Se il 70% dei bambini malati di tumore (ogni anno nel nostro paese sono 2.100 tra 0 e 18 anni), soffre, comprensibilmente, di depressione è anche vero che la risata e il buonumore possono avere forti effetti terapeutici. Secondo una ricerca recente i bambini dotati di un maggiore senso dell’umorismo hanno un migliore adattamento psicologico al cancro, ma anche minori incidenze della patologia. E forse il discorso vale anche per i genitori a giudicare dal bellissimo (e molto vero) La guerra è dichiarata: un film da non perdere che trasforma la tragedia della malattia di un bimbo, raccontata in tutte le sue tappe, in commedia della vita alla riscossa.
Ne è autrice la trentanovenne Valérie Donzelli, attrice e regista (suo La reine des pommes), che ha voluto raccontare una dolorosa vicenda autobiografica e ha scelto di esserne anche interprete insieme al marito Jérémie Elkaim e al figlio Gabriel. Che appare nel ruolo di se stesso oggi, all’età di 8 anni, quando il gravissimo tumore al cervello che l’ha colpito è stato debellato. La scoperta, nella pellicola rivelazione della Semaine di Cannes e vista anche al Festival di Torino, arriva come una folgore sulla testa dei felici e innamoratissimi genitori quando il piccolo ha appena 18 mesi. Juliette e Roméo, così si chiamano nel film, sono due artisti, intermittenti ed eccentrici. Si sono conosciuti a una festa e da allora non si sono più mollati, hanno concepito un figlio. Mai avrebbero immaginato di dover ingaggiare questa guerra senza esclusione di colpi. Non solo contro la malattia di Adamo (nome che rimanda al primo uomo), ma anche contro la disperazione che potrebbe facilmente avere il sopravvento su di loro.
Valérie, che per quest’opera dal ritmo vertiginoso e dai colori pop ha avuto sei candidature ai César, ha evitato sia le strettorie del patetico sia il realismo classico o lo stile documentario, riscrivendo la sua disavventura un po’ alla Truffaut e lasciando molto spazio al buffo che si nasconde in tutti i momenti della vita, compresi i peggiori. “La guerra è dichiarata non è più autobiografico di altri film”, sottolinea l’autrice, a Roma in vista dell’uscita della pellicola, in sala la Sacher dal 1° giugno. “Credo che il cinema, qualunque cosa racconti, abbia sempre una matrice personale e non ho fatto il film per esorcizzare nulla”, aggiunge. Qui tuttavia l’aspetto personale si dilata al massimo: la sceneggiatura è basata sul diario che Valérie ha tenuto durante la malattia del figlio annotando gli appuntamenti con i medici, le cose da fare, i sentimenti che via via provava; gli ospedali che si vedono sono gli stessi dove si è svolto il loro personale calvario e i due interpreti, come si diceva, sono i protagonisti della vicenda reale. Anche se su quest’ultimo punto qualche dubbio da parte dell’autrice c’è stato. “Temevo di non essere all’altezza e di essere impudica. Ma poi ho capito che non sarei riuscita a far interpretare questa coppia da nessun altro”.
Ed è proprio la coppia la protagonista de La guerra è dichiarata: non solo questa coppia ma la coppia in generale (Adamo ed Eva appunto) però fuori da ogni Eden, in una società liquida e mutevole, ma pur sempre alla ricerca di punti fermi, dove è sempre più difficile affrontare i fendenti della natura, malattia in primo luogo. Per l’autrice, dunque, questa è una storia d’amore che passa attraverso il filtro di una grande prova. “Esiste l’amore ma esiste anche la guerra. Che la si vinca o la si perda, nulla sarà più come prima. Questa è una coppia molto contemporanea, che si completa alla perfezione, ma che deve anche morire perché qualcosa, in questo caso il figlio, sopravviva”.
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