Good Morning, Cinecittà

L'assemblea del cinema francese, la localizzazione dei classici, la salute del doppiaggio e lo scarso successo della commedia al botteghino sono i temi maggiormente coperti oggi dalla stampa


IL CINEMA FRANCESE CONTRO MACRON

Il Foglio’ e ‘Il Manifesto’ danno conto dell’assemblea, svoltasi a Parigi, che ha riunito il mondo del cinema francese. “Quasi tutti gli oratori – scrive Eugenio Renzi su ‘Il Manifesto’ – erano d’accordo su un dato di fatto, del resto incontrovertibile: il modello francese non funziona più. Nelle decine di interventi che si sono avvicendati sul palco, l’autoesame della professione è apparso più che fosco. Il pubblico è sempre meno in sala. L’affluenza è calata del 30% rispetto al 2021. L’intera industria colpita dalla pandemia è stata aiutata dal governo ma ora fa fatica a riorganizzarsi”. Nell’occhio del ciclone, oggetto di forti contestazioni, come illustra l’articolo di Mariarosa Mancuso su ‘Il Foglio’, è stato il presidente Macron, accusato di favorire le piattaforme e di voler supportare il cinema più commerciale a danno dei film d’autore. Nell’articolo si legge: “Macron ha nominato presidente del Cnc – principale ente di supporto e di finanziamento del cinema francese – il suo fedelissimo Dominique Boutonnat, che aveva firmato un rapporto sul ruolo dei privati nel finanziamento dei prodotti audiovisivi, senza mai usare la parola cinema”.

I CLASSICI DELLA LETTERATURA DIVENTANO LOCAL  Arianna Finos su ‘La Repubblica’ analizza un fenomeno sempre più diffuso: trasferire le ambientazioni di romanzi, racconti, drammi teatrali, che hanno segnato la storia della cultura, in una dimensione locale. L’articolo prende spunto dal fatto che alla Festa del Cinema di Roma saranno proiettati film ispirati alle opere di da Shakespeare, Camus, Dickens, Pirandello che si svolgono rispettivamente in Puglia, Napoli, Roma e Sicilia. Nell’articolo in questione Giulio Base, regista de Il maledetto, dove il protagonista si chiama Macbeth, così giustifica la sua scelta: “E’ la tragedia trascendentale di Shakespeare sul libero arbitrio, il senso di colpa e il castigo, il chiedersi se Dio esiste. Nel ’93 lessi un soggetto di Visconti, che nel ’67, l’ambientava nella finanza contemporanea. Questa idea si è sposata con il mio interesse per la mafia del Gargano, padrona di arsenali militari, finanziariamente evoluta quanto arcaica. Ho unito le due cose in un gangster movie. Adattare Shakespeare non è una forma di superbia, al contrario significa la sicurezza di poggiarsi su qualcosa di geniale, avendo la libertà di farlo proprio”.

LA SALUTE DEL DOPPIAGGIO Come informa l’articolo di Ornella Sgroi su ‘Il Corriere della Sera’, i lavoratori del settore – tra doppiatori, direttori di doppiaggio, assistenti e fonici- sono circa 1500, il 95% a Roma, il 4% a Milano, il restante 1% a Torino. La qualità del  doppiaggio nel nostro paese è elevatissima e riconosciuta in tutto il mondo ma non esistono scuola ufficiali, solo scuole private, anche troppe, i ritmi di lavoro si sono fatti esasperanti e i problemi non mancano. “A mettere in pericolo il mestiere -si legge nell’articolo- sono i compensi sempre più bassi, soprattutto per i giovani doppiatori pagati a righe sulla base di un contratto collettivo vecchio di 14 anni e scaduto da 10. Un contratto obsoleto (all’epoca non c’erano le piattaforme) che prevede turni di tre ore con un plafon di 140 righe a turno per i film di circuito, massimali che però sono diventati la norma, soprattutto quando a gestirli sono le società di doppiaggio”.

LA COMMEDIA ITALIANA PIANGE AL BOTTEGHINO Il consueto report de Il Giornale sugli incassi del week end, complessivamente deludente, nonostante l’uscita di un film come Ticket to Paradise, forte della presenza di George Cloney e Julia Roberts, mette in luce l’ennesimo flop di una commedia nazionale. ”La vera delusione -scrive Alice Sforza– è il risultato di Quasi orfano, remake italiano di una commedia francese. Neanche la presenza di Riccardo Scamarcio ha invogliato la gente ad andare in sala e così solo un decimo posto e 154.272 euro, nonostante 272 schermi. Risultato più logico di una cinematografia, quella italiana, sempre più stanca e priva di idee”. In effetti, la commedia, da sempre genere principe e più remunerato nella produzione nazionale, è il segmento più in crisi nel rapporto con il pubblico. Qualche domanda bisognerebbe porsela.

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11 Ottobre 2022

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