Un quartetto d’onore: il “Corriere della sera” e “la Repubblica”, sulla pagine del 27 dicembre, scelgono di raccontare il cinema “a quattr’occhi”, con altrettanti autori.
LILIANA CAVANI – Liliana Cavani, per Roberta Scorranese è La donna che semina fiori della memoria (p.44). Nell’intervista – sin dal titolo – s’evoca il suo cinema civile: sta girando, la Cavani, un film sul tempo “Tratto da L’ordine delle cose, libro di Carlo Rovelli. È una riflessione sui diversi piani del tempo e su come tutto può sparire da un momento all’altro. Anche noi stessi”. Come si legge da Scorranese: “in molti suoi film serpeggia una inquietudine spirituale che pare nata da un trauma”: “Perché io me li ricordo quei sedici cadaveri uccisi nella piazza che poi si chiamerà ‘dei Martiri’, a Carpi. Uccisi dai repubblichini”. Infatti: “Vorrei solo che la Storia fosse parte centrale della nostra educazione. Ignorare la Storia nei programmi scolastici è formare una generazione senza memoria e senza spirito critico”.
ROBERTO ANDO’ – Da una Signora del cinema a un autore che – come scrive Valerio Cappelli ne Le stranezze di Andò, sempre sul “Corriere della Sera” (p.41)– sta facendo il suo exploit a 64 anni, seppur non sia una cometa improvvisa la sua carriera, per lui che è stato anche assistente di Rosi e di Fellini. “Ho i piedi per terra … Mi fa piacere – il diffuso successo recente, ndr – ma non mi devia, arriva in un momento in cui conosco me stesso, sono solido e questo mi consente più libertà. Mi stanno arrivando molte proposte, per il momento sto lavorando a un mio romanzo su Palermo”. I maestri cui è potuto stare accanto e ciò che da loro ha assorbito, Andò li racconta come: “Esperienze formative forti, pur essendo agli antipodi, il primo (Rosi) legato al sacrario della verità e l’altro (Fellini) della finzione. Erano accomunati dal rigore. Rosi fu il primo aiuto regista di Visconti, mi rivolse la parola dopo un mese; Fellini… E la nave va oggi sarebbe impossibile, 26 settimane di lavorazione, c’era una magia di invenzione sul set, non era mai prevedibile. Ho fatto l’aiuto di Cimino e di Coppola al Padrino III, ricordo che voleva fare Re Lear; per la scena finale sulla scalinata del Teatro Massimo di Palermo voleva anche un regista d’opera”. Un genere, l’opera, che pochi registi cinematografici d’oggi frequentano: “Un tempo, Visconti, Zeffirelli, Bolognini. Ogni tanto lo faceva Olmi e lo fa Amelio. Oggi in questo club ristretto figurano Martone e Andò, che è il regista del momento; il suo film su Pirandello e sulla genesi dei Sei personaggi, La stranezza, viaggia sui 5 milioni e mezzo, è il primo incasso italiano del 2022. E stasera all’Opera di Firenze c’è (in coincidenza con l’apertura del nuovo palcoscenico) la sua regia del Don Carlo, il Verdi più cupo e nero, diretto da Daniele Gatti” scrive Cappelli, seguito dalle parole di Andò: “Uno dei suoi grandi capolavori, non perfetti, perché nella versione in quattro atti c’è uno sbilanciamento, manca il movente dell’amore di Carlo per Elisabetta, che resta misterioso. I protagonisti sono una serie di ritratti morali”.
GABRIELE MUCCINO – Le mie storie non sono un bluff. Torniamo sempre alla famiglia anche se passiamo la vita a fuggire, dichiara Gabriele Muccino a Silvia Fumarola su “la Repubblica” (p.30). Il regista ha finito di girare la seconda stagione di A casa tutti bene, serie Sky che vedremo nei prossimi mesi: la prima stagione è stata premiata con il Nastro d’argento ex aequo con Le fate ignoranti di Ferzan Özpetek. “Ma cosa succederà nella seconda stagione?”, gli domanda Fumarola. “Ho spinto ulteriormente sui legami perché i sentimenti primari portano a conseguenze estreme. Le maschere che i protagonisti cercavano di portare fino alla fine, in questa seconda stagione cadono … C’è un legame forte con i personaggi, li conosco nel bene e nel male. Non potevo pensarli nelle mani di un altro regista. Ci ho messo le mie impronte digitali. E quindi ho personalizzato al massimo la serie. Ci saranno grandi colpi di scena”. E “Di Emma Marrone aveva capito subito il potenziale?”: “Annuso abbastanza gli attori, e verifico con un provino. Emma è diretta, autentica nel modo di stare al mondo, non ha filtri.… I miei personaggi sono famelici di vita, sanno che va presa a morsi, perché se no avranno rimorsi”. Fumarola incalza: “Pensa che i critici siano stati ingiusti con lei?”: “Non hanno voluto confondere i loro gusti con quelli del pubblico, tradizione italiana che ha radici profonde. Questa cosa un po’ li isola. Qualcuno ha scritto che L’ultimo bacio era un bluff e io sarei finito, prima leggendo speravo di trovare una sorta di specchio. Spesso ho visto che era deformante”.
BILLE AUGUST – Sempre su “la Repubblica” (p.32, Capri il pensatoio di noi del cinema) Gaia Giuliani, a “Capri, Hollywood”, incontra Bille August, premiato regista danese, con un Oscar e due Palme d’oro all’attivo, presto in Italia per girare un film tratto dal libro Tu, Mio (Feltrinelli, 112 pp.) di Erri De Luca: le riprese a gennaio, a Ischia, dove è ambientato il romanzo. De Luca l’ha incontrato proprio durante una delle edizioni della rassegna caprese: un amico sapeva del grande amore di August per Ischia e gli ha suggerito il romanzo. “Una delle cose che mi ha colpito subito è il tema della storia: parla dell’innocenza, della purezza. Di un adolescente che non ha mai provato l’amore e comincia ad avvertire che dentro di sé qualcosa sta cambiando. Sente emozioni nuove che non riesce a comprendere, che lo spaventano, e da cui sarà completamente travolto”. Ricordando la trama, Giuliani lo racconta come “un percorso iniziatico verso l’età adulta che passa nel solco della Seconda Guerra Mondiale, l’ambientazione del film sono gli Anni ‘50”; August spiega poi che “Il racconto di Erri parla di una famiglia napoletana, noi abbiamo rimescolato le carte per poter inserire degli attori di lingua inglese … Nei panni del padre volevo Tom Hollander (Bohemian Rhapsody, Orgoglio e Pregiudizio), e Jeremy Piven (Serendipity, American Night) in quelli di Nicola, il pescatore con cui Marco stringerà un’amicizia profonda che lo aiuterà a capire meglio cos’è successo, a orientarsi nella vita”. Come ricorda la giornalista “Nel film scorrono paralleli due grandi cambiamenti: la scoperta dell’amore e l’inizio di una nuova epoca per l’Italia che deve guardarsi dentro e affrontare un profondo rivolgimento politico e sociale”: per l’autore: “Nel romanzo le due cose sono orchestrate benissimo, in un bilanciamento perfetto che ne acuisce l’intensità”.
VALERIO PICCOLO – E a proposito di parole, Antonio Castaldo per il “Corriere del Mezzogiorno” incontra e racconta Valerio Piccolo : Scelgo io le parole (giuste) dei film. Così Spielberg e Eastwood parlano italiano (p.6). Se a Roma ha aperto l’Overlook, una piccola libreria che è tempio per cinefili, Piccolo è un versatile, apprendiamo – giornalista, scrittore, traduttore, cantautore, produttore di vermouth -, ma soprattutto un traduttore e adattatore di dialoghi. Per mestiere adegua alla lingua e alla cultura italiane la versione originale dei film, quelli che hanno scritto parte importante del cinema mondiale degli ultimi due decenni: Tarantino, Eastwood, Almodóvar, fino al più recente Spielberg, autore di The Fabelmans, nella sale dal 22 dicembre. Piccolo, all’inizio di dicembre, è stato premiato al Festival internazionale del Doppiaggio “Voci nell’Ombra” con il suo secondo Anello d’oro per il Miglior adattamento cinematografico: Elvis di Baz Luhrmann. “Il coinvolgimento in questo caso è stato soprattutto emotivo — racconta Piccolo a Castaldo —. Come mi capita per certi film, in questo caso mi sono commosso. Il mondo della musica fa parte della mia vita. Questo coinvolgimento ha reso forse più impegnativa la scelta delle parole giuste. Ma sicuramente mi ha aiutato entrare in una dimensione affine a quella ricreata sullo schermo. Mi era già capitato, tempo fa, lavorando sul biopic di Johnny Cash, Walk the line. In quei casi riesco a cogliere sfumature che altrimenti mi potrebbero sfuggire, e in un certo modo vivo in prima persona la storia che sto traducendo”.
TOKA – Non solo cinema, anche se sembra. Simonetta Biagio su “il Sole 24 Ore” titola: Toka, il software degli 007 per manipolare tutti i video (p.10), scrivendo di una “tecnologia che permette di hackerare le telecamere di sorveglianza e le web cam. Immaginate una tecnologia che consenta di individuare telecamere di sicurezza o persino webcam all’interno di un determinato perimetro. E poi anche di hackerarle, di guardare il loro feed live e persino alterarlo. Oppure entrare nel cloud delle registrazioni passate, ed alterare anche quelle. … La storia è venuta a galla grazie a un’inchiesta del quotidiano israeliano ‘Haaretz’, e sta facendo molto discutere. Toka – una start up, ndr – è una società fondata dall’ex premier israeliano Ehud Barak e dall’ex capo della cyber sicurezza dell’esercito dello stesso Paese, Yaron Rosen. È stata fondata nel 2018, e oggi ha uffici a Tel Aviv e Washington. Le sue attività sono regolate dal Ministero della Difesa israeliano, e il suo software è ad uso esclusivo di governi, intelligence e forze dell’ordine di Paesi occidentali (‘Stati Uniti e suoi più stretti alleati’ è scritto sul sito). L’inchiesta di ‘Haaretz’ ha portato a galla alcuni documenti interni, secondo i quali a partire dal 2021 la società aveva contratti con Israele del valore di 6 milioni di dollari e aveva anche pianificato una ‘espansione del dispiegamento esistente’. Il giornale israeliano pone l’accento su come, usando il software di Toka, un governo (o un corpo di intelligence) possa entrare nell’archivio video di una telecamera di sicurezza e manipolarne il contenuto (sia audio che video), in modo, ad esempio, da ‘nascondere attività di intelligence’. Tuttavia, i dubbi che solleva una tecnologia del genere sono tanti. Perché come ha spiegato ad ‘Haaretz’ l’avvocato Mon Sapir ‘queste sono capacità che prima erano inimmaginabili. È una tecnologia distopica dal punto di vista dei diritti umani. E solo la sua mera esistenza solleva seri interrogativi’. In teoria, ‘si può abusare di tale tecnologia. Si può immaginare che il video venga manipolato per incriminare cittadini innocenti o proteggere parti colpevoli che sono vicine al sistema, o anche solo editing manipolativo per scopi ideologici o addirittura politici se dovesse cadere nel mani sbagliate’”.
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Nella rassegna stampa di oggi l'intervista a Lily-Rose Depp, protagonista di Nosferatu, al nuovo Zorro Jean Dujardin e al regista palestinese Rashid Masharawi
Tra le pagine dei giornali oggi una rocambolesca lite tra Vanzina e Eastwood per un parcheggio, l'accusa di Variety contro la serializzazione a Hollywood, un'intervista a Paola Minaccioni e il doc di Giovanna Gagliardo su Cesare Pavese
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