Accompagnato da incassi stratosferici e critiche entusiaste, con la benedizione di ben quattro candidature ai premi Oscar, è in arrivo anche sui nostri schermi, il 15 marzo, Monsters & Co, nuova fatica made in Pixar, piccola e agguerrita casa di computer animation americana, legata alla Disney da un contratto di coproduzione di cinque lungometraggi.
E’ la storia di una ditta di mostri che, come nella migliore delle tradizioni, turba il sonno dei bambini di tutto il mondo utilizzando le urla dei ragazzini atterriti per ricavarne energia pulita e inesauribile. Un plot da fiaba classica, innestato di umorismo, sull’onda delle animazioni dell’ultima generazione, da Shreke Le follie dell’imperatorein giù.
Ma scorre sangue italiano nelle vene sintetiche della coprotagonista Boo, una bambina catapultata per sbaglio “oltre lo specchio”. Di lei, infatti, si è occupato alla Pixar Guido Quaroni, Sequence Supervisor, 34 anni, milanese, uno dei molti italiani eccellenti che da una decina d’anni ormai lavorano negli studi di computer grafica e effetti speciali più importanti del mondo, dalla Dreamworks/Pdi alla Digital Domain, dall’Industrial Light & Magic alla Disney. Con il sogno nel cassetto di tornare, prima o poi, a casa.
Ogni film in computer grafica è una sfida. Qual è stata la scommessa di “Monsters & Co”?
Il nostro obiettivo era realizzare un film dove gli effetti fossero essenziali cercando di non darlo a vedere. Due anni di calcoli e di nuovi programmi per creare effetti che si concentrano sullo speciale rapporto che nel film si instaura tra colori, luci e sentimenti, sugli agenti atmosferici, in genere molto difficili da rendere, in questo caso soprattutto la nebbia e il vento. Se sapeste quanto lavoro ha richiesto il making delle lacrime!
Di che cosa si occupa alla Pixar?
Sono Sequence Supervisor, responsabile di sequenze. Sotto il mio coordinamento prendono forma intere sequenze di film, dalla creazione dei modelli ai movimenti di macchina, dalle luci fino al girato.
A quali altri film ha lavorato? Per Toy Story2 mi sono occupato di Prospector e del grande problema dei peli e dei capelli, una delle sfide della computer animation, e questa ricerca è stata fondamentale poi per Monsters & Co. Avviene sempre: si utilizzano le conoscenze acquisite dai lavori precedenti, ma i miglioramenti tecnici sono così impressionanti che un film realizzato tre anni fa sembra datatissimo.
Com’è arrivato ad occupare un posto così rilevante in uno dei templi dell’animazione mondiale?
Lavorare alla Pixar era il mio sogno da sempre, sin da quando era un piccolo gruppo che realizzava cortometraggi di animazione, conosciuto e stimato solo dagli addetti. In Italia sviluppavo software per il disegno tecnico a Vicenza; nel ’95, durante uno dei congressi del Siggraph, uno dei miei programmi è capitato nelle loro mani. Qui sono arrivato nel gennaio del ’97: come molti ho capito che trasformare la mia passione per la computer animation in una professione era possibile solo negli Stati Uniti.
Dispiego di mezzi, crescita continua, autonomia di progettazione e ottimi stipendi, questo offre l’America. Che cosa apprezzano della professionalità italiana?
Siamo più spontanei, più diretti, capaci di instaurare buoni rapporti umani, di creare un bel clima con i colleghi. E paradossalmente viene apprezzata la nostra mancanza di iperspecializzazione, quel misto di capacità di programmazione e di vena artistica un po’ pazzoide che ci aiuta a conoscere e capire le esigenze dei tecnici e dei creativi.
Prossimo progetto?
Il nuovo lungometraggio della Pixar. Non posso dire molto ma è la storia di un pesce ed è tutta ambientata sott’acqua: dopo i capelli, le fattezze del volto umano, gli agenti atmosferici è proprio l’acqua la scommessa della computer animation. Finora tutti se ne sono tenuti alla larga. Noi usciamo con il film nel 2003.
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