Goffredo Lombardo


Christus, storia cinematografica di Gesù di Nazareth firmata Giulio Antamoro e girata nel 1916. La presenta alla Mostra il produttore Goffredo Lombardo. Varie parti del film sono state recuperate in diversi paesi (Francia, Germania, Stati Uniti, Sudamerica). “Questo prova – sostiene Lombardo – che a quel tempo la cinematografia italiana di valore circolava in tutto il mondo”.
Dopo Dino De Laurentiis, è sbarcato in Laguna un altro produttore storico (citiamo tre titoli per tutti, Rocco e i suoi fratelli, Cronaca familiare, Il Gattopardo), sempre di area partenopea – nato a Napoli, nel 1920 – da padre produttore e mamma attrice, Leda Gys (anagramma di Giselda, nota e apprezzatissima diva del muto), che, dopo aver partecipato a una quarantina di film, smise l’attività dopo un paio d’anni dalla sua nascita. “Christus, a parte le immagini in bianco e nero e le didascalie, sembra un film moderno. È girato in Egitto, con le masse. Una ricostruzione che nemmeno Quo vadis o Ben Hur. Ci si chiede, ma il cinema è veramente andato avanti? Purtroppo il film non avrà una destinazione, non esiste un mercato per film di questo tipo. Il pubblico considera questo tipo di produzioni opere da cinefili”.
L’immagine prospettata da Lombardo sul cinema italiano è assolutamente sconfortante. Non ci sono più divi, anzi non esistono proprio gli attori. “Il divismo – dice – dovrebbero crearlo i registi, ma dove sono i registi?”.
L‘ultimo film da lei prodotto è “Buon Natale… Buon anno” di Luigi Comencini, con Michel Serrault e Virna Lisi, nel 1989. Perché si è tirato indietro?
Ma perché devo fare film che vengono visti da poche persone, non hanno successo, non incassano? O film intimisti di qualche regista che racconta se stesso e storie che interessano soltanto lui? Allora è meglio produrre buona televisione. Sono finiti i tempi di Rocco e i suoi fratelli. D’altra parte, dov’è Visconti?
Ma non c’è proprio nessuno su cui potrebbe scommettere?
Potrei fare un altro film con Tornatore, dopo Il camorrista. Fui io a proporre Franco Cristaldi per Nuovo Cinema Paradiso, perché la Titanus in quel momento non era in grado di sostenere le spese di produzione di un film così lungo. Oppure con Bertolucci o Zeffirelli. Fine.
Nessun talento neppure tra i registi della nuova generazione? È vero, come dice De Laurentiis, che strizzano troppo l’occhio ai critici?
Questi giovani devono smettere di raccontare soltanto le loro storie. Soffriamo troppo di provincialismo. E poi, sì, sono troppo attenti alle critiche più che al pubblico. Colpa della cosiddetta provvidenza governativa. Ormai si fanno i calcoli in base alle concessioni dello stato. Non esistono più i produttori perché non c’è più il rischio d’industria. Nessuno scommette più su qualcosa in cui crede veramente: stanno attenti a prendere i soldi e basta.
Prossimi progetti televisivi?
Abbiano fatto diverse cose che andranno in tv. Per amore per vendetta con Massimo Dapporto, Prigionieri del cuore con Elisabetta Gardini e Non lasciamoci più 2 con Fabrizio Frizzi.
Secondo lei, i festival hanno ancora un senso?
Diciamo che servono se c’è anche il mercato, dove vedere dei prodotti ed eventualmente acquistarli. Vincere Palme e Leoni non fa vendere un film. Oggi siamo nell’epoca della televisione. La cosa più grave della tv è che ripropone vecchi film, che noi concediamo pure volentieri, ma che erano talmente belli da far passare la voglia di andare al cinema a vedere i nuovi. Non c’è paragone.
C’è crisi, indubbiamente. Ma per risolverla?
Bisogna riconquistare il mercato. E non è facile. Non basta un film. Il cinema italiano era forte perché si producevano tanti buoni film. Oggi i buoni film sono isolati.
L’ultimo film italiano che le è piaciuto?
Pane e tulipani. Ben fatto e non pretenzioso. Non realizzato per piacere ai critici. E anche, molto, Canone inverso, dal respiro europeo.
De Laurentiis ha detto che i film italiani non sono esportabili perché non parlati in lingua straniera e costretti oltralpe ai sottotitoli. È d’accordo?
Un film italiano è italiano e non può essere parlato in lingua straniera. Anche doppiarlo in inglese dagli stessi attori non funziona. Il problema è un altro. Riguarda i contenuti, le idee, la scommessa produttiva.

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07 Settembre 2000

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