“Nella storia del divenire dell’Umanità, ci sono passaggi strani, spesso importanti e memorabili. In essi, contemporaneamente, prende un senso ciò che era avvenuto prima e si forma quello che succederà dopo. Sono ‘attimi’ magici, perché rompono la banale catena causale e temporale che tanto amiamo, rivelando la profondità della Storia”
Con queste parole si apre 1945. L’anno che non c’è, film doc di Beppe Attene, prodotto da Istituto Luce Cinecittà (con immagini di repertorio dell’Archivio Luce) che racconta un momento storico particolare e memorabile, a 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dalla Liberazione dell’Italia, e a 70 anni dalla nascita di un nuovo Paese. I testi, letti dalle voci intense di Massimo Ranieri e Ludovica Sistopaoli, ci aiutano a rileggere i termini-chiave della nostra Storia recente, attraverso le parole di alcuni suoi imprescindibili protagonisti: politici, intellettuali, militari, combattenti, ma anche gente comune. Ma in generale, molti sono gli autori che aiutano, con le loro riflessioni, a comprenderne il significato, e non necessariamente provengono dallo scorso secolo. Nel film gli spunti arrivano da molti pensatori illustri: da Giano Accame a Corrado Alvaro, Jean Améry, Armando Amprino, Tina Anselmi, passando per Winston Churchill, Vittorio Foa, Giovanni Gentile, Giacomo Leopardi, Primo Levi e Alberto Moravia, solo per citarne alcuni.
Che cosa davvero è stato il 1945 per chi lo ha vissuto? Con la guerra formalmente terminata ma ancora mille difficoltà da affrontare e gestire? Quali i dubbi di chi, pur trovandosi sul carro dei vincitori, doveva ricostruire un paese diviso a metà, e di chi invece improvvisamente si era trovato dalla parte dei vinti senza aver avuto nemmeno il tempo di capirne il motivo ? E che cosa di quell’anno è rimasto nella realtà moderna, come la condiziona?
“Quando penso al 1945 – spiega Attene – cosa che ho fatto spesso in questi ultimi mesi, lo immagino come “La scuola di Atene” di Raffaello. Filosofi e pensatori che hanno fondato il nostro mondo, conversano e si guardano indifferenti al fatto che spesso li separano diversi secoli… Così mi appare anche quell’anno cruciale. Un momento in cui i fattori e i valori su cui (nel bene e nel male) si basa anche l’Italia attuale stanno tutti in campo, contemporaneamente. Al centro giganteggia, nelle parole di Salvatore Satta, la morte della Patria che in quel momento nessuno sembra voler rappresentare. Attorno gli esseri umani, i soldati, le donne, gli operai, i fascisti, i partigiani: tutti con un ideale provvisorio, immediato ma mai volgare. Destinato spesso ad essere sconfitto o deluso, ma mai degno di disprezzo. Per questo ho scelto di non avere un testo originale, mio. Ho preferito (e difendo questa scelta) un gran numero di testi, spesso di grandi intellettuali e altrettanto spesso di persone comuni. A tutti ho chiesto di rappresentare un frammento di quell’affresco che ancora ci parla. Nella Storia nulla va perduto, come nella vita. Ma il ricordo, come la dimenticanza, deforma spesso le cose che prendono sapori falsati e falsanti. Gli uomini stupiscono di quel che appare improvvisamente come nuovo e non prevedibile. I fatti drammatici e impietosi degli ultimi mesi, con l’attonito imbarazzo o le reazioni strumentali che li accolgono, sono la ennesima dimostrazione di questo. Nel film non ci sono né ipotesi storiografiche né rivelazioni clamorose. La speranza è che l’unione di brevi testi, tutti considerati importanti, e immagini tratte dall’Archivio Luce possa far balzare nel cuore dello spettatore una inaspettata evidenza. Se, tra i tanti temi proposti, anche uno solo parlasse ancor oggi a chi guarda il film ed egli dicesse “Ah, ecco” riconoscendosi in quel passato che non è mai morto e vi trovasse delle radici credute perse, ci sarebbe già da essere contenti ed anche un poco orgogliosi”.
Il film viene presentato alla Casa del Cinema di Roma da Giuliano Amato, presidente del Consiglio dei ministri dal 1992 al 1993 e dal 2000 al 2001.
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