Giovanni Fasanella e Gianfranco Pannone: “L’appartamento dove nacquero le Br”


G.PannoneEntrambi tignosi, entrambi di sinistra, entrambi alla ricerca della verità senza servire partiti o lobby. Gianfranco Pannone e Giovanni Fasanella, il documentarista e il cronista, insieme hanno pensato e realizzato Il sol dell’avvenire, il film sulle radici delle Br che Locarno ha scelto per la sezione Ici & Ailleurs, e che il 9 agosto farà da spunto a un dibattito – che c’è da scommetterci sarà animato – a cui prenderà parte anche Maria Fida Moro insieme all’ex terrorista Tonino Loris Paroli. Un dibattito che vuole andare oltre le rimozioni e i tabù che ancora impediscono una riflessione collettiva sugli anni di piombo, ma più in generale sull’Italia degli anni ’70. Per questo Il sol dell’avvenire, tratto dal libro che Giovanni Fasanella ha scritto con Alberto Franceschini “Che cosa sono le Br”, ha un’ambizione dichiarata e alta, quella di essere il “primo film italiano ad affrontare il tema scabroso delle radici politico-ideologiche del terrorismo di sinistra”. Finanziato dal ministero e prodotto da Alessandro Bonifazi e Bruno Tribbioli per Blue Film è in trattative per una distribuzione nelle sale e ha già scatenato molta curiosità sui giornali. Cosa si diranno i tre ex brigatisti (Franceschini, Tonino Loris Paroli e Roberto Ognibene) e i due amici che hanno schivato la clandestinità e oggi lavorano rispettivamente nel Pd e nel sindacato (Paolo Rozzi e Annibale Viappiani) ritrovandosi quasi quarant’anni dopo nella trattoria sulle colline emiliane dove nel ’70 germinò il primo nucleo della lotta armata? La Reggio Emilia del ’69, quella dove si formò, in rotta col Pci di Berlinguer, il gruppo dell’Appartamento, a confronto con la Reggio Emilia di oggi, con i dirigenti politici di sinistra che al telefono dichiarano di non ricordare, mentre ricorda benissimo l’ex democristiano Corrado Corghi. Con il ciclista Adelmo Cervi, figlio di uno dei sette fratelli trucidati dai fascisti che ci porta nella Piazza Lenin di Cavriago, paese natale di Orietta Berti. Con i morti di Reggio Emilia sotto il governo Tambroni che ancora non riposano in pace. Con le Coop che diventano un impero, i nomi delle strade dove resistono espressioni geografiche scadute, l’Urss e Stalingrado, con il sound padano degli Offlaga Disco Pax, che declamano l’onomastica alternativa di queste terre, tra orgoglio e ironia. CinecittàNews ha visto il film e ha intervistato in esclusiva i due autori, che avevano già lavorato insieme nel 2004 per Pietre, miracoli e petrolio.

“Il sol dell’avvenire” è un film che qualcuno avrebbe preferito non fare o non vedere: c’è chi vi ha detto no, tra gli ex brigatisti, come Prospero Gallinari, e chi tra i protagonisti della scena politica e sindacale di Reggio Emilia preferisce non parlare, come testimoniano le telefonate che avete inserito nel racconto.
Fasanella.
C’è stata un’anacronistica chiusura ai limiti del boicottaggio. È un problema generale che riguarda il rapporto con il passato e con gli scheletri nell’armadio di questo paese. Nel ’95 scrissi una sceneggiatura su una vicenda di terrorismo a Torino ed ebbi anche una menzione speciale al Premio Solinas, ma quella storia non è mai diventata un film. Verso gli anni ’70 c’è una chiusura del cinema, della politica e della cultura. Eppure la rimozione ha ritardato la sconfitta delle Br e ha impedito che venisse bonificato il terreno da cui il terrorismo è nato.

La tesi “scomoda” è quella del legame tra il terrorismo e il mito della Resistenza tradita.
Pannone. Il film si concentra su Reggio Emilia e sui sessantottini che decidono di passare alla lotta armata incontrandosi con gli altri nuclei, che venivano da Trento e Milano. Gli emiliani portano nel loro Dna questa idea della Resistenza tradita, e c’è un filo che lega i primi brigatisti a una antica tradizione ribellista cattolica, anarco-socialista e comunista. Le Br non sono venute da Marte, come molti giovani e giovanissimi pensano. Col fascismo, che ho tentato di raccontare in Latina/Littoria, accade lo stesso: se lo vedi come una scheggia impazzita, non lo comprendi.

La presenza di Adelmo Cervi, in questo senso, rimescola le carte e crea un interessante corto circuito.
Fasanella. Adelmo è il rampollo di una famiglia che è icona di Reggio Emilia e della Resistenza. Scoprire che un Cervi è stato contiguo all’esperienza dell’Appartamento è politicamente scorretto e rimanda alla complessità della Resistenza che è stata guerra di liberazione ma anche guerra civile, guerra fratricida e guerra di classe.

Avete scelto di mostrare il volto violento e sanguinario del terrorismo solo nelle ultime immagini, con la lunga scia di cadaveri, da Tobagi a Moro a D’Antona, mentre il film ritrae i protagonisti di quella stagione come sessantenni tranquilli e persino simpatici, con le loro nostalgie e i loro rimpianti.
Pannone. Abbiamo voluto rappresentare la banalità del male: gli ex brigatisti sorridono, mangiano il salame e coltivano l’orto. L’umanità di queste persone è spiazzante, ma il documentario è per definizione apertura mentale e il nostro laicismo ci porta a rifiutare i pregiudizi.
Fasanella. Un gruppo di giovani normali nel clima di follia di fine anni ’60 ha fatto quella scelta. Sono stato cronista di nera a Torino negli anni di piombo, ho scritto due libri che hanno dato la parola alle vittime (“Guido Rossa, mio padre” e “I silenzi degli innocenti”), ma non condivido l’idea che gli ex brigatisti non debbano avere diritto di parola. Chi ha saldato i conti con la giustizia ha diritto di tornare alla vita normale, anzi dobbiamo incitarli a spiegarci.

Paroli, a un certo punto, nega che i brigatisti fossero terroristi: “Abbiamo commesso dei delitti politici, ma il terrorismo è un’altra cosa, il terrorismo è Piazza Fontana”.
Pannone. Su questo ognuno di loro ha posizioni diverse, c’è chi ancora si ostina a non prendersi quella responsabilità.

Nei titoli di coda sono citati Giulio Questi e Vittorio De Seta.
Pannone. De Seta, il più laico dei documentaristi italiani, è stato il mio maestro, mentre Giulio Questi è un anarchico del cinema e un ex partigiano. C’è un suo film, Se sei vivo spara, che è un western efferato e ha preso spunto proprio dalla sua esperienza nella Resistenza.

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28 Luglio 2008

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