VENEZIA – 17 dicembre 2012. Il signor Hugo (Grégory Gadebois) rientra a casa e la gendarmerie francese sta ispezionando la sua abitazione. Sua moglie, Maureen Kearney (Isabelle Huppert) è stata aggredita di spalle, mentre si truccava allo specchio del suo bagno: è stata incappucciata, seduta su una sedia, bloccata con scotch a piedi e mani: poi una A le è stata incisa sul ventre e la lama di un coltello infilata nella vagina. Ma Maureen è viva, è viva nella storia sul grande schermo ed è viva anche nella realtà, perché quella de La Syndacaliste – film in Concorso nella sezione Orizzonti – è una vicenda tratta dall’omonimo libro della giornalista Caroline Michel-Aguirre, un caso francese che ha a che fare con la politica, il potere maschile, il nucleare, oltre che con il sospetto, la giustizia e la dignità dell’essere umano.
Maureen è la rappresentante sindacale della centrale nucleare di una multinazionale francese, Areva: la donna raccoglie l’informazione segreta di accordi non ufficiali connessi al settore nucleare, questione che chiama in causa anche la Cina e, per lei, anche sinonimo della necessità di tutelare 50.000 posti di lavoro. Il film è anche “un dibattito che riguarda il futuro energetico francese, e non solo. Io volevo far conoscere questa vicenda al grande pubblico. Sullo sfondo resta la storia di una donna, il suo ritratto, che ci interessava far vedere. Il motivo per cui questo fatto di cronaca saliente è poco noto in Francia è perché né la Destra né la Sinistra avevamo interesse a farlo conoscere. I segreti di Stato sono spesso strumenti per attaccare l’avversario: tutti hanno una responsabilità per questo, nella volontà di non far emergere nulla. In Francia, è un caso noto agli specialisti ma non al grande pubblico, e spero che con il cinema il calvario di questa donna possa essere conosciuto da tutti”, dice il regista, Jean-Paul Salomé.
Le elezioni francesi sono imminenti e così il destino dell’attuale CEO di Areva – Anna (Marina Foïs) – è certo: al suo posto nominato Luc Oursel, a cui lo spirito volitivo e sincero di Maureen non piacciono, tanto da raggiungere episodi di nervosismo pubblico, come il tirarle contro una sedia durante una riunione collettiva. Nel frattempo, al cambiamento dirigenziale e politico assoluto, corrisponde, appunto, la consegna a Maureen – da parte di un informatore – di un protocollo di accordo riservato, tra EDF e la Cina, per smantellare Areva e stabilire un futuro nucleare francese differente dall’attuale. “Se lo divulga, non gliela perdoneranno”, le dice Anna, con cui la sindacalista ha mantenuto un rapporto di cordiale contatto, dopo che la ex-CEO è stata rimossa. “Le è stato fatto capire che non apparteneva al mondo maschile e di potere a cui si rivolgeva, di quelli formati nelle grandes écoles e università elitarie; lei era una donna e apparteneva al popolo, ma lei era una minaccia e glielo è stato fatto capire…”, precisa il regista della persona/personaggio Maureen.
La vita quotidiana della donna – nel film “a immagine e somiglianza” dell’omologa reale – si complica e si rende tesa e misteriosa, non solo per la “questione cinese” ma con telefonate anonime di minaccia o silenziose, e una serie di piccoli ma non secondari dettagli che concorrono a far crescere il clima d’inquietudine intorno alla sua esistenza, ma lei – “lady di ferro”, a suo modo – continua imperterrita, secondo il suo credo etico, professionale, la sua forza di spirito e senza subire il timore dell’intimidazione.
