IL TAX CREDIT MOLTIPLICA LE RISORSE DELLO STATO
Dopo aver precisato che, contrariamente a quanto recentemente sostenuto dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, oggi non esiste un‘egemonia culturale della sinistra, intervistato su La Stampa da Fabrizio Accatino, Giancarlo Leone, nella veste di presidente dell’Associazione Produttori Audiovisivi, rifiuta l’idea che il sostegno pubblico al settore si possa identificare come assistenzialismo di Stato. “Il ragionamento – afferma Leone – non sta in piedi. E’ vero, con il tax credit c’è un minore gettito fiscale, però quel credito d’imposta genera lavoro e acquisti di beni e servizi, a loro volta tassati. La ricaduta fiscale per lo Stato è calcolata attorno al 250% della somma a cui aveva rinunciato. Quello che non entra in un cassetto, entra più che raddoppiato nell’altro”. E rispondendo alla domanda “suggerisce al nuovo governo di confermare il tax credit?” Leone risponde: “Non solo, dovrebbe potenziarlo. Oggi lo Stato mette a disposizione 200 milioni di euro per l’audiovisivo e 200 per il cinema, che sono tanti ma ancora insufficienti. Le soglie d’accesso andrebbero migliorate, con una maggiore selezione operata a monte, individuando i film su cui puntare. Meno titoli, ma finanziati di più. Perché, non dimentichiamolo, negli ultimi anni i budget dei film italiani sono calati e questo non contribuisce a renderci competitivi sul mercato internazionale”.
IL BOTTEGHINO PREMIA LE PELLICOLE D’AUTORE E PENALIZZA LA COMMEDIA
Sempre su La Stampa, ad accompagnare la citata intervista con Giancarlo Leone, un secondo articolo di Accatino analizza e segnala il successo di una serie di film d’autore che ha permesso alla produzione nazionale di tornare ai vertici del box office. L’articolo cita i casi di Siccità di Virzì, Il colibrì della Archibugi, Dante di Avati, La stranezza di Andò (cui si potrebbe aggiungere Il signore delle formiche di Amelio NdR). “L’exploit – si legge – conferma una volta di più come l’originalità degli spunti premi anche il box office. Se però al nostro cinema d’autore le buone idee non sono mai mancate, lo stesso non si può dire per il prodotto medio, quel cinema popolare che ci ha resi famosi nel mondo”. In proposito, la prova, secondo il giornalista, sono i remake: un tempo erano gli altri a copiare i film italiani, adesso siamo noi a rifare i film di altri paesi. L’articolo si conclude riportando le parole di Carlo Verdone: “Dobbiamo cercare delle storie, possibilmente senza copiarle dai francesi. E’ il colmo. Una volta eravamo i maestri della commedia, ora addirittura ci riduciamo a prenderle da loro? Non è un buon segnale. Vuol dire che scarseggiano le idee, i soggettisti e gli sceneggiatori. Il dramma del cinema italiano, secondo me, è proprio nella penuria di quest’ultimi, altrimenti avremmo fatto qualche buon film in più negli ultimi dieci anni”.
L’ITALIA NON E’ UN PAESE PER GIOVANI
“L’Italia è un paese che fa invecchiare i talenti”. Ad affermarlo è Vanessa Scalera, che dopo il successo di Imma Tataranni, sta per tornare in tv, protagonista della serie I Viaggiatori, in onda su Sky il 21 novembre. Intervistata da Francesca D’Angelo su Libero, a proposito del suo personaggio l’attrice dichiara: “La Sestieri è l’emblema del nostro paese dove i quarantenni sono i nuovi giovani… capite bene che qualcosa non quadra, la bravura non viene riconosciuta o, se accade, succede molto tardi quando ormai è già depressa. Perché anche il talento invecchia”. E poi la Scalera aggiunge: “Ho iniziato a recitare nel ’96 in pieno ventennio berlusconiano, che ha affossato culturalmente questo paese. Il teatro era in mano a pochi, anzi a pochissimi. Ho avuto difficoltà enormi ad entrare negli Stabili – infatti non ci sono entrata – e così a recitare, perché lavoravano sempre gli stessi. E dire che film e prodotti tv erano davvero brutti a quei tempi”.
I CENTO ANNI DI FRANCESCO ROSI
L’edizione campana de La Repubblica celebra il cento anni della nascita di Francesco Rosi con un’intervista, a firma di Conchita Sannino, con la figlia del regista, Carolina. Si parla in particolare del rapporto fra Rosi e Napoli, e Carolina precisa: “Napoli resta terra di indiscutibile bellezza culturale, che dà punti a tutte le altre metropoli, sì Franco era attento e soffriva se vedeva un decadimento. Ma ha sempre scelto la speranza di chi si impegna, mai il cinismo. E ha usato l’arma dell’ironia, anche amara, che era una sua dote naturale. Ricordo un frammento cruciale e insieme divertente, da Diario napoletano, appena rimandato in onda da Blob, uno spettatore chiede a Franco: ”Ah, voi siete Rosi, quello dell’impegno, ma fare un altro film sulla mafia? E Franco risponde: ”E noi chest’dobbiamo raccontare”.
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