Giuseppe Rocca


Sarà il film Lontano in fondo agli occhi di Giuseppe Rocca a rappresentare l’Italia alla prossima Settimana della critica, a Venezia. Una storia ambientata nell’Italia del ’54, in una soffitta nei pressi di Napoli, dove vive un bambino alle prese con il superamento del complesso di Edipo, che proietta dai genitori a una giovane coppia che gira per la casa.
Rocca, dicevamo, ma chi è costui? Nato nel 1947 a Frattamaggiore, in provincia di Napoli, è noto al mondo del ciema per aver insegnato storia del teatro e dello spettacolo, per aver lavorato a lungo come autore e regista radiofonico e soprattutto per le numerose sceneggiature. Suoi gli script di Il resto di niente di Antonietta De Lillo, e Il sorteggio e Il giudice Soardi per la regia di Alessandro di Robilant, entrambi composti con Giovanni Fasanella, tutti in corso di realizzazione.
Un esordio a 53 anni. Perché ha deciso adesso di passare dietro la macchina da presa?
In effetti ho anche una bambina di due anni, dunque un metabolismo molto lento. Le cose vengono quando è il loro momento. La sceneggiatura di questo film ha vinto il premio Solinas nel ’91, con il titolo Il bambino che impazzì d’amore. Avevo deciso di dirigere personalmente il film, ma ho avuto un’esperienza negativa con un produttore. Poi, Beppe Gaudino mi ha presentatao Vincenzo Di Marino e ho pouto lavorare con grande calma e serenità. La lavorazione, di sei settimane, è avvenuta a Sant’Agata dei Goti, vicino Benevento. Il paese ha collaborato molto. Che tipo di film è il suo?
Questo film ha una struttura complessa e una superfice semplice. Il protagonista è un bambino che ama la madre e teme il ritorno del padre, che gli farebbe perdere il posto nel letto grande. Quando la mamma lo manda dalla nonna, trasporta il suo amore nella figura della donna di servizio quindicenne e diventa geloso del suo amante.
Qual è il senso del tutto?
Si tratta di una storia metaforica per dire che il cinema è proiezione di qualcosa. La scena più importante è quella in cui il bambino entra in una sala e dice: “Il cinema è tutta una boffinata (buffonata, ndr), ma a me piace, pure se so che è una finzione”. Per me il cinema è un inganno, ma allo spettatore piace perché ci vuole credere.

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28 Agosto 2000

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