Michael Myers, il male puro, riemerge dalle proprie ceneri come una Fenice, facendo piazza pulita del ‘marciume’ generato da troppi anni di sequel poco ispirati – con qualche ragguardevole eccezione come i due capitoli reboot di Rob Zombie – e tornando alle origini in forma smagliante. Le premesse del nuovo Halloween, diretto da David Gordon Green, che passa oggi alla Festa del Cinema di Roma in contemporanea con l’uscita in sala negli States, sono chiare fin dai titoli di testa, che mostrano una zucca marcescente ricomporsi sotto gli occhi dello spettatore, grazie a un video in time-lapse proiettato al contrario. Tecnica semplice, efficace, pura cinematografia per esprimere un concetto importante.
Questo sequel, come gli annunciati nuovi RoboCop e Terminator – sembra una tendenza che va man mano affermandosi a Hollywood – decide di riallacciarsi agli eventi del capolavoro del brivido di John Carpenter ignorando tutti i capitoli successivi (se ne contano 8 in totale). Un reboot ‘parziale’ insomma, in cui ritroviamo il personaggio di Laurie (Jamie Lee Curtis) , nel frattempo diventata una guerriera armata fino ai denti – che ricorda non poco proprio la Sarah Connor di Terminator 2 – intenzionata a vendicarsi dell’assassino che le diede la caccia decenni prima. Le suggestioni sono molte, l’impianto è classico e il regista spaventa esattamente con i trucchi che ci si aspetta di vedere applicati al genere, ma il film guadagna in crudezza nelle scene di omicidio perché, come dice in maniera dichiarata uno dei personaggi “con quello che si sente oggi un tizio che ammazza qualcuno con un coltello sembra poca cosa”. Green sembra voler dimostrare il contrario e ci riesce, non lesinando su orrore, sangue, paura e sofferenza quando il killer si mette in azione, non risparmiando quasi nessuno.
La situazione però, ben presto si rovescia, e Michael Myers (come sempre, mai inquadrato in volto senza maschera, per aumentare il senso di terrore che provoca l’ignoto) da cacciatore diventa preda. La musica è quella giusta – immancabile il tema principale, composto dallo stesso Carpenter a suo tempo – e i riferimenti visivi al capostipite sono moltissimi, dai piani sequenza che seguono il mostro alle sue spalle al corpo defenestrato che scompare misteriosamente in pochi secondi. Il senso, insomma, è quello di un omaggio ben giocato, che stravolge la prospettiva e gioca d’astuzia, risultando quasi sempre funzionale ai suoi intenti.
Carpenter, del resto, ha fatto da produttore esecutivo e consulente al progetto, unendo le forze con il produttore leader della cinematografia horror contemporanea Jason Blum (Get Out, Split, La notte del giudizio, Paranormal Activity).
In Italia arriva il 25 ottobre con Universal.
Shirin Neshat, esponente dell’arte visiva contemporanea, iraniana naturalizzata newyorkese, ha presentato alla Festa di Roma, nell’ambito del progetto Videocittà, il suo ultimo film: Looking For Oum Kulthum, un ennesimo incontro tra Oriente e Occidente, tra ritratto e autoritratto, con protagonista una donna, un’artista, una leggenda musicale egiziana
Miglior film Jellyfish di James Gardner, una storia d'identità e desiderio di fuga; premio speciale della giuria Ben is Back di Peter Hedges con Julia Roberts e Lucas Hedges; miglior attore Thomas Blanchard per The Elephant and the Butterfly di Amelie Van Elmbt
"Questo film contiene un desiderio - ha detto De Angelis commentando il premio vinto alla Festa di Roma - ed è il desiderio di fare un regalo a chi lo guarda"
Il colpo del cane di Fulvio Risuleo, prodotto da TIMVISION Production e Revok Film, è stato annunciato ad Alice nella città. Nel cast Edoardo Pesce, Silvia d’Amico e Daphne Scoccia, oltre a una partecipazione di Anna Bonaiuto