Pensate che il nome di Martin Scorsese sia una garanzia per i produttori? “Incredibile a dirsi ma non è proprio così. Siamo pronti a realizzare la seconda parte de Il mio viaggio in Italia ma abbiamo difficoltà a reperire i finanziamenti” afferma Giuliana Del Punta, con Bruno Restuccia produttrice dell’antologia sul cinema italiano firmata dal mostro sacro italoamericano.
Realizzato con Mediatrade e Giorgio Armani, presentato a Cannes 2001 e richiestissimo nel circuito dei festival internazionali, Il mio viaggio in Italia si ferma all’inizio degli anni Sessanta. Da lì Scorsese vorrebbe ripartire per raccontare il cinema di Bernardo Bertolucci, Mario Bava, i fratelli Taviani ed Ettore Scola. “Non arriverà ai suoi contemporanei ma si fermerà un passo prima. La sceneggiatura c’è già, aspettiamo la disponibilità di Martin e del suo team e continuiamo la ricerca dei soldi. Realisticamente la lavorazione non comincerà prima di metà 2005” spiega Del Punta. Intanto con Restuccia, compagno di vita e lavoro nelle società Esperia e Paso Doble, scommette su tre esordienti italiani e sul documentario.
Con il marchio Esperia avete prodotto “Il silenzio delle allodole”, l’opera prima di David Ballerini su Bobby Sands, il militante repubblicano irlandese morto in carcere a 27 anni dopo 66 giorni di sciopero della fame.
Il film è un pugno nello stomaco come Garage Olimpo di Marco Bechis. Bobby Sands è una figura eroica che tutt’oggi gode di grandissima popolarità. Il silenzio delle allodole non è però una biografia, racconta una storia che non è solo irlandese ma universale. Mette a fuoco la durezza del carcere, tema tornato alla ribalta dopo le torture di Abu Ghraib, e l’accanimento ingiustificato su un uomo che si è sempre proclamato innocente ma ha rivendicato l’orgoglio per le proprie idee. Al centro c’è il rapporto tra molti carnefici e una vittima costretta in una cella d’isolamento. Ivan Franek è Bobby Sands, Marco Baliani il capo dei secondini e Flavio Bucci il direttore del carcere. Abbiamo girato tutto in interni a Torino tra fabbriche dismesse e un ex manicomio femminile. Nei titoli di testa e di coda compaiono immagini di repertorio che inquadrano il contesto storico.
Avete pensato ad una coproduzione?
Ho cercato un partner inglese ma la storia di Bobby Sands pesa ancora molto e l’accordo non è andato in porto.
Dalla violenza del carcere siete passati alla commedia…
Con un Fondo di garanzia da 1 milione e 800 mila euro abbiamo prodotto Sara May, l’esordio della scenografa siciliana Marianna Sciveres. Insieme a Mariolina Venezia e Mariangela Barbanente, ha scritto una storia che prende il via dalla Sicilia anni Cinquanta: un ex contadino trasmette la fascinazione per il cinema alle figlie e alla nipote, l’unica che riuscirà a sfondare. La interpreta Serena Autieri ed è il personaggio che collega due epoche lontane e fa risaltare le differenze tra il passato della provincia meridionale e la Roma contemporanea. Mariana ha girato per 7 settimane all’inizio del 2004 a Vittoria, il paese dove ancora vivono i suoi genitori, lì ha trovato i volti giusti per i ruoli minori. Il tocco che rende il film speciale sono le musiche di Piero Piccioni: poco prima di morire il maestro ha scelto melodie che omaggiano il cinema italiano degli anni Cinquanta.
In cantiere c’è anche l’esordio di Simone Paragnani. Di che si tratta?
E’ una commedia brillante in cui un padre e un figlio che non si vedono da 30 anni si ritrovano. Ognuno si sforza di rispondere alle presunte aspettative dell’altro. Giorgio Albertazzi sarà il padre, nel cast ci sono anche Valentina Cervi e Fabrizia Sacchi. Le riprese dovrebbero cominciare nei primi mesi del 2005.
Di recente avete prodotto il documentario “Raiz” di Costanza Quatriglio per la serie tv “Il mestiere di vivere”. Proseguite il rapporto con Rai Tre?
Si. A febbraio andrà in onda Approdo Italia, documentario del 25enne Christian Bonatesta. Denuncia il caos e l’ingiustizia che circonda gli sbarchi di immigrati in Sicilia.
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