Hana Makhmalbaf: essere bambini in Afghanistan


Hana Makhmalbaf - Foto di Giulio GonellaDopo aver vinto il premio speciale della giuria al Festival di San Sebastian, Hana Makhmalbaf arriva alla Festa di Roma dove il suo Buddha Collapsed Out of Shame, è in concorso ad Alice nella Città. Un premio però la regista lo riceve subito: si tratta della menzione speciale del Premio Paolo Ungari-Unicef. “Per il coraggio e la delicatezza con cui viene affrontato il tema della discriminazione esercitata nei confronti delle bambine riguardo l’accesso all’istruzione” è la motivazione con cui il presidente di Unicef Italia Antonio Sclavi ha consegnato il riconoscimento alla giovane regista. La pellicola è anche parte di un progetto tra Alice nella Città e il Dipartimento per le Pari Opportunità che prevede di portare nelle scuole pellicole sensibili a tematiche sociali: “La scuola deve essere il primo luogo in cui insegnare il rispetto dei valori. Spero che questo film faccia crescere bambini più consapevoli e rispettosi”, ha dichiarato il capo del dipartimento Silvia della Monica. “Siamo lieti di avere Hana Makhmalbaf come nostra testimonial per i diritti umani”. E la regista ha prontamente dedicato il premio a tutti i bambini innocenti che soffrono per gli abusi di potere che continuano ad essere perpetuati nel mondo.

Buddha Collapsed Out of Shame segue il percorso di Bakhtay, bambina afghana ostinata e intraprendente che vive in un villaggio rurale e che ha deciso di andare a scuola. Sul suo cammino incontrerà però un gruppo di bambini che giocano alla guerra e che cercano in ogni modo di ostacolarle il passo. Ambientato in Bamian (Afghanistan) sullo sfondo delle rovine della statua del Buddha distrutta dai talebani nel 2001, il film si apre e chiude proprio con le immagini di repertorio di tale scempio. Ne parliamo con la regista che con il suo primo lungometraggio prosegue la tradizione cinematografica di famiglia: il padre è il grande Mohsen Makhmalbaf e sua sorella è Samira.

Qual è il tema che la pellicola vuole affrontare?
Vuole mostrare gli effetti della guerra e della violenza sulle giovani generazioni. L’Afghanistan vive da anni in un circolo di violenza in cui gruppi diversi si sono avvicendati ma continuando a perpetuare le medesime dinamiche di distruzione. Prima il comunismo russo, poi i talebani e ora gli americani hanno prima di tutto distrutto la loro cultura con la scusa di liberarli dalla dominazione precedente.
I bambini giocano alla guerra perché sono naturalmente portati a imitare gli adulti e la realtà che li circonda, è questa realtà è fatta di sola violenza. A differenza dei loro coetanei americani che apprendono scene violente dalla televisione questi bambini le vivono direttamente, è la loro realtà. Alcuni di loro sono stati costretti ad assistere a scene atroci come la decapitazione del proprio genitore nel cortile di casa e ora non possono fare altro che ripetere, come succede in una scena del film: “Da grande ti ammazzerò!”

Perché ha voluto parlare della violenza in Afghanistan e non ha scelto di denunciare la situazione attuale dell’Iran, suo paese d’origine?
Anche se le riprese sono stare realizzate in Bamian la violenza di cui parlo non è specifica dell’Afghanistan ma si riferisce a tutta questa parte del mondo attualmente attraversata da vicende terribili. Mi piacerebbe parlare dell’Iran ma ancora non è ancora un buon momento. Avevo presentato il mio progetto in Iran ma è stato fermo in commissione mesi e mesi e non ho mai ottenuto i permessi per iniziare le riprese.

Nella scena finale la bambina catturata nuovamente dal gruppo di ragazzi che giocano alla guerra è costretta a fingere di morire, qual è il significato di questa scena?
La bimba che con caparbietà e leggerezza per tutto il film ha cercato di sottrarsi alla violenza, svela alla fine che per sfuggire a questo circolo di orrore di cui suo malgrado fa parte non ha altra scelta che morire, anche se solo per un attimo. “Muori e sarai libera”, le grida l’amico. E le scene di repertorio sulla distruzione dei Buddha messe a chiusura sottolineano ancor di più la crudele stupidità della violenza.

Ha paura di ritorsioni per la tematica di denuncia che scelto di affrontare?
Mi sto abituando a questo pericolo. Mentre lavoravo al documentario sull’attuale situazione delle donne a Kabul, il mio film precedente che nasceva come dietro le quinte di At five in the Afternoon diretto da mia sorella Samira, hanno provato a rapirmi due volte.

autore
20 Ottobre 2007

Interviste

Ti West
Interviste

Ti West: “in ‘MaXXXine’, gli anni ’80 che nessuno vuole mostrare”

Con MaXXXine, in sala con Lucky Red, Ti West conclude la trilogia iniziata con X: A Sexy Horror Story e proseguita con Pearl, confermandosi una delle voci più originali del cinema di genere dell’era Covid e post-Covid

play
Interviste

Trincia: “ognuno di noi ha sentito vicinanza con questo caso”

Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps - La serie ripercorre in 4 episodi una delle più incredibili storie di cronaca italiane: il 13 e 14 novembre su Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries.

play
Interviste

Luchetti: “ho voluto raccontare Carla anche come donna politica”

Codice Carla mostra come Carla Fracci (1936-2021) fosse molto più di una ballerina famosa.

Interviste

Marco Valerio Gallo: come ti disegno ‘Freaks Out’

Il disegnatore, illustratore e docente presso la Scuola Romana dei Fumetti ci racconta come ha lavorato sugli storyboard dell'ultimo successo di Gabriele Mainetti


Ultimi aggiornamenti