Harry a pezzi


Tempi duri per Harry Potter. Il suo mentore Albus Silente è morto, la guerra che tutti temevano è iniziata e i Mangiamorte del perfido Lord Voldemort hanno preso il controllo del Ministero della Magia e perfino di Hogwarts, terrorizzando e arrestando chiunque osi opporsi. E soprattutto, gli scagnozzi di Voldemort gli sono alle calcagna: Harry, in quanto “prescelto”, deve essere consegnato al Signore Oscuro…vivo. Perché lui e solo lui può riservarsi l’onore e l’onere di farlo fuori.

Inizia così, in medias res, il film che chiude la saga del maghetto – ormai è cresciuto, ma non si può fare a meno di chiamarlo così – più celebre del mondo. Tatto da un libro omonimo – c’è bisogno di specificarlo? – di J.K. Rowling, Harry Potter e i doni della morte ha una trama tanto complessa e corposa da aver richiesto, al cinema, la divisione in due capitoli. Il primo esce il 19 novembre, distribuito naturalmente da Warner, così come il secondo che uscirà a luglio, si vocifera in 3D. Per implementare la stereoscopia in questa porzione, invece, non c’è stato il tempo, anche se dagli USA giurano e spergiurano che prima o poi la versione “in profondità” arriverà.

A visione avvenuta, però, la terza dimensione non pare poi così necessaria: molti i dialoghi e poca l’azione, come del resto avveniva nella controparte letteraria, tanto che i profani – i “babbani”, diremmo, usando un termine tratto dall’universo potteriano – rischiano di perdersi parecchio. E anche tra gli appassionati, ovviamente numerosissimi all’anteprima per la stampa che si è svolta al Cinema The Space Moderno di Roma, c’è stato chi ha storto un po’ il naso, lamentando cambiamenti inutili rispetto al libro, prolissità non richieste e un esagerato flavour da soap opera, con riferimento soprattutto alle schermaglie amorose tra gli “amichetti di sempre” Hermione e Ron e al triangolo della gelosia che si viene a creare con Harry. Forse – dicono i fan – in sede cinematografica si poteva sforbiciare un po’ di più.

Sottotrame sentimentali a parte, l’avventura si concentra sulla ricerca degli Horcrux, oggetti magici che rappresentano la chiave dell’immortalità dell’arcicattivo Voldemort. Trovandoli e distruggendoli, Harry e i suoi amici possono sperare di sconfiggerlo. Saltano fuori però tre manufatti particolari, costruiti dalla Morte in persona – i doni del titolo – tra cui una potentissima bacchetta magica che rischia di finire nelle grinfie del Signore Oscuro. E se accade, sono guai.

Caratteristica fondamentale della saga di Harry Potter è il suo costante evolversi. I detrattori prendono in giro l’interprete Daniel Radcliffe perché a 21 anni ancora veste i panni del piccolo mago, ma lo fanno a sproposito. Con lui, infatti, crescono anche il suo personaggio e il mondo che lo circonda: così, se i primi due film diretti da Chris ColumbusLa pietra filosofale e La camera dei segreti – erano soprattutto spensierato intrattenimento per ragazzi, già con Il prigioniero di Azkaban (probabilmente il migliore della saga, con Alfonso Cuaron dietro al timone) e Il calice di fuoco (di Mike Newell) i toni si fanno più dark e avventurosi, per approdare poi alla fase “adolescenziale” guidata dal regista d’origine televisiva David Yates (L’ordine della Fenice, Il principe mezzosangue e, naturalmente, I doni della morte) che con il suo stile secco e funzionale ha lasciato effettivamente molto spazio al sentimentalismo e alle componenti psicologiche dei piccoli maghi in crescita.

 

Ora Harry diventa adulto e i toni si fanno foschissimi, tanto che si fatica a inserire il film nella categoria “for kids”: ci sono diversi omicidi, scene spaventose, la tragica morte di un personaggio amichevole, scelte drammatiche e potenzialmente traumatiche. Come quando Hermione, per proteggere i suoi genitori, cancella dalla loro memoria i ricordi che hanno di lei. Così commenta la scena la sua interprete Emma Watson: “Hermione sa che stare dalla parte di Harry significa mettere in pericolo i suoi cari, e questo è l’unico modo per proteggerli. E’ doloroso, così perde per sempre mamma e papà. Sono stata colpita dal modo in cui è stata scritta la scena, che nel libro era appena accennata. Ha messo in luce la grandezza del sacrificio che lei compie per il suo amico Harry”.

“E’ stato giusto dare al film un tono più adulto – aggiunge il protagonista Radcliffe – anche perché è difficile vederci come scolaretti quando non lo siamo più”. Secondo Yates, la prima parte de I doni della morte rompe la tradizione, perché allontana i protagonisti dai confini familiari della scuola per maghi di Hogwarts: “Siamo lontani da quell’ambiente dove i ragazzi sono sempre al sicuro, anche quando sono in pericolo. Improvvisamente Harry, Ron e Hermione si trovano a dover sopravvivere nel mondo, un posto grande e cattivo, e soprattutto pericoloso. Si sentono isolati, soli e molto vulnerabili”. “Sono sempre in movimento perché non hanno più una casa – fa eco ancora Watson – Sono sempre in movimento perché sono inseguiti, e non sanno di chi fidarsi”. “Lontano dalla protezione di genitori e insegnati – aggiunge Rupert Grint, interprete di Ron Weansley – può succedere di tutto. Rischiano di essere attaccati in ogni momento e questo dona al film un’energia diversa”.

L’umore era naturalmente a pezzi anche sul set. Per noi, prima di versare nostalgiche lacrimucce, c’è ancora tempo fino all’estate e all’uscita della seconda parte, ma per chi ha vissuto a Hogwarts gli ultimi 10 anni della sua vita, e su quel set ci è in pratica cresciuto, l’avventura è già finita con l’ultimo ciak. Cosa faranno i tre protagonisti, ora che sono indissolubilmente legati ai personaggi con cui il pubblico li ha identificati per così tanto tempo?

Nessun dubbio per Radcliffe, che intende proseguire la carriera di attore. Scritturato per il ruolo da protagonista nel remake di All’Ovest niente di nuovo, sarà anche nel thriller gotico The Woman in Black, nei panni di un giovane avvocato alle prese con un villaggio che nasconde terribili segreti. Produce la Hammer Film, gloriosa casa britannica famosa negli anni 70 per gli horror con Christopher Lee e che da qualche anno ha riaperto i battenti. Più incerto il destino di Emma Watson. Archiviata per il momento l’esperienza da modella come testimonial della Burberry, l’attrice intende dedicarsi allo studio e magari godersi i 30 milioni di sterline guadagnati solo per l’ultimo film della saga. Nel frattempo continua a leggere copioni. “Le sceneggiature hanno tutte dei lieto fine, sono scritte molto male e le stanno inviando ad una studentessa di letteratura inglese”, si è però lamentata. Grint, invece, lo vedremo nella commedia d’azione indipendente Wild Target, di Jonathan Lynn, remake del francese Cible émouvante.

Tutti commossi a Leicester Square, dove l’11 novembre si è tenuta l’anteprima londinese del film. Qualche fremito in più l’ha donato il vestitino di pizzo supersexy della Watson, a conferma, nel caso ce ne fosse bisogno, che non è più di bambini che stiamo parlando. E un briciolo di speranza è arrivato per i fan più accaniti, che proprio non riescono ad accettare che siamo arrivati alla fine. La scrittrice J.K. Rowling, creatrice dell’universo potteriano, pur confermando che, per ora, di sequel, non se ne parla, ha dichiarato sul tappeto rosso: “Magari tra dieci anni”.

Nel nutrito cast del film, oltre ai tre protagonisti, ricordiamo il veterano Alan Rickman, Helena Bonham Carter e Ralph Fiennes, sempre irriconoscibile sotto il trucco del terrifico Voldemort.

autore
16 Novembre 2010

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