Gli sceneggiatori alla Festa: “Il mercato è cambiato, assumiamoci le nostre responsabilità”

Sei tra i principali sceneggiatori italiani hanno discusso sul futuro del cinema


Continua il dialogo sulle prospettive e lo stato dell’arte del cinema italiano nel ciclo che si tiene al MAXXI, Incontri sul futuro del cinema italiano. A confrontarsi oggi sei sceneggiatori e sceneggiatrici: Stefano Bises, Maurizio Braucci, Francesco Bruni, Michele Pellegrini, Ludovica Rampoldi e Valia Santella, con Laura Delli Colli a moderare l’incontro.

Ci sono ormai dei temi che, incontro dopo incontro, stanno emergendo con costanza. La sovrabbondanza di prodotti è senz’altro uno di questi. Alla tematica si lega strettissimamente l’eterno quesito che indaga il rapporto tra qualità e quantità: sono conciliabili? La quantità è un moltiplicatore di qualità (più cose si producono, più ci sono possibilità che se ne producano di buone) o ne è un ostacolo (produrre tantissimo significa ostacolare produzioni oculate e ben fatte?). Dal punto di vista degli sceneggiatori, questo tema significa soprattutto una cosa: fretta. Essendoci un numero finito di sceneggiatori, se la richiesta aumenta vertiginosamente, ed è ciò che gli streamer hanno portato, allora i medesimi sceneggiatori dovranno lavorare contemporaneamente a diverse cose. E questo, a sentire proprio gli sceneggiatori, non è un bene.

“Se ripenso agli inizi della mia carriera professionale – ha dichiarato Francesco Bruni – soprattutto al lavoro che facevamo con Paolo Virzì, mi rendo conto di quanto le cose siano cambiate. All’epoca mettevamo sul tavolo tantissime idee, ci prendevamo molto tempo per discuterle, analizzarle, capire quale fosse quella giusta. Anche cambiarle, finché davvero non ci convincevano. Poi, quando il film usciva, ci prendevamo il nostro tempo anche per capire quale fosse stata la reazione del pubblico, in che modo il lavoro fosse stato percepito. Era del tutto normale, quindi, che tra un film e l’altro passassero due, tre, anche quattro anni. Adesso se una cosa piace ti viene chiesto pressoché immediatamente di rimetterti al lavoro”.

“Il problema principale – ha dichiarato Ludovica Rampoldi – è che manca un reale investimento sui punti di vista molto specifici: si pensa che per parlare a un pubblico ampio si debba diluire. Non si considera, però, che adesso il pubblico, il grande pubblico, è abituato a narrazioni anche molto complesse con la serialità. Non a caso i film dei grandi autori, che in Italia non mancano, tutte quelle figure che hanno uno sguardo delineato e identitario, continuano ad andare bene. Invece la direzione per quanto riguarda il cinema medio è quella di puntare su brand il cui valore è già stato in qualche modo sancito, e quindi magari si prende un film che in Francia è stato fatto con quindici milioni e lo si rifà con tre sperando che vada bene. Basta guardare le uscite: c’è un aumento dei remake, dei film tratti dai libri, delle serie tratte da podcast”.

“Negli ultimi anni – ha osservato Stefano Bises – qualcosa è sicuramente cambiato: i tanti soldi che sono caduti sul mercato hanno innescato un cambiamento. Non direi però che questo cambiamento sia stato uno scatto positivo in termini qualitativi, né nel cinema né nelle serie. Non so dare una lettura univoca a questo processo, ma forse i perché vanno ricercati nella voracità con la quale si varano dei progetti. Siamo tutti travolti di lavoro, ci troviamo spesso a fare tante cose insieme, e certamente, in quanto sceneggiatori, e quindi figure importanti di questo processo, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità se le cose non stanno andando al meglio”. 

 

Gli incontri del ciclo al MAXXI possono essere rivisti sul canale YouTube dell’Anica

 

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17 Ottobre 2022

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