I RICORDI DI CLAUDIA


“Io avrei dovuto fare la maestra. Però a Tunisi, dove abitavo con la mia famiglia, un giorno ero stata eletta miss e avevo vinto un viaggio premio in Italia. Così ero andata a Venezia, lì mi aveva notata della gente del cinema e per due mesi avevo frequentato il Centro Sperimentale ma senza molto interesse.
Fu a Tunisi che aprendo la radio sentii che per un film la Vides aveva scritturato una giovane attrice tunisina. Ero io! Insomma, sono tornata a Roma e ho fatto il provino per un contratto di sette anni di esclusiva con la Vides. Ero minorenne e dovetti chiedere l’approvazione di mio padre.
Il contratto Vides era di quelli all’americana, come si faceva allora, una specie di libro con tante clausole, le più diverse: sul compenso, sull’aspetto fisico, sul peso, su quello che uno poteva o non poteva fare. Praticamente dava alcune garanzie di sopravvivenza ma imponeva di mettersi nelle loro mani. Per esempio una delle clausole specificava che non avrei potuto tagliarmi i capelli senza aver chiesto in precedenza la loro autorizzazione…
Fellini mi fece usare per la prima volta la mia voce sullo schermo. Ricordo che prima dell’inizio della lavorazione mi telefonava e mi conduceva in campagna dove mi parlava a lungo e mi faceva parlare di questo personaggio. Io non capivo il perché di tutti questi incontri, l’ho capito dopo, quando abbiamo cominciato a girare, perché lui mi aveva messo in bocca tante cose che praticamente mi erano uscite fuori durante quelle conversazioni…
La ragazza di Bube fu il secondo film in cui parlai con la mia voce. Il primo era stato 8 e mezzo. Fino ad allora ero sempre stata doppiata, un po’ perché avevo un accento marcatamente francese, un po’ perché ho una voce particolare che i registi non trovano giusta. Io ci tenevo moltissimo a esprimermi da sola e Comencini lo capì, ebbe pazienza, e difatti, anche se lavoravamo moltissimo al doppiaggio, alla fine ci riuscimmo…
Per Il bell’Antonio lavorammo a Catania. Io in Sicilia mi ritrovavo nel mio elemento perché sono siciliana d’origine, capivo benissimo il dialetto che avevo sempre sentito parlare dai nonni in Africa durante la mia infanzia. Insomma la Sicilia è la mia seconda patria, lì ritrovo le mie radici, la mia identità. La dignità della gente è anche molto africana. E’ per questo che in tantissimi film ho fatto la donna meridionale…”

da “L’avventurosa storia del cinema italiano” a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi, Feltrinelli editore

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01 Febbraio 2002

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