‘Hostages’ e i terroristi che amavano i Beatles

Rezo Gigineishvili ha presentato 'Hostages' alla Festa di Roma, il film ispirato all'attentato terroristico che sconvolse l'opinione pubblica georgiana nel 1983


“Cosa significa ‘libertà’ e qual è il prezzo che siamo disposti a pagare per ottenerla?”
È la domanda che si è posto il regista georgiano Rezo Gigineishvili, nell’avvicinarsi agli eventi narrati nel suo film Hostages, tratto da una storia di cronaca nazionale.
Siamo nel 1983 e la Georgia fa ancora parte dell’orbita sovietica, nonostante gli scricchiolii dell’Unione che ne porteranno allo scioglimento alcuni anni dopo.
Un gruppo di giovani artisti e studenti di medicina, figli dell’élite della capitale Tbilisi, affascinati dall’Occidente, dai suoi valori libertari e dalle sue icone pop, i jeans, le sigarette Camel, i Beatles e Jimi Hendrix, organizzano un attentato su un aereo regionale per espatriare.
Dopo lunghi preparativi – l’acquisto delle pistole, delle sigarette americane, dei biglietti aerei e la festa di matrimonio di Nika (Irakli Kvirikadze) e Ana (Tina Dalakishvili) in pieno stile georgiano – mettono in atto il piano. Grazie all’aiuto inconsapevole di un’amica hostess, si imbarcano, armati, in un volo diretto nella cittadina balneare di Batumi, con l’intenzione di dirottarlo verso la Turchia e valicare i confini nazionali, all’epoca ancora sbarrati.
Ma a causa del maltempo, l’aereo è costretto a tornare all’aeroporto di partenza e la missione si trasforma in una carneficina, in cui perdono la vita alcuni assistenti di volo, un comandante e diversi passeggeri e dirottatori.
Il tentativo fallisce e il governo georgiano prevede per i terroristi punizioni esemplari come la pena di morte, al fine di scoraggiare eventuali tentativi di imitazione. 

“Questa storia è ancora al centro del dibattito del nostro Paese, perché dopo tanti anni nessuno ha mai saputo i motivi di quell’attentato. Tanto che quando mi sono messo a scrivere il film non ho trovato nulla che facesse riferimento ai perché di quell’atto”, ha detto il regista nell’incontro di presentazione del film alla Festa di Roma.
L’episodio, ha raccontato Gigineishvili, è stato condannato all’unanimità dai media nazionali dell’epoca e l’esito tragico della vicenda ha segnato la memoria collettiva dei georgiani, restando impresso anche nell’immaginario delle nuove generazioni (il regista è dell’82).
“Non vi bastava la vita che avevate?”, chiedono di frequente alcuni personaggi del film, in preda all’incomprensione verso il gruppo di giovani criminali: una domanda che riecheggia nel film come uno slogan di propaganda, urlato dalla generazione precedente, assuefatta all’ideologia sovietica, all’epica del regime e al mito di Stalin, georgiano di origine.

Però, avverte il regista, “non è un film di parte, sono tutti vittime e carnefici. Tutti coloro che hanno preso parte a quell’evento sono vittime”, perché, ha spiegato, “bisogna prendere in considerazione sia le ragioni libertarie dei giovani che erano curiosi di vedere cosa ci fosse fuori dall’isola del loro Paese, sia considerare le perdite umane che ci sono state in quel tragico evento”.
“Questo film per me è un’altalena tra la tranquillità e la follia”, ha continuato Gigineishvili e in effetti il ritmo della narrazione è scandito da momenti di segno opposto: alle scene festose del matrimonio si alternano le esercitazioni di tiro con la pistola, i bagni in mare dei promessi sposi lasciano il posto alla tensione dell’organizzazione dell’attentato, i balli della festa fanno da contraltare ai pianti della sposa, in preda ad attacchi di paranoia verso presunti ispettori del KGB. Dopo i successi di botteghino Love with accent e No borders, Gigineishvili torna al cinema con un film personale, scritto insieme a Lasha Bugadze, vincitore del premio Best European Fiction 2013, e girato con Vladislav Opelyants, il direttore della fotografia del maestro del cinema russo Nikita Mikhalkov.
Il film, co-prodotto da Georgia, Russia e Polonia, arriverà nelle sale italiane con la Merlino Distribuzione.

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31 Ottobre 2017

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