GIULIO SCARPATI


Colpirà dritto al Cuore i telespettatori. E’ perfetto nei panni ottocenteschi del maestro Giulio Perboni, già interpretato da Vittorio De Sica nella pellicola di Duilio Coletti e poi da Johnny Dorelli nella trasposizione tv di Luigi Comencini. Ama infatti tantissimo i bambini, il buon Giulio Scarpati, classe 1956, che deve la sua enorme popolarità (dopo svariati film d’autore e premi) all’amatissima fiction tv Un medico in famiglia. Alla fine, nonostante i tentennamenti, ha dato l’ok per la terza serie: ci sarà nelle prime puntate, poi sparirà.
Ma ora Scarpati, dopo tanti buoni anche in Resurrezione dei Taviani, sogna un ruolo “dark”, da cattivo. “Magari da serial killer. Quando un giorno un regista me l’ha proposto l’ho abbracciato dalla felicità”, annuncia Giulio che da domenica 11 novembre su Canale 5 farà versare fiumi di lacrime ai più sensibili nella serie tv in 6 puntate diretta da Maurizio Zaccaro e prodotta con 20 miliardi da Angelo Rizzoli.

Come ti sei trovato nei panni di Perboni, l’educatore prediletto degli alunni della scuola elementare Moncenisio della Torino di fine 800?
Lavorare coi bambini mi piace moltissimo. Sono stati tutti bravissimi, si sono calati nella parte e nell’epoca, hanno avuto il modo giusto di vedere le cose, anche se sul set temevo che prima o poi qualcuno tirasse fuori un Pokemon! E poi Cuore è per ognuno di noi una parte di sé. L’abbiamo letto da bambini, contestato da adolescenti, recuperato da adulti. I maestri, ieri come oggi, svolgono un ruolo fondamentale di educatori. Nell’800 poi erano una figura paterna di riferimento importante, dovevano combattere l’analfabetismo e evitare che i bambini andassero a lavorare, visto che solo attraverso l’istruzione potevano riscattare i loro destini. La povertà non è solo economica ma anche culturale. De Amicis lancia un messaggio, fa riflettere sul senso della vita, sulle ragioni degli altri, sulla diversità dei bambini. Ragione e cuore non devono essere divisi, ma integrarsi.

Giulio Scarpati Perché la fiction è attuale?
L’elemento che la rende più attuale è proprio la difficoltà dell’integrazione tra i bambini della classe: nell’800 un gesto di solidarietà di un ricco verso un povero era rivoluzionario. E in questi tempi di guerra è importante riflettere sui sentimenti e sul senso della vita, capire le ragioni degli altri.

Come mai aspiri a interpretare un ruolo diverso, magari da serial killer?
Ho raccontato la normalità, il bianco, il solare. Ma pensate quanto nero nasconde la normalità! Non so se vorrei interpretare proprio un serial killer ma mi piacerebbe indagare anche nella mia parte più grigia, come faccio attualmente in teatro nella pièce La notte poco prima della foresta di Bernard Marie Koltès diretta da Nora Venturini, dove sono un personaggio poco positivo. Dopo tanti innamorati… quando hai scavato un terreno lo lasci lì per poi tornarci magari in un secondo tempo. E dopo qualche cattivo, il buono mi riuscirebbe sicuramente meglio!

Quando tornerai al cinema?
Il lavoro si costruisce un po’ alla volta, facendo scelte mirate. L’incontro col pubblico in teatro, ogni sera, ad esempio, mi dà grande carica. Sto leggendo alcune sceneggiature di film. Ma spesso il mio desiderio di fare cinema si scontra con la mia pignoleria. Quando già sai come si fa un personaggio, vuol dire che quella parte non la devi accettare. Lo stesso vale per le mie eventuali scelte tv. Bado innanzitutto al soggetto che mi deve piacere per la sua validità.

Anche nella vita sei così saggio?
Mi sforzo. Sul palco possiamo anche non esserlo.

autore
07 Novembre 2001

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