Una domenica notte, in uscita il 20 febbraio con Distribuzione indipendente, è una simpatica commedia di Giuseppe Marco Albano, giovane regista lucano, classe 1985, già vincitore dei Corti d’Argento 2012.
Antonio Colucci (Antonio Andrisani), da ragazzo, sognava di diventare un regista horror. Il suo unico lungometraggio esce quando lui ha 26 anni, solo in Germania e per il mercato home-video. Poi il matrimonio, un figlio e la quotidianità lo bloccano nella sua cittadina di provincia. Giunto all’età di 46 anni, Antonio ancora non rinuncia al suo sogno. Si mette così’ alla ricerca dei fondi per realizzare un nuovo film, ma si dovrà rendere conto che a circondarlo è un orrore forse ancora più spaventoso di quello che racconta nei suoi film.
“Dopo Spaghetti Story, che ha debuttato il 19 dicembre ed è ancora in sala – spiega il chief di Distribuzione indipendente Giovanni Costantino, ora crediamo in un nuovo progetto a basso budget. Ci hanno dato dei pazzi, ci hanno detto che le nostre sono imprese epiche, ma la verità è che abbiamo sempre denunciato falle nel sistema culturale e commerciale, e di contro crediamo nella nicchia. Il pubblico che sta salvando il cinema è quello esigente. Abbiamo lanciato Spaghetti Story come cinepanettone alternativo, ma non è un cinepanettone perché non rispecchia quelle logiche produttive. Sia chiaro che noi non crediamo che i film si debbano fare sempre con 15mila euro. Il lavoro va pagato, però di può abbassare la linea di costo dando spazio alle idee che non sempre corrispondono al nome famoso. Passo passo, giorno dopo giorno, iniziando dai circuiti off, abbiamo portato il pubblico nei cineclub e nei cinecircoli, che hanno aumentato il loro guadagno del 20 o 30%. Salette scomode che paiono uscite dai moti carbonari, eppure la gente ci va, se il prodotto è buono e merita”. Il protagonista Andrisani ha collaborato anche alla stesura della sceneggiatura: “Non è una vicenda autobiografica ma chiunque abbia provato a fare questo mestiere, specie in provincia, si ritroverà facilmente in certe dinamiche. Non siamo noi a dover dire se il film è bello o brutto ma quello che possiamo garantire è la sua sincerità, cose che oggi non è ormai più così comune”.
L’opera è prodotta da Camarda Film: “All’inizio – spiega il produttore Paolo Mariano Leone – dato che non mi occupavo di questo settore, avevo preso la possibilità di fare un film come un gioco e una curiosità. Pian piano mi sono reso conto di cosa volesse davvero dire realizzare una pellicola e ho abbellito il progetto facendo lievitare il budget fino a quasi cinque volte quello di partenza, da centomila a cinquecentomila”. “E mi hanno pagato subito – specifica Ernesto Mahieux che ricopre una particina – cosa che invece altri, che stavano girando in Basilicata nello stesso momento, non hanno fatto. Per fortuna ci sono le brave persone anche nel nostro campo. Io d’altro canto devo tutto ai giovani, a Garrone, che ai tempo de L’Imbalsamatore non conosceva nessuno. Mi hanno contattato tramite facebook. Mi è piaciuto il coraggio con cui l’hanno fatto. Avevo un po’ di lavoro (oggi laverei pure i piatti) e ho dovuto fare qualche sacrificio per incastrare gli impegni, ma sono contento di averlo fatto, ci hanno ospitato bene, ho mangiato bene. E avevo il privilegio di essere il più piccolo sul set”, conclude scherzando sulla sua statura.
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