Fiorentina, classe 1969, Guendalina Zampagni è arrivata al cinema dopo l’Accademia d’Arte Drammatica Antoniana spinta dal sogno di fare l’attrice. Dopo l’esperienza teatrale, a farle capire che era la regia la sua vera abilità ci ha pensato Aurelio Grimaldi quando l’ha incontrata al Torino Film Festival in un workshop sulla realizzazione dei cortometraggi. Da quel momento la Zampagni diventa aiuto regista di Grimaldi, autrice di corti, come il pluripremiato Immagini mobili, e realizzatrice di documentari su temi forti e controversi come sfruttamento e situazioni di vita precarie in Kosovo e Albania. Lavori che per tre anni dirige per la OIM (Organizzazione internazionale delle migrazioni), e che sono lontanissimi da Quell’estate, il suo primo lungometraggio da regista che presenta in concorso ad Alice nella città . Un film scritto da Tommaso Avati, figlio di Pupi, che le è “caduto dal cielo” e che ha “sentito subito” come una storia sua. Interpretato da Alessandro Haber, Pamela Villoresi e Diane Fleri, la fidanzata di Scamarcio in Mio fratello è figlio unico, Quell’estate racconta le vicende di una famiglia, i Rienzi, che torna nella vecchia casa di campagna per passare le vacanze: il padre Vittorio si sta riprendendo da un infarto, la madre Marinella cerca di risollevare le sorti del suo matrimonio, e la primogenita Eleonora prova a farsi notare dal bello del paese. Il tutto sotto lo sguardo attento di Matteo, il figlio più piccolo, che del film è il narratore come ha svelato la regista a CinecittàNews.
Com’è entrata in questo progetto?
Il film mi è caduto dal cielo. Tommaso Avati aveva scritto la sceneggiatura e ottenuto il finanziamento dal Mibac ma poi qualcosa non è andata come previsto, non so tuttora bene cosa, e lui ha deciso di non dirigerlo più. A quel punto la produzione che mi conosceva ha fatto il mio nome ed eccomi qua.
Conoscenze a parte cosa l’ha convinta a esordire con una storia non sua?
Mentre sfogliavo il copione ho sentito che pur non avendola scritta io sentivo che la vicenda mi appartenesse. Una sensazione che si basava su due elementi: il tema principale raccontato, ovvero il passaggio dalla pubertà all’adolescenza, e l’epoca di ambientazione il 1981, anni in cui anche io ero una ragazzina. Ma questo l’ho scoperto dopo aver letto il copione. Quando mi hanno detto che Tommaso è un mio coetaneo.
Ha fatto delle modifiche alla sceneggiatura di Avati?
All’inizio doveva essere ambientato in Umbria mentre io ho collocato la casa di villeggiatura in Toscana, ma questo è solo un particolare. In generale ho cambiato poco eliminando le cose che non mi convincevano al cento per cento. Ad esempio ho tagliato degli elementi religiosi e di superstizione che pensavo cozzassero con un modo di raccontare lieve e semplice che stavo inseguendo.
Quali difficoltà ha incontrato sul set tra direzione degli attori e problemi produttivi?
Abbiamo girato in 4 settimane tra ottobre e novembre 2007. Per fortuna la luce giusta non è mai mancata, ma gli attori erano vestiti in maniera estiva e hanno sofferto molto gli sbalzi di temperatura. Poi la sera non potevano riposarsi come avrebbero voluto perché dopo 10 ore di set avevamo le prove.
Quali prove?
Il film si basa tutto sulle interpretazioni e i personaggi di Jacopo Troiani, Michele Cesari e Diane Fleri ed era fondamentale per me discutere con loro delle scene che avrebbero girato il giorno dopo o degli stati d’animo dei loro ruoli. Tra questi ho individuato quello interpretato da Jacopo Troiani come fondamentale per il film. Credo che Matteo, il personaggio di Jacopo, sia spettatore privilegiato di se stesso perché si tra trasformando da ragazzo in adolescente, e degli altri, della sua famiglia perchè si renderà conto di cosa si nasconda veramente dietro certi comportamenti. Capirà di più sua madre, ritenuta ingiustamente fredda e distaccata, e suo padre. In un solo mese di vacanza assisterà a pochi eventi destinati a cambiargli per sempre la vita. Alla fine dell’estate non sarà più così ingenuo: un passaggio obbligato della crescita. Una cosa che è successa a tutti noi.
Troiani ha partecipato al film anche come cantante. Come mai?
E’ stata una sorpresa anche per me. Quando giravamo, tra un ciak e l’altro, mi urlava ‘Guenda, io canto!’. Pensavo lo dicesse così per scherzare o farmi conoscere un’altra sua passione. Invece poi ho scoperto che l’avevano preso a Sanremo nella sezione giovani e che era arrivato addirittura terzo. E’ finita che ho diretto i suoi videoclip e gli abbiamo fatto cantare tre canzoni: due estratte dal suo album, più la cover di “Anima fragile” di Vasco Rossi.
Perché proprio questa canzone?
Era perfetta per il film. Mi ha ispirato anche un sottotitolo: Quell’estate – Una famiglia di anime fragili e niente di più
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