forte identità che ci rende diversi dagli altri festival dello stesso livello”. Per il presidente della Biennale, Paolo Baratta, “non bisogna dimenticare la competizione crescente tra i numerosi festival e tra questi e le altre forme di promozione”.
E’ fluviale il direttore nel presentare il palinsesto della 72ma Mostra, che si terrà com’è noto dal 2 al 12 settembre. Vediamo di percorrerlo attraverso alcune parole chiave. Per la lista dei titoli in concorso si rimanda a questo link. Per il Fuori Concorso ecco il collegamento.
Italiani. “Ci sono quattro film italiani in concorso, negli anni scorsi erano tre, sono un segnale forte e positivo per il cinema italiano, perché sono quattro bei film e per questo li abbiamo voluti. Ma bisogna stare attenti a non illuderci, non vuol dire che lo stato del cinema italiano sia ottimo. Nel cinema italiano ci sono luci ed ombre e temo che le ombre siano più delle luci. Ci troviamo in un momento non felice. Si producono troppi film, il doppio di due anni fa ma con le stesse risorse. Chi ne fa le spese è la qualità che è l’unica cosa che conta”.
Mercato. “La Mostra non si pone contro il mercato né si adagia sulle aspettative del mercato. Spesso ci sono polemiche, si parla di film premiati che hanno poi poche chance in sala o di grandi film che vengono ignorati dalle giurie. Venezia attraversa la complessità del cinema contemporaneo e fa delle scelte: vedremo film hollywoodiani e opere prime, registi sconosciuti e autori famosi, cinematografie poco conosciute e paesi forti. C’è di tutto. E’ un programma molto vario, con piccoli film sperimentali, documentari, film d’autore, filmoni hollywoodiani”.
Numeri. Ci sono 55 titoli, scelti su un totale di 3.193 opere visionate dalla commissione. I film in concorso sono 21, quelli fuori concorso 16, in Orizzonti sono 18. 16 registi partecipano per la prima volta al concorso (tra questi Atom Egoyan, Charlie Kaufman, Pablo Trapero, Luca Guadagnino), tre sono le opere prime (Duke Johnson, Piero Messina, Lorenzo Vigas), 1 film di animazione (Anomalisa di Charlie Kaufman e Duke Johnson), 1 documentario (Behemoth di Zhao Liang), tre registi vincitori del Leone d’oro (Tsai Ming-liang, Aleksandr Sokurov, Rodrigo Plà per l’opera prima), due registi premio Oscar (Tom Hooper, Charlie Kaufman).
Usa. Sono 4 i film americani e diversissimi: c’è la poesia di Laurie Anderson nel film dedicato al compagno Lou Reed (Heart of a Dog), l’animazione a passo uno dello sceneggiatore Charlie Kaufman per un’opera che non farei vedere a un ragazzino sotto i 14 anni, non perché contenga scene di sesso o violenza ma per i toni con cui parla della crisi di un uomo di mezza età. Poi c’è Cary Fukunaga, il regista di True Detective, con Beasts of No Nation, film disturbante sui bambini guerrieri in un paese africano, infine Drake Doremus, un giovane regista già vincitore del Sundance, che esce completamente dagli schemi con Equals. Attesissimo, fuori concorso, il docu di Martin Scorsese, The Audition, un divertissement di 16 minuti commissionato da due Casinò asiatici, con un cast straordinario: Leonardo Di Caprio, Robert De Niro e Brad Pitt, “se verrà anche uno solo di loro siamo a posto”.
Temi forti. L’unica tendenza rintracciabile è la forte presenza di film che prendono spunto da fatti reali, storici o di cronaca. Capita in The Danish Girl, il film di Tom Hooper in concorso, con Eddie Redmayne protagonista. Amos Gitai racconta l’omidicio di Rabin. Black Mass di Scott Cooper, con Johnny Depp, si ispira alla vicenda di un criminale di Boston diventato il principale informatore dell’FBI, Spotlight di Thomas McCarthy all’inchiesta sulla pedofilia nella chiesa di Boston. E poi, naturalmente, i tanti documentari di grandi autori come Frederick Wiseman sulla zona dei Queens a New York o quello di Gianfranco Pannone, prodotto dalla tv vaticana, sulla vita delle guardie svizzere o il doc dell’ucraino Sergei Loznitsa, prodotto e distribuito da Netflix. O ancora Human di Yann Arthus-Bertrand che sarà proiettato in contemporanea a Venezia e alle Nazioni Unite il 12 settembre.
Orizzonti. È l’altro concorso, non è che la serie b. Qui trovate le cose più inaspettate. Ci sono due film italiani, ma non quelli che molti si aspettavano, sono i film di Renato De Maria Italian Gangsters e l’opera prima di Alberto Caviglia, assistente di Ozpetek, che ha realizzato un mockumentary. Ci saranno anche 18 pillole dell’archivio dell’Istituto Luce dedicate ai centenari di personaggi del cinema e dell’arte. Per il programma di Orizzonti clicca qui.
Pubblico. Venezia non ha mai sottovalutato il pubblico, è un festival aperto a tutti e non esclusivo. Quest’anno ci sono tante star, ma non è stata una scelta a tavolino, non ho preso certi film per avere un bel tappeto rosso ma perché sono grandi film. E poi c’è la novità degli incontri del Giardino del Casinò, aperti a tutti gli spettatori.
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