Quella della ricerca della somiglianza assoluta con la vera Maureen a Isabelle Huppert è cosa che: “Mi è piaciuto fare. È stata una trasformazione radicale: non sono bionda, non porto gli occhiali, ma ho cercato di far sì che grazie al talento del regista, della truccatrice, della parrucchiera, potesse essere possibile far passare questa persona diversa da me. Gli occhiali, in particolare – che nel film indossa sempre e di varie sfumature differenti, come il rossetto rosso – sono uno strumento interessante, perché permettono di mettere distanza, mistero e rendere poco visibili cose già poco visibili”. Infatti, come conferma Salomé: “si è lavorato molto sul fisico affinché assomigliasse il più possibile alla vera Maureen: sono quasi gemelle. Gli orecchini, i completi, tutto quello per lei era un’armatura per confrontarsi con uomini potenti e relazionarsi nei rapporti di forza. Il lavoro su questi accessori ha aperto tutte le porte, ci ha permesso che Isabelle arrivasse a essere Maureen: non era iniziata così la lavorazione, ma man mano ci siamo resi conto che il giusto mezzo fosse di avvicinarsi alla realtà il più possibile” e la vera Maureen “l’abbiamo incontrata, così come la giornalista de ‘L’Observateur’ – Caroline Michel-Aguirre –, autrice del libro che ha ispirato il film, che è una cronaca. Maureen non è descritta in modo romanzesco, e lì ci sono anche zone per noi oscure: abbiamo deciso di fare una costruzione intorno alla persona raccontata nel libro, facendo uscire il fatto che non sia ‘liscia’ ma un po’ spigolosa, cosa che crea dei dubbi, ci interroga. Ieri – 1 settembre 2022 – a Parigi abbiamo visto il film insieme a loro due: erano felicissime perché abbiamo rispettato fedelmente la cronaca e saputo scavalcare certe ambiguità, seppur particolarmente interessanti. Hanno trovato il film potente”.
“Ho deciso di fare un film ispirato a una storia vera, che però va verso un immaginario. Il cinema prende il sopravvento sulla realtà e il sospetto, il dubbio, diventano recitazione, altrimenti avremmo fatto un doc. Interessante è la parte di finzione intorno ai personaggi: il mio diventa il ricettacolo delle reazioni di chi la circonda. Il cinema è illusione, se no non faremmo film ma documentari, appunto”, precisa Huppert.
La Maureen del film, come prima di lei quella reale, da vittima, non solo di manipolazione e attacco professionale, quanto anzitutto personale, dello stupro fisico, quindi morale della donna, rimane sempre – nonostante tutto – una signora distinta, formale, lucida, un allure proprio che però, in quella circostanza, l’ha esposta a passare dalla parte del torto: lei viene accusata di aver messo in scena tutto, lama in vagina compresa; per lei è stato un susseguirsi di interrogatori giudiziari, visite ginecologiche ripetute, domande sospettose della polizia, esami medici invasivi, tutte “intrusioni” a cui non si è mai sottratta. “Non so come possa reagire una donna stuprata, sicuramente ci sono modalità differenti. Nel film aleggia un clima di sospetto, è una dimensione interessante: da attrice mi sono impegnata a renderlo credibile. Noi non eravamo né a favore, né volevamo sminuire – spiega Isabelle Huppert – e lei, quello che fa, è combattere perché è stata profondamente ferita, anche dal clima di sospetto, dimostrando di essere coraggiosa e avere dignità. La sua reazione, la sua ‘freddezza’, era nella sua natura: il clima di sospetto arriva forse per l’impassibilità che lei ha creato, ma che le apparteneva naturalmente. Subito dopo lo stupro, si mette il rossetto: può sembrare strano, ma credo sia (stato) un gesto di sopravvivenza“.
La vicenda di Maureen Kearney – tra la sua ammissione d’essersi inventata tutto prima, e la decisione, poi, di far ricorso in Appello a seguito della condanna a cinque anni, e nel frattempo lo smantellamento di Areva e tutte le conseguenti “opportunità cinesi” connesse al nucleare in Francia – termina con l’assoluzione, il 7 novembre 2019.
Il film esce prossimamente distribuito da I Wonder Pictures.
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