Ho deciso di girare Pontormo dopo una chiacchierata con lo sceneggiatore Massimo Felisatti. Ha solleticato la mia vecchia passione per la storia dell’arte e così mi trovo a metter in scena la storia di un pittore poco conosciuto ma dalla personalità affascinante”.
Parla Giovanni Fago, classe 1933, allievo di Luigi Comencini e Alessandro Blasetti al Centro Sperimentale di Cinematografia dal 1956 al 1958 poi aiuto regista di circa 30 pellicole tra cui La grande guerra di Mario Monicelli, La ciociara di Vittorio De Sica e La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo.
La sua opera prima, Per centomila dollari t’ammazzo risale al 1967, e da allora ha realizzato numerosi film per la tv e il grande schermo.
Pontormo, girato a Firenze, è un film sul pittore rinascimentale dalla vita stravagante: viveva in completa solitudine in una stanza raggiungibile solo attraverso una scala che ritirava attraverso una carrucola.
Chi è Pontormo?
Uno spirito libero, libero da vincoli della committenza ma dall’animo solitario e tormentato. Con lui si chiude il Rinascimento e si apre l’enigma della pittura moderna. La sua Deposizione” è il paradigma della perdita delle certezze rinascimentali. Ritrae volti disperati, occhi sgranati, l’inquietudine per il futuro. Il film è centrato sugli ultimi mesi della sua vita, quelli in cui lavora agli affreschi dell’abside del Coro di San Lorenzo, poi conclusi dal Bronzino e distrutti nel 1738. Li abbiamo ricostruiti sul set sulla base dei disegni rimasti: sarà un’occasione unica per ammirare quel capolavoro, o meglio, una sua copia.
Secondo alcuni storici l’affresco venne distrutto perché conteneva un messaggio eretico. Lei è daccordo?
Si. E un’opinione che condivido. L’affresco ritraeva un Giudizio Universale che doveva rivaleggiare con quello della Cappella Sistina di Michelangelo. L’opera era influenzata dalla adesione del pittore alla frangia eterodossa degli “spirituali” le cui idee vennero diffuse dal libello “Il beneficio di Cristo” di Juan de Valdés, circolato in 10.000 copie. Pontormo viveva una fase di crisi religiosa, quella del conflitto tra Riforma e Controriforma nel Concilio di Trento. Per un periodo gli spirituali, a cui appartenevano anche alti prelati della Chiesa, hanno anche gestito il Concilio e se il cardinal Reginald Pole fosse stato eletto Papa, avrebbero vinto il destino dellEuropa sarebbe cambiato.
La sceneggiatura contiene anche una parte di fiction: quella della relazione tra il pittore e Anna, fiamminga accusata di stregoneria, interpretata da Galatea Ranzi.
E una storia d’amore trasfigurata e ambigua. Lei è una profuga in fuga da esperienze terribili: dallo stupro al taglio della lingua. Lavora nell’arazzeria voluta da Cosimo de Medici ed è vista come un demonio luterano. Un’emarginata proprio come gli immigrati di oggi. Per Pontormo diventa la musa ispiratrice del volto di Eva. Una presenza che arricchisce e rasserena la sua vita.
Eppure, sembra che il pittore fosse gay…
Nel film non cè nessun accenno a questo particolare. Sarebbe stato troppo convenzionale concentrarsi sulla sua omosessualità.
Perché ha voluto Joe Mantegna e Galatea Ranzi come protagonisti?
Galatea Ranzi è una tra le migliori giovani attrici italiane. Volevo un attore che desse una dimensione internazionale alla pellicola e Mantegna era il più adatto.
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