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17 OTTOBRE Il titolo di cui più diffusamente si occupano i quotidiani è la serie Django di Francesca Comencini. Su "Il Messaggero", "Il Tempo", il "Corriere della Sera"


IL WESTERN AL FEMMINILE Fra le proposte della Festa del Cinema, il titolo di cui più diffusamente si occupano oggi i quotidiani è la serie Django diretta da Francesca Comencini.  Su “Il Messaggero”, “Il Tempo”, il “Corriere della Sera” l’elemento che viene messo in risalto è la lettura femminista proposta dalla regista. Si tratta di un genere, come spiega la regista a Pedro Armocida su “Il Giornale”, che ha sempre molto amato: “I Western degli Anni ’70 erano film di rivolta in cui i protagonisti erano antieroi refrattari ed anarchici, Django la serie è un western contemporaneo, femminista, psicologico che mette in scena i cambiamenti dell’oggi e le preoccupazioni che ne derivano. Un po’ come sono stati per me gli Anni ’70: sognare, divertirsi e, attraverso il divertimento, superare ogni paura”. Su “La Repubblica”, Alberto Crespi sottolinea le somiglianze di Django con le caratteristiche della produzione americana. “Se non vi dicessero che Django è una serie italiana girata in Romania pensereste che sia americana e che l’abbiano girata in Texas. Sorprese della serialità, che da anni si cimenta con i generi e con il western in particolare, ma non (ancora) in Italia. Il genere dei generi è vivissimo in tv, in America, ma Django è un’invenzione tutta italiana che Sky, con la collaborazione in fase produttiva di Canal+, Cattleya e Atlantique Productions, riporta alla luce affidandola ad una regista, Francesca Comencini, che ha diretto i primi quattro episodi della serie (su 10) con la sceneggiatura di Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, che con lei hanno collaborato a Gomorra”.

MIMMO PALADINO REGISTA Con un richiamo in prima pagina, “Il Mattino” si occupa del ritorno al cinema, dopo sedici anni, di Mimmo Paladino. “Mimmo Paladino – scrive Titta Fiore – porta la commedia di Dante nel presepio e costruisce su questo affascinante incontro di generi e linguaggi un film speciale, La divina cometa, che dichiara già nel titolo la portata del progetto. Toccante e poetico, coltissimo e popolare disseminato di segni che trasformano la storia in un elegante labirinto di senso, il racconto mette in scena in un luogo e in un tempo indefiniti, molto vicino alla contemporaneità, un’insolita sacra rappresentazione”. Nello stesso articolo è poi l’artista stesso a spiegare il filo rosso della storia: “Sono partito dall’idea che in fondo La Divina Commedia è fatta di scenografie, come se Dante l’avesse pensata per quadri. Con lo sceneggiatore Braucci ci siano detti che il poeta aveva sistemato i suoi pastori come noi facciamo con i nostri sul presepe, dove, per magia, azioni quotidiane e umili convivono con un evento epocale”.

I NUOVI ACCATTONI Un esordio folgorante, un autentico capolavoro: così sulle pagine romane de “La Repubblica” è definito Bassifondi di Trash Secco, altro titolo passato ieri alla Festa del Cinema. Protagonisti due barboni. “Sono lo scarto degli scarti, emarginati dalla stessa comunità dei senzatetto, fanno i bisogni in strada come i cani randagi, mangiano come i gabbiani del degrado, si trovano a pancia a terra come il topo che scende le scale e annusa i cartoni attraverso la monnezza e si strofina contro i piedi di chi dorme sotto i ponti. Salgono nelle città di sopra per attaccare il naso e le labbra alla vetrina del Caffè della Scala, guardando come i borghesi mangiano i cornetti e si tolgono le briciole dalla barba”.

CINEMA, SERIE E MISTERI Sempre a proposito di storie romane, ma con rilevanze nazionali ed internazionali, al MIA è stata presentata una serie sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, prevista in quattro episodi affidati a Mark Lewis nella tripla veste di regista, sceneggiatore e produttore. Come scrive Fabrizio Accatino su “La Stampa”: “Sono raccolte testimonianze nuove, a volte esplosive. Come quelle di Marco Fassoni Accetti (il sedicente Amerikano, il telefonista del rapimento), del capo degli investigatori dell’epoca, di chi sa ma ha preferito parlare mantenendo l’anonimato”. Ma partendo dalla prossima diffusione della serie, in un secondo articolo sul caso Orlandi, Accatino ricorda che già nelle settimane successive al rapimento, fu realizzato un instant movie, Liberatela, girato ad Istanbul, da Kunt Tulgar e Gianni Crea. Il film, ribattezzato Liberate Emanuela, fu proiettato una sola volta al Festival di Bellaria nel 1984 e poi sequestrato e fatto sparire. Perché? “Crea – scrive Accattino – anche negli anni successivi, fino alla morte, parlerà pochissimo di Liberate Emanuela e sempre con toni evasivi”. Un mistero nel mistero.

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17 Ottobre 2022

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