GIULIO LAURENTI


“Un film in digitale girato come finto backstage di un documentario vero che avrà come protagonista Baba Sissoko, il grande musicista del Mali”.
Così Giulio Laurenti, 38enne romano scrittore, cortista, autore di videoclip e creatore della web tv letteraria nonleggere.it, annuncia il suo progetto Mamadù.
E a chi non afferra all’istante, spiega: “Il 20 dicembre andrò in Africa con una troupe ridottissima, appena 7 persone, girerò un documentario su Baba che, dopo due anni di assenza, torna nel suo paese con un grande concerto. Con noi ci sarà un’attrice che sarà presentata al clan Sissoko come la seconda moglie di Baba. L’obiettivo è filmare la loro reazione e il senso di straniamento di un’immigrata italiana alle prese con la poligamia e la nuova realtà africana. Così, oltre al documentario, porteremo a casa il lungometraggio di 80 minuti dal titolo Mamadù che mostrerà anche il lavoro della troupe, una combinazione tra realtà e finzione. Il disco della colonna sonora, firmato da Sissoko, sarà distribuito da “il manifesto”.
Costo della complessa operazione 50mila euro raccolti tra vari finanziatori: “La totale indipendenza produttiva ci dà una grande libertà – dice Laurenti – certo, i soldi sono pochi ma faremo di necessità virtù. In fondo anche Dogma è nato così”.
A coordinare la produzione sarà Ruggero Di Paola, fondatore con Federico Micali e Sirio Zaccheroni, della giovane casa di produzione L’occhio e la luna.

Come ha reagito Baba Sissoko alla proposta del film?
Molto bene. Anzi, direi che l’idea è stata di entrambi. Ci conosciamo dal Capodanno 2001, ho girato dei videoclip per lui e mi ha chiesto di seguirlo in Africa per realizzare un documentario sul suo clan, un gruppo di 200 persone che vivono tra l’Africa, gli Usa, il Canada, la Francia, la Gran Bretagna e l’Italia. Poi ho raccontato a Baba la storia di una mia amica fidanzata con un senegalese. Ha scoperto che lui aveva un’altra moglie, ha accettato la situazione ed è andata in Senegal da sola a conoscere la famiglia di lui. Affascinato dalla storia, Baba ha accettato la proposta di farne un film e ha suggerito di ambientarlo nella sua famiglia.

Che rapporto ci sarà tra il documentario e il film?
Il documentario mostrerà Baba che costruisce i suoi strumenti musicali nella jungla e la cultura dei Sissoko, un clan di griots, figure chiave nelle comunità africane, un mix tra sciamani, artisti e psicoanalisti. Al centro ci sarà il confronto tra due generazioni: quella di Baba, musicista jazz, e suo padre che invece suona il blues tradizionale africano. Alcune immagini saranno usate per il film che invece metterà in scena la reazione del clan all’arrivo della moglie italiana e, insieme, il lavoro della troupe che gira.

Parlaci dell’aspetto stilistico del lungometraggio.
L’obiettivo è dar vita ad un’estetica dell’immagine rubata spiando le reazioni del clan Sissoko all’arrivo della “moglie” di Baba. Non c’è una sceneggiatura ma un canovaccio di 10 situazioni da riprendere. Lasceremo tantissimo spazio all’imprevisto. E’ un esperimento libero dalle sovrastrutture della produzione. Quasi un grado zero della regia. Ha molto a che fare con il teatro di Peter Brook e Eugenio Barba in cui la performance scaturisce dall’incontro di due gruppi estranei. Il progetto è pensato per il digitale che con la sua leggerezza ci permetterà di girare senza infastidire il clan.

I tempi di ripresa e montaggio?
Gireremo per 3 o 4 settimane. Il montaggio e la post-produzione dovranno essere realizzati il più veloce possibile per bruciare sul tempo Martin Scorsese. Nell’ambito di un progetto che coinvolge altri 6 registi di fama mondiale, Scorsese ha girato tra i Sissoko un documentario dal titolo From Mali to Mississipi. Sarà la lotta della pulce contro l’elefante: la nostra velocità contro i suoi milioni di dollari.

autore
04 Novembre 2002

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