CANNES – Un perdente puro, perseguitato dalla sorte e dalla sua goffaggine esistenziale, ridotto a vivere come un barbone elemosinando qualche dollaro o un divano dove dormire, insultato a morte dall’ennesima ragazza che ha messo incinta. Un po’ come accadeva in A serious man, Llewyn Davis è una versione surreale di Giobbe. Cantante folk di estrazione operaia, nella New York del 1961 si fa ospitare da amici o semplici sconosciuti, vive perennemente senza un cent in tasca, con le scarpe bagnate e le mani gelate. Suonava in duo, ma il suo socio si è buttato da un ponte. Suo padre, ex marinaio, è ormai catatonico e sua sorella non sopporta il suo disordine esistenziale e gli butta tutti i pochi effetti personali, compreso il libretto di lavoro. Riesce anche a far scappare il gatto Ulisse (riferimento a Joyce o all’Odissea?) di una coppia di amici, due ridicoli intellettuali attempati che lo invitano a cena per poi esibirlo ai loro conoscenti radical chic. In breve è uno sfigato. Anche se ha (o crede di avere) più talento di tutti gli altri messi insieme e basterebbe un soffio – magari un discografico bendisposto o un critico musicale in vena – per invertire il corso del destino… ma quel soffio non arriva.
I Coen tornano in concorso a Cannes con Inside Llewyn Davis, falsa biografia dove c’è molto di vero. A partire dal ritratto del Greenwich Village alla fine degli anni ’50, la scena musicale in cui anche Bob Dylan – che arrivò a New York appunto nel ’61 – è maturato artisticamente. In effetti la storia di Llewyn Davis – nome gallese ma personaggio autenticamente ebraico – è una sorta di omaggio a Dylan, originario come loro del Minnesota. Ma i due fratelli americani, pur ammettendo di aver fatto un film praticamente senza trama, non sono andati a braccio: si sono ispirati alla vita del chitarrista e cantautore folk Dave Van Ronk morto nel 2002, lasciando incompiuta (l’ha terminata poi il giornalista Elijah Wald) la sua autobiografia intitolata The Major of MacDougal Street. Van Ronk è stato amico di Robert Zimmerman e ispiratore di Phil Ochs, Ramblin’ Jack Elliott e Joni Mitchell.
E’ quasi un film musicale (e infatti la colonna sonora avrà due versioni, una registrata in studio e l’altra live), Inside Llewyn Davis, dove al sarcasmo agghiacciante nella descrizione di certi tic del mondo folk-pop, specie quello irlandese, fa da contraltare l’amore dei Coen per i brani di Dave Van Ronk. Ed è T. Bone Burnett, musicista che ha suonato con Bob Dylan nella tournée Rolling Thunder Revue, il supervisore dello score. T. Bone aveva già lavorato con i Coen, curando le musiche di Fratello dove sei? altro film decisamente apparentato a questo. Molto applaudito e quasi certamente in corsa per un premio importante: potrebbero replicare la Palma vinta nel ’91 con Barton Fink?
Conferenza stampa senza capo né coda (si parla a lungo dei sei gatti che si sono avvicendati sul set), come capita sempre con i due autori americani. Comunque Ethan e Joel sottolineano l’importanza del cast, “specialmente in un film in cui gli attori devono saper suonare e cantare”. Joel aggiunge: “Avevo sentito Carey Mulligan cantare New York New York in Shame di Steve McQueen, non c’è stato bisogno di farle un provino… Comunque ci piaceva l’idea di farle interpretare un personaggio dalla lingua tagliente. Quando scegliamo gli attori spesso vogliamo tirare fuori da loro qualcosa che spiazzi il pubblico, qualcosa che sanno fare ma che non hanno ancora fatto”. E se Carey (in versione bruna e aggressiva) è Jean, in coppia sul palco e nella vita con Jim (Justin Timberlake), il bravissimo Oscar Isaac (The Bourne Legacy) è Llewyn Davis, Garrett Hedlund (il Dean Moriarty di On the Road) è il silenzioso autista con cui il protagonista condivide un apocalittico viaggio verso Chicago sotto la pioggia battente insieme a un jazzista eroinomane e obeso (John Goodman), F. Murray Abraham è l’impresario di Chicago che, ovviamente, non lo scritturerà. Prodotto dai francesi, in Italia il film uscirà con la Lucky Red.
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