Una domanda rimbalza da una parte all’altra dell’oceano: qual è l’immagine del cinema italiano all’estero? Ed è subito polemica.
Tornatore da Hollywood fa sapere che la presenza delle tre nomination italiane ai Golden Globe (Malèna, I cento passi in corsa per il miglior film straniero, e Morricone per la colonna sonora) non è il risultato di una ripresa del cinema italiano, ma la semplice conferma di una congiuntura fortunata, semmai un nuovo slancio. E a questo non è estraneo un signore straniero, Harvey Weinstein di Miramax, che da anni investe nel cinema italiano.
A Roma, quasi nelle stesse ore, durante la presentazione della ricerca Vecchio cinema paradiso condotta da Carlo Tagliabue e pubblicata dal Castoro, le dichiarazioni dei presenti portano, allo stesso risultato. E il nome del signor Miramax torna nuovamente d’attualità.
Tagliabue ha cercato di costruire una sorta di identikit dello spettatore straniero fruitore del cinema italiano. Ed è andato ad indagare su tutti quegli elementi che contribuiscono a rilanciare il cinema italiano all’estero compresa la giovane presenza di Italia Cinema.
Il libro mette in luce dati interessanti e mai detti con sufficiente chiarezza. La Francia non vuole più i film italiani, l’unico che mantiene un mercato d’oltralpe è Nanni Moretti. Alessandro D’Alatri ricorda: “Abbiamo dato tante di quelle fregature ai francesi che ora non si fidano molto”. E ancora, uno sguardo sull’est europeo: nel 1998, mentre nel mondo La vita è bella era campione d’incassi, nella ex Jugoslavia Il macellaio, con Alba Parietti, sbancava il botteghino. Un’altra informazione che fa riflettere.
In Nord America il cinema italiano è presente nelle sale con una percentuale del 3%, ma si tratta di una “sfida persa in partenza”, dicono. Otto americani su 100 possiedono un passaporto, che tipo di cinema possono volere dagli italiani se non quello stereotipato della commedia all’italiana e dei sorrisi?
Ancora una volta i dati parlano chiaro: i registi nominati dal pubblico straniero sono sempre gli stessi: Felllini (54%), Benigni (30%), De Sica (23%), Bertolucci (22%), Visconti (20%) e Rossellini (16%). Gli attori e le attrici? Sophia Loren (59,20%), Anna Magnani (18%), Claudia Cardinale (16%), Ornella Muti (13%) e Giulietta Masina (13%); Marcello Mastroianni (62%), Roberto Benigni (50%), Vittorio Gassman (14%), Massimo Troisi (14%) e Alberto Sordi (11%). Quanto alla presenza di Benigni spunta di nuovo il merito del Signor Miramax. Gli americani vogliono film nostalgici, legati al passato. E Malèna di Tornatore ne è un esempio.
E tutta la nuova generazione di registi italiani? Alessandro D’Alatri osserva: “Un giorno si scoprirà che la generazione degli anni ’90 ha fatto un lavoro eroico, ricostruendo un percorso e una fisionomia al nostro cinema dopo la desertificazione del decennio precedente. E se oggi facciamo i conti con qualche successo, sempre più spesso si tratta di film che raccontano il nostro paese con un preciso impegno civile. Ma se continuiamo a farci male da soli, a lasciare che osservatori e critici siano i primi ad affossare il nostro cinema, a lasciarlo isolato in un deserto culturale, poi non andiamo a lamentarci dagli stranieri. Chi oserebbe scrivere male delle nuove auto Fiat o dei nostri formaggi? Solo con il cinema è permesso e fa pure tendenza”.
Enzo Sallustro di Raisat Cinema porta un dato positivo: Pane e tulipani in Germania ha incassato in 3 settimane oltre 2 miliardi. Ma anche qui salta fuori una spiegazione: lo svizzero-tedesco Bruno Ganz ne è l’inteprete principale, e c’è l’ingrediente tanto caro agli stranieri, la nostalgia e la rivisitazione del passato. Possibile che l’Italia sia ancora prigioniera dello stereotipo?
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