“Nei miei film mi sono spesso occupato dei perdenti, di coloro che sono ai margini della società. Mi piace parlare di quanti non trovano un posto nella vita e nel mondo”, così si racconta alla stampa il regista polacco Jerzy Skolimowski che stasera in Sala Grande riceverà il Leone d’oro alla carriera. “Anch’io nella mia esistenza sono stato un migrante – aggiunge – ho cercato spesso un nuovo posto dove vivere. Prima di respingerli, dovremmo conoscere i migranti perché la nostra opinione non può essere basata sul pregiudizio. Vanno guardati con empatia, e devono diventare uno dei temi principali dei prossimi film”.
Sul palco con lui stasera l’attore Jeremy Irons, protagonista di Moonlighting, con il quale l’autore vinse il Premio per la sceneggiatura a Cannes 1982. Ovviamente ci sarà anche il direttore Alberto Barbera che lo ringrazia per avergli insegnato in passato a bere la tequila, quando guidava il Festival di Torino, e per avergli fatto conoscere Michael Cimino. “Jerzy ha realizzato film straordinari nel corso di una vita apolide, fatta di viaggi, attraversamenti di luoghi e cinematografie diverse: dalla Polonia al Belgio, dall’Inghilterra agli Stati Uniti.
Un autore originale, capace di rinnovarsi, la cui grandezza non era stata ancora riconosciuta appieno”, aggiunge Barbera. Il Leone alla carriera rappresenta così una sorta di risarcimento. “Dovrò allora dimostrare in futuro che me lo sono meritato, ci sono varie persone che devo convincere”, commenta ironico il 78enne regista che vanta una carriera lunga oltre 50 anni, con 17 lungometraggi diretti, ma che è anche attore, perfino nel blockbuster The Avengers, e poeta.
Prima di debuttare nella regia, è tra gli sceneggiatori de Il coltello nell’acqua di Roman Polanski, e il suo esordio avviene nel 1965 con Walk Over che, insieme con Rysopis (1965) e Barriera (1966), costituisce una trilogia dirompente per il cinema dell’Europa dell’Est. “Negli anni ’60 e ’70 sotto il regime comunista cercavamo di gabbare la censura ricorrendo a un linguaggio fatto di metafore e simboli. L’aspetto creativo era in fondo stimolato dalla presenza della censura, ma alla fine sono stato costretto a lasciare la Polonia”. Per fortuna la situazione è cambiata e il cinema polacco contemporaneo vive una buona stagione ed è presente in molti festival, conquistando premi come quest’anno a Locarno e Berlino.
I suoi film successivi alla trilogia sono il simbolo di un cinema anticonformista e innovatore: Il vergine (Orso d’oro a Berlino 1967), La ragazza del bagno pubblico, L’australiano (Grand Prix a Cannes 1978), Moonlight (Migliore sceneggiatura a Cannes 1982). Dopo una pausa da regista durata 17 anni nel 2008 torna in Polonia dove firma i suoi film più recenti che testimoniano una costante capacità di rinnovarsi: Quattro notti con Anna, Essential Killing e 11 minuti (in concorso a Venezia 2015). Quattro le volte in concorso al Lido dove nel 1985 vinse il Premio speciale della giuria con The Lightship, riconoscimento conquistato di nuovo nel 2010 con Essential Killing, premiato anche con la Coppa Volpi al protagonista Vincent Gallo.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"