Difficile non individuare pagina di spettacolo che oggi, 30 dicembre, non dedichi un ricordo a Ruggero Deodato; ma al contempo c’è anche Valentina Lodovini che – con riferimento a un suo personaggio, che s’invaghisce di una collega – risponde francamente: “Se continuiamo a sottolineare certe scelte non le renderemo mai naturali”.
RUGGERO DEODATO – La scomparsa dell’autore del culto Cannibal Holocaust occupa tutte le principali testate: ne scrivono “Avvenire” (p.21), “Corriere della Sera” (p.37), “Il Giornale” (p.26), “Libero” (p.27); “Il Tempo” (p.21); e “Il Messaggero” (p.25), dove Gloria Satta gli dedica un pezzullo: Se ne va Ruggero Deodato il regista estremo di Cannibal Holocaust. “…quel film, secondo capitolo della “Trilogia Cannibale” di Deodato con Ultimo mondo cannibale (1977) e Inferno in diretta (1985), rimane nella Storia del cinema anche perché, girato in parte con la macchina a mano e la pellicola graffiata per dare l’idea delle riprese dal vero, fu il primo ‘mockumentary’, un falso documentario dall’apparenza realistica. Deodato entrò nel cinema come comparsa e, dopo un provino fallito con Federico Fellini, decise di passare dietro la cinepresa facendo da ‘aiuto’ a Roberto Rossellini, Sergio Corbucci, Antonio Margheriti con cui, nel 1964, dirigerà il ‘peplum’ Ursus il terrore dei kirghisi. … Tra i suoi successi tv spiccano Il triangolo rosso, I ragazzi del muretto, Incantesimo 8“.
VALENTINA LODOVINI – Arianna Finos sulle pagine de “la Repubblica” (p.32) titola: “Per parlare di sesso basta non essere volgari”, parole della sua ospite, Valentina Lodovini, interprete de I migliori giorni di Massimiliano Bruno e Edoardo Leo. La giornalista le fa notare, con riferimento al film: “Lei si invaghisce di una collega”. “Non ho posto l’attenzione sul fatto che cerchi distrazione attraverso una donna” – risponde l’attrice, che continua: “Sono nata in una famiglia aperta alla conoscenza degli altri, senza confini religiosi, politici, sessuali, sociali. Se continuiamo a sottolineare certe scelte non le renderemo mai naturali. È un episodio elegante, la sensualità mai troppo ostentata, il lieto fine amaro” … E, restando “in zona”, tra le domande Finos va al punto: “Gli italiani parlano poco di sesso?”: “Sì. Mi sembra che si viva o come peccato, qualcosa di contorto, o in modo pornografico, come se ci fosse solo YouPorn. Il sesso è natura e linguaggio, sarebbe bello fosse più semplice sfiorarsi”.
ANTONIO ALBANESE – “il venerdì” di questo penultimo giorno dell’anno propone tre profili, tre interviste al maschile, ovvero Alfred Molina, Pietro Marcello e Antonio Albanese, intervistato da Paola Jacobbi (p.112): Aspetto Godot. Senza fretta. Se Grazie Ragazzi (di Riccardo Milani, dal 12 gennaio al cinema) è un Aspettando Godot adattato dal francese Un anno con Godot di Emmanuel Courcol, prima ancora trasposizione di una storia vera avvenuta negli Anni ’80 in Svezia, per Jacobbi è spontaneo chiedere: “Non le viene voglia, appunto, di sperimentarsi in un Aspettando Godot, per esempio?”: “Oh sì. Mi piacerebbe anche fare uno Zio Vanja o magari un Malato immaginario. Mi hanno anche già proposto qualcosa del genere. Sono molto combattuto perché da un lato vorrei e dall’altro ho ancora una gran voglia di raccontare il mio mondo”. “Per esempio?”: “Per esempio vorrei parlare del nostro rapporto, delicatissimo, complicatissimo, con la religione. Già nel 2018 ho fatto al Teatro alla Scala un’unica replica dello spettacolo che ho scritto con Michele Serra, L’uomo che prega, con musiche di Giovanni Sollima. Era un melologo, più che un monologo. Ma abbiamo continuato a lavorare sul testo e, quando sarà pronto, lo vorrei portare in scena nella sua completezza. Inizia così. (Sullo schermo di Zoom, Albanese comincia a fare gesti ampi, come di una grande cerimonia arcana, ndr). La prima battuta è: ‘Ho una gran voglia di pregare ma ho un problema: non trovo la posizione giusta’”. Albanese a fine febbraio sarà anche a teatro, per quattro date agli Arcimboldi di Milano: un one man show in cui proporrà i suoi personaggi, da Epifanio a Cetto Laqualunque.
