Un progetto folle all’insegna del rock, messo su nel 2015 da un geologo marino appassionato di rock che non aveva mai organizzato un evento prima. Una scommessa assoluta, per convincere la celebre band americana dei Foo Fighters – capeggiata da Dave Grohl, ex batterista dei Nirvana – a suonare a Cesena, in un minuscolo palazzetto dello sport.
“Come si fa?”, si chiede Fabio Zaffagnini insieme al gruppo di amici coinvolti. Era chiaro che ci voleva qualcosa di esorbitante, grandioso, mai tentato prima da nessuno. Un’offerta che la rockstar non poteva rifiutare. E allora nasce Rockin’ 1000.
Idea di base semplice: raccogliere 1000 musicisti competenti – cantanti, chitarristi, batteristi e bassisti -in un prato per suonare all’unisono il brano più famoso della band, ‘Learn to Fly’. Ma realizzarla è tutt’altra cosa. A partire dalla comunicazione, passando per le selezioni e poi i problemi tecnici. Come creare un suono compatto, come portarli a suonare veramente all’unisono, come limitare l’ego di ciascuno perché tutti suonassero solo le note veramente necessarie, per creare un video poi diventato virale in poche ora, che oggi conta 54 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo.
L’emozionante documentario We are the Thousand – L’incredibile storia di Rockin’ 1000, scritto e diretto da Anita Rivaroli (gli altri coinvolti sono Cisko Ridolfi, Claudia Spadoni, Mariagrazia Canu, Martina Pieri) distribuito da I Wonder Pictures dal 25 al 28 ottobre e in passaggio alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Riflessi, racconta l’esperienza per filo e per segno, riuscendo a riportare allo spettatore l’unicità del momento e le emozioni in maniera esemplare.
“Chi mai aveva raggruppato mille persone in un campo e le aveva fatte suonare simultaneamente? – dice Rivaroli – Nessuno! Ecco, allora dovevamo farlo noi. Fabio mi ha quindi proposto di occuparmi di tutta la parte audiovisiva dell’operazione. A dire la verità, questa follia mi entusiasmava, così mi sono buttata a capofitto nel progetto. Sentivo che quella pazzia sarebbe comunque rimasta una grande storia da raccontare ai miei nipoti, anche nell’eventualità che avessimo fallito, e così ho iniziato a documentarla. Giorno per giorno, senza sapere dove ci avrebbe portato. All’inizio non c’erano soldi. Spesso avevo solo il mio iPhone con cui documentare. Filmavamo con una Canon 5D i nostri primi incontri, le riunioni, ore e ore di discussioni su come organizzare un evento tecnicamente molto complesso. Il materiale dei primi mesi è quindi materiale inedito, scomposto, eterogeneo. E dopo la situazione si è complicata in maniera sorprendente: il video ha fatto il giro del mondo, è diventato virale e tutti i Media hanno iniziato a parlare dell’impresa dei Mille. Solo in quel momento mi sono resa conto davvero che quella storia doveva diventare un film. Quando si racconta una storia in divenire, e tu la osservi, e la filmi mentre succede, non sai dove arriverà e dove ti porterà. Quando i Foo Fighters hanno visto il video-tributo che gli avevamo fatto, hanno accettato di venire a tenere un concerto solo per i Rockin’1000: eccomi servita. Mi trovavo di fronte all’happy ending perfetto”.
Rockin’ 1000 è un progetto che va tuttora avanti: “L a notte stessa del concerto “privato” che i Foo Fighters ci hanno Regalato – racconta ancora Vivaroli – ho capito che non dovevo fermarmi. La storia dei Rockin’1000 era appena incominciata… loro, infatti, dopo quell’esperienza si sono sentiti parte di una vera band e volevano suonare ancora! Questo mi ha spinto a conoscere uno ad uno i musicisti: persone che non si conoscevano tra di loro, ma che si erano rese disponibili a viaggiare per diverse centinaia di chilometri pur di raggiungere il luogo dell’evento e suonare assieme. Ho incontrato ragazzi giovanissimi, musicisti di strada, cantanti liriche, punk, metallari, bluesman professionisti: una varietà di profili molto diversi per età, genere e vocazione. Ho ascoltato le loro storie personali e ho cercato di creare un racconto corale che si concentrasse sul potere della musica e sulla devozione che è in grado di generare. La sfida più grande è stata riuscire a distillare l’essenziale di un sentimento collettivo che partendo da un campo d’erba di una piccola cittadina di provincia è riuscito a dare vita ad un progetto ambizioso, quello della rock band più numerosa del pianeta. Il film è un inno d’amore al potere liberatorio della musica. Il brivido che provocano 250 batterie che suonano perfettamente a sync è qualcosa di molto simile alla vertigine. Una vertigine positiva e benefica. Da provare almeno una volta nella vita”.
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