LA POLITICA IRROMPE AL CINEMA
Prendendo spunto dai film proposti dal Torino Film Festival, in particolare nella sezione Dei conflitti e delle idee, sui quotidiani di oggi si torna ad affrontare il tema dei rapporti fra cinema e politica. Se ne occupa La Stampa con due interventi firmati rispettivamente da Fulvia Caprara e Federico Geremicca. Nel primo caso si parla esplicitamente di ritorno del cinema politico, citando film e serie appena usciti nelle sale e nelle piattaforme o di prossima, imminente programmazione: un elenco davvero corposo che va da Esterno notte a Il nostro generale a Il sol dell’avvenire. “La politica di un tempo, così diversa e lontana da quella contemporanea, ancora indenne dalla pandemia dei social – scrive la Caprara – guadagna il primo piano che solo film, documentari e serie possono offrire. Il racconto per immagini promette la giusta distanza, il cinema storicizza, i filmati restituiscono oggettività, gli attori incarnano personaggi noti, ma non indagati nelle loro pulsioni più segrete”. Federico Geremicca punta l’attenzione su un aspetto particolare dei film dedicati alla politica di ieri: “La prima cosa che colpisce in tutte le opere in questione – scrive – è che raccontano una storia collettiva: il famoso noi al posto del dilagante io. Negli anni in cui la sinistra (col Pci di Berlinguer) cresceva, si divideva e talvolta imboccava strade senza ritorno, non esistevano Matteo, Silvio, Enrico o Giorgia… Personalismi e leaderismi – anche al centro e a destra – erano sconosciuti, banditi come peccato mortale. Non era una sola persona a cui si davano le sorti di un partito o di un movimento: la democrazia era più diffusa e i gruppi dirigenti (al plurale) più radicati sul territorio”.
IL MOVIMENTO NO TAV AL TORINO FILM FESTIVAL
Sempre in tema di cinema e politica, sull’edizione torinese de La Repubblica ci si occupa di uno dei film del TFF più discussi e al centro di polemiche: La scelta il docufilm di Carlo A. Bachschmidt, che racconta gli scontri del 2011 in Val di Susa per la questione No Tav. “Questo è un film che abbiamo pensato di rivolgere – afferma il regista nell’articolo di Marina Tartaglino – ad un pubblico ampio, cercando, se possibile, di andare al di là delle questioni della lotta No Tav. È un film che non parla delle ragioni del no, non si posiziona. Sicuramente è un film di parte perché abbiamo seguito i militanti No Tav, però abbiamo cercato di presentarli a partire dai loro caratteri umani per arrivare da quelli ai caratteri del movimento stesso. Ci sembra che questa storia possa essere utile per riflettere. Nella vita di ciascuno di noi ci sono scelte che sembrano importanti e che possono cambiarci la vita, fornirci un riconoscimento di ciò che stiamo facendo”.
IL NO DI TORINO (E ROMA) AD ASSANGE
Ancora su cinema e politica, per un film, che pur fra polemiche, è stato inserito nel cartellone del TFF, ad un altro che è stato rifiutato: Ithaka, documentario prodotto dal fratello di Julian Assange, Gabriel Shipton. Ad accendere la polemica, con un intervento su Il Fatto Quotidiano è Laura Morante, che fa parte di uno dei molti comitati che si battono per la liberazione di Assange. L’attrice ricorda come il film, perché accusato di essere troppo di parte, sia stato precedentemente rifiutato anche dalla Festa del Cinema di Roma e conclude: “Mi limito a constatare che la nostra battaglia, giusta e importante, non ha ricevuto alcun appoggio da due dei principali festival italiani, e questo mi riempie di tristezza. Vorrei inoltre ricordare che i documentari di impegno civile, sono assolutamente militanti, hanno non solo partecipato a festival importanti, ma vi hanno più volte ricevuto il massimo riconoscimento”.
IL FLOP DELL’ANIMAZIONE DISNEY
Se ne occupa sul Quotidiano Nazionale Marianna Grazi, ricordando come il nuovo lungometraggio della Disney, Strange World – Un mondo misterioso, distribuito in Italia e nel mondo nel week end appena trascorso, abbia fatto registrare incassi modestissimi, lontani dai standard abituali per prodotti del genere. Il film ha per protagonista un ragazzino gay e “forse – scrive la giornalista – c’è assuefazione, quasi noia, tra il pubblico, per film su inclusione e diversità, ormai diventati un must have delle case di produzione, inseguendo utenti che spaziano dalla comunità nera a quella Lgbtq+: dalla lotta intrapresa per rivendicarne i diritti all’appropriazione di quei temi perché finora commercialmente vincenti il passo è breve, e il disturbante sospetto che le multinazionali diano voci a tali istanze più per soldi che per passione comincia a serpeggiare”.
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