STEVE DELLA CASA – Un balletto di colori (politici) nel cui epilogo Steve Della Casa confermato al timone del Torino Film Festival. Scrive Fabrizio Accattino su “La Stampa – Torino” (p.57): “È un mistero il motivo per cui il rinnovo di Steve Della Casa alla direzione del Torino Film Festival, ratificato da giorni dal Museo del Cinema, attenda ancora di essere comunicato. Sarebbe invece strategico farlo al più presto, tanto più alla luce dell’incontro prenatalizio tra l’assessore regionale Vittoria Poggio e la sottosegretaria Lucia Borgonzoni, in cui si è ragionato su come far saltare la nomina politicamente sgradita. Fa sorridere che Della Casa sia ancora considerato “uomo della Sinistra”, quando da tempo dialoga costruttivamente con istituzioni di qualsiasi colore. Lo dimostrano gli anni da presidente della Film Commission Piemonte sotto la giunta Cota (Lega Nord) e la grande stima ricevuta alla guida del RomaFictionFest dalla presidente del Lazio Polverini (Popolo della Libertà). Al Museo del Cinema il suo più grande sponsor è il presidente Enzo Ghigo, ex-governatore del Piemonte (Forza Italia). Che voleva rinnovarlo e infatti l’ha rinnovato”.
VITA DA CARLO – Pino Nicotri su “Italia Oggi” (p.11) titola: Nella seconda serie di Vita da Carlo, Verdone non vuol più fare il sindaco di Roma ma un film d’autore, solo da regista – L’attore Stefano Ambrogi spiega la nuova serie in 10 episodi. Il 23 dicembre Carlo Verdone ha finito le 12 settimane di set della seconda serie di Vita da Carlo. Altri 10 episodi da 30 minuti. Il giornalista, come annunciato in testa, ne parla con Stefano Ambrogi, nel racconto il produttore Ovidio Cantalupo che bada al botteghino anziché al romanticismo di Verdone. “Ambrogi, in cosa consiste la differenza tra la prima e la nuova serie di Vita da Carlo?”: “Nella prima, Carlo Verdone era spinto da alcuni politici a candidarsi a sindaco di Roma. In questa invece il tema non è la politica, ma il vecchio desidero del popolare attore e regista romano di fare un film d’autore, solo da regista. Per giunta centrandolo su un tema difficile: la sua relazione con Maria F., prostituta di via Panisperna conosciuta nel 1974, quando Verdone era ancora ragazzo e con Maria ha avuto i suoi primi turbamenti, vissuto le timidezze dell’età, le attese davanti al telefono e le varie emozioni della situazione”. “Perché lei, cioè il produttore Cantalupo, si mette di traverso?”: “Verdone vuole realizzare un film profondo e delicato, che però scatena le ire del produttore perché con la tenerezza non si ride. E se non si ride, il pubblico scarseggia: si vendono pochi biglietti”. Dalla finzione alla realtà, Nicotri riflette: “Lo stato di salute del cinema non pare sia ottimo”: “È il clima intorno al cinema e in particolare intorno a quello in sala che non c’è. Sono tutti abbacchiati. Ci vorrebbe invece un clima per far capire che il cinema è una cosa bella e che quelli che non vanno al cinema non sanno cosa si perdono. Questo abbacchiamento prende un po’ tutti: esercenti, distributori, spettatori, giornalisti. Difficile ricreare la magia di una volta. Quando si andava al cinema anche per limonare al buio con la propria ragazza. E poi mancano i soldi e i grandi progetti. E c’è la concorrenza delle piattaforme che trasmettono i film in streaming senza dare il tempo di goderseli al cinema”.